Addio Pierluca
“Noi siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e la nostra breve vita è circondata da un sonno“.
Pierluca Rossi ha molto viaggiato. E l’ha raccontato come sapeva fare così magnificamente con la penna e con la telecamera. Poi, a quarant’anni, era arrivata la diagnosi di sclerosi multipla e lui, che viveva senza limiti, aveva dovuto accettare limiti ogni giorno maggiori, senza però arrendersi: “forse la malattia mi bloccherà, per ora la porto in giro…” scriveva. Lo scorso 23 gennaio il “mostro” se l’è portato via, ma forse Pierluca ha soltanto lasciato un corpo che era diventato una prigione troppo stretta per chi come lui era assetato di infinito. Noi di Polaris, che abbiamo fatto un piccolo pezzo di strada insieme a lui e a Enrica, la sua compagna forte e dolce, vogliamo ricordarlo con le parole con cui lui stesso ha raccontato questo suo difficile viaggio dentro una malattia che uccide giorno dopo giorno. Addio Pierluca, grande viaggiatore e grande uomo, capace di sognare anche nei momenti difficili che la vita non ti ha risparmiato. E di dare sostanza ai tuoi sogni.
Anna
Dai diari di Pierluca Rossi:
“La verità è che io trovo ancora bella e commovente questa vita e credo che lo farò fino a che durerà, anche a fronte delle sofferenze che mi porta, dei dolori inevitabili, delle malinconie feroci. […]
Io mi sento vecchio. Sarà perché mi sembra di star vivendo la mia terza vita, cosa che è troppo per chiunque, sarà per la malattia che mi sono ritrovato addosso appena varcata la soglia dei 40, quella sclerosi multipla che mi fa muovere come un novanovenne e mi ha strappato l’età dell’oro; sarà perché la vita, se la vivi davvero, è un lavoro altamente usurante. Sarà che ho sempre avuto una forte predisposizione al meraviglioso e le falene si bruciano le ali danzando intorno alla fiamma. Sono vecchio e anche un turbodiesel come me può ritrovarsi a sognare un cimitero di auto dove arrugginire serenamente dall’alto dei troppi chilometri fatti. […]
Epicuro dice che non si deve avere paura della morte. Quando ci siamo noi non c’è lei e viceversa, ma il grande greco non conosceva la sclerosi. Questa malattia è l’esperienza in vita della morte, ma non di una morte rapida e pietosa, quanto di una morte a rate, che puoi assaporare nei suoi lenti progressi ed avvertire giorno per giorno. […] La sclerosi non è un giorno, una settimana, un mese, un anno, ma è per sempre, come un diamante; una corsa senza traguardo, una caduta senza fine a cui non puoi lasciarti andare. […] Avevo messo in conto di morire in battaglia, ma non di essere preso prigioniero, quello no, e questi anni di cattività sono stati la prova più difficile che avrei potuto immaginarmi. […]
La vecchiaia è bella per questo. Ti toglie le forze e, con esse, il dovere di rincorrere i sogni, e quando puoi sostituire i sogni con i ricordi sai che ce l’hai fatta, che hai speso bene i tuoi talenti, che di passi che ti hanno fermato il cuore ne hai fatti tanti, che adesso ogni cosa che succederà sarà qualcosa in più. Vedo tutto intorno gente che vuole vivere per sempre. La guardo e non capisco. Intanto perché desiderare l’impossibile mi sembra vagamente stupido e poi perché non immaginano neanche che inferno potrebbe essere. Trovo molto, ma molto più saggio avvicinarcisi nel modo giusto, prepararsi come si deve per un passo che somiglia molto a quando tiri le riga di una addizione lunga una vita. Le cifre di questa operazione vanno pensate in gioventù, quando è ancora possibile determinare il totale e non doversi ritrovare atterriti quando non c’è più niente da fare. Allora la morte può essere la dolce sorella a cui abbandonarsi, descritta da San Francesco, e non un mostro con la falce con cui combattere inutilmente come Brancaleone alle crociate, ma come Brancaleone voglio scoprire il petto inginocchiandomi e dire: “e sia, che sono stanco”, perché stanco voglio esserlo al massimo grado, perché voglio aver spremuto la mia energia, così come i miei talenti, fino all’ultimo. Quello è il momento giusto per andare e magari ci scapperà anche il sorriso più bello che avrai saputo fare in tutta la tua esistenza.”