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27/07/2012

A come “arrivederci”, A come “addio”… Se un tempo, quando eravamo paese di emigrazione, le partenze erano spesso anche per noi italiani addii irreparabili, un consegnare “a-dio” chi restava e chi se ne andava, oggi ci si saluta con un semplice “arrivederci”, viatico di un sicuro ritorno dal nostro viaggio.

Eppure, anche se in una manciata di anni cellulari e internet, social networks e trasporti hanno accorciato, addirittura annullano le distanze, ogni partenza rimane un piccolo strappo, un provvisorio congedo da luoghi e persone, abitudini e certezze. Se il viaggio è una metafora della vita, la partenza lo è della perdita. Etimologicamente d’altra parte significa “separazione”. “Dire addio e farsi addio / è ciò che tocca”, scriveva il poeta boliviano Jaime Saenz. Un verso breve, ma capace come tutta la buona poesia .di racchiudere la verità: il nostro comune cammino esistenziale altro non è che una distanza da percorrere segnata dagli addii, fino a diventare esso stesso addio, “a-dio”.

Le partenze per i nostri viaggi di piacere ci abituano agli addii e i viaggi stessi, nella provvisorietà degli incontri che ci regalano, spesso intensi, ma sempre effimeri, sono una continua serie di addii. Ci abituano a non affezionarci ai luoghi e alle persone, ci insegnano un sereno distacco che assomiglia più alla filosofia buddista che al bisogno di possedere proprio dell’Occidente. Lo stesso concetto che Erri de Luca in un suo spettacolo rendeva con parole schiette alla napoletana: “Oggi lo tieni, domani non lo tieni più”. E Wislawa Szymborska con parole di poeta: “Tutto è mio, niente mi appartiene / nessuna proprietà per la memoria, è mio finché guardo. (…) / Benvenuto e addio in un solo sguardo”.

Ancora una volta il viaggio come metafora della vita e come scuola di vita. Fondere essere e avere, imparare a dire addio.

Anna

Pubblicato su il reporter – Parole Nomadi

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2 Comments
  1. Rispondi

    giusi

    28/07/2012

    Belle parole. Le ho lette avidamente, cerco, leggo, cerco, penso e sono ancora ferma. La partenza come metafora della perdita, mi risuona nella testa questa frase ed infatti mi pesa, mi sento in colpa ad ogni piccola partenza e la grande partenza viene sempre rimandata, forse per altre paure che non oso guardare. Mi pesa anche stare ferma però. Continuo a pensarci? il cervello mi andrà in fumo 🙂 Buon fine settimana anche a te!

  2. Rispondi

    A.M.

    30/07/2012

    Ciao Giusi, qualcuno ha scritto che la cosa più difficile è fare il primo passo..

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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