Alberi, giganti fragili
Una delle metafore che più amo per raccontare il mio amore per la mia terra e per la Terra, è quella dell’albero, un albero che affonda le radici nel suolo e i cui rami che si allungano verso il cielo. Testimoni muti del tempo vedono scorrere stagioni e vite. Ma oggi anche i grandi alberi secolari sopravvissuti alla cementificazione ci sembrano giganti fragili. E gli spazi a verde fra città e città della nostra Italia sono sempre più ristretti, divorati da strade, cemento o coltivi intensivi. Tocca a noi proteggerli. Oggi è la giornata dell’albero, e per una riflessione vi invito alla lettura di questo bell’articolo pubblicato qualche tempo fa su Il Corriere.
Se l’ inquinamento e i batteri cancellano il colore degli alberi
… Quando il giovane Cosimo Piovasco di Rondò decise di salire sui rami di un albero e di vivere tra di essi tutta la sua vita, le foreste correvano senza soluzione di continuità dal Mar Mediterraneo al Mar Baltico. E il personaggio creato dalla fantasia di Italo Calvino nel Barone rampante poteva pensare di andare dalla sua Liguria alla Polonia passando da fronda a fronda senza mai dover toccare terra. Allora, all’ inizio della rivoluzione industriale, era naturale che il verde fosse rigoglioso e le foglie risplendessero. Oggi, due secoli dopo, è cambiato tutto. Nei boschi d’ Italia, soltanto in questi ultimi anni – secondo i risultati del progetto «Futmon» per il monitoraggio delle foreste finanziato dall’ UE – gli alberi hanno perduto il 30 per cento del fogliame, e i colori delle foglie sono sbiaditi del 10 per cento. Il che va di pari passo con la notizia di qualche tempo fa che in vaste regioni d’ Europa la luce è diminuita di intensità nella stessa proporzione. Ci aspetta in futuro una realtà più grigia e più opaca, anche fuori di metafora? Nemici degli alberi sono i parassiti, e contro questi ci sono sicuramente i rimedi. Penso alla battaglia ingaggiata per salvare le palme dal punteruolo rosso. Ma i nemici più insidiosi si chiamano smog, ossido di carbonio, mutamenti climatici. Molti non li vogliono vedere. Li minimizzano. Ci scherzano sopra. E intanto gli alberi deperiscono. Ce ne sono ancora tanti, dodici miliardi soltanto in Italia. Ma perdono consistenza e colore. Si ammalano e diventano fragili. Perdono fascino, e, soprattutto, la capacità di parlare ancora al cuore degli esseri umani. Gli alberi più danneggiati sono le querce e i castagni. È sorprendente che subiscano di più l’ attacco dell’ inquinamento proprio loro, i più solenni, i più forti e i più longevi. Una quercia può vivere duemila anni. Un castagno millecinquecento. Già questo dovrebbe incuterci una forma di rispetto, forse di reverenza, se questo sentimento avesse ancora presa tra noi. Il castagno tutto dorato che vediamo risalendo una collina in autunno è lì da prima di Carlo Magno, la quercia il cui tronco noi possiamo ancora toccare è stata contemporanea di Cristo. Gli alberi hanno sempre avuto un valore simbolico straordinario per tutte le civiltà. Per i Greci Atena si identifica con l’ ulivo e Artemide con il cedro, gli Indù venerano l’ albero detto Ashvattha come manifestazione della sacralità dell’ universo. Nelle tradizioni ebree e cristiane l’ albero rappresenta innanzi tutto la vita dello spirito, per i Celti, adoratori dei boschi, la quercia è simbolo di scienza, forza e vita. Non si possono lasciar ammalare gli alberi, senza pensare che così lasciamo ammalare l’ essenza della nostra civiltà. Forse ci sono speranze. La Liguria è rimasta con il Trentino la regione a più alto tasso di boscosità nonostante gli scempi cinquantennali e quotidiani della speculazione edilizia, Toscana e Sardegna, regioni turistiche per eccellenza, hanno conservato in assoluto più superficie di boschi di tutte le restanti regioni d’ Italia. Bisogna amarli, gli alberi. Abbracciarli, sentire la sintonia tra il pulsare del proprio cuore e il silenzio secolare del tronco è una buona terapia per scaricare tensioni. Bisogna saperli vedere… (Conte Giuseppe -23 dicembre 2010 – Corriere della Sera.