Bolivia e Argentina: Quebradas, Lagunas y Salares
Viaggio alla scoperta delle regioni meno conosciute e più spettacolari dell’Argentina e della Bolivia
Non la Patagonia tanto celebrata dagli scrittori, non La Paz e il lago Titicaca, ormai mete classiche, ma un itinerario diverso ed avventuroso lungo le antiche vie commerciali degli Inca e degli Spagnoli, attraverso le province coloniali del nord-ovest argentino e le distese desolate del sud della Bolivia. Il viaggio, che richiede un paio di settimane, inizia a Tucuman e termina a Sucre, procedendo da sud verso nord, fra paesaggi di giorno in giorno più stupefacenti.
Il nordovest argentino, regione ricca di storia e di bellezze naturali, è certo più simile alla regione andina che non al resto del paese e raccoglie la maggior parte della popolazione indigena dell’Argentina. Testimonianze di antichi insediamenti rimangono a Menhir el Mollar, dove sono raccolti circa 80 monoliti di granito; a Tafì del Valle, importante luogo cerimoniale; a Quilmes, con le rovine preispaniche più vaste del paese.
Con l’arrivo degli Spagnoli la regione entrò nell’orbita economica dell’industria dell’argento di Potosí, allora Alto Perù e oggi Bolivia, e divenne luogo di transito per le carovane di muli e di lama che portavano verso la costa l’argento estratto dal Cerro Rico. Ne derivò il diffondersi di una architettura coloniale che è ancora testimoniata dalle chiese e dai palazzi della città di Salta ed anche dagli edifici religiosi e civili dei centri minori: a Tafi del Valle la settecentesca Capilla San Lorenzo, a Yavi la gemma di San Francisco con magnifiche decorazioni dorate e finestre in onice, a Molinos la chiesetta a due torri con il tetto e i confessionali in legno di cactus, a Uquìa quella con l’altare barocco e i famosi angeles arcabuceros armati di spade e corazze che ritroveremo bellissimi nella chiesa di cajamarca in Bolivia. Ma il nordovest argentino è anche e soprattutto un luogo naturalisticamente e geologicamente straordinario. La strada si snoda ai piedi della cordigliera andina occidentale attraverso passi oltre i 3.000 metri e corre lungo le quebradas, valli fluviali scavate dall’acqua e dal vento. La Quebrada di Cafayate, 65 chilometri di rocce e montagne dalle incredibili variazioni cromatiche, la Quebrada de Las Flechas, con strane conformazioni a forma di frecce. O la Quebrada del Toro, dove un treno turistico fra i più alti del mondo, il famoso Tren a las Nubes, in quattordici ore, partendo e tornando a Salta, percorre 217 chilometri superando un dislivello di 2.800 metri, attraverso tunnel, ponti e viadotti, fra cui il famoso viadotto della Polvorilla a 4.200 metri. Per ultima la Quebrada de Humahuaca lungo il Rio Grande, con la Paleta del Pintor, una roccia dalle sfumature multicolori simili alla tavolozza di un pittore, e il Cerro del los Siete Colores, spettacolare al mattino quando il sole mette in risalto il viola, l’avorio, il rosso e il ruggine dei diversi strati di argilla, calcare ed arenaria.
Si entra quindi in Bolivia, paese poverissimo, ma naturalisticamente magnifico e ricco di storia e tradizioni, grazie anche alla forte componente indigena. Infatti il 55% della popolazione è composto da amerindi, sopratutto quechua e aymara, il 30% sono meticci frutto della fusione con la componente spagnola e solo il 15% sono bianchi.
Prima tappa è Tupiza, una cittadina stile vecchio West, non ancora raggiunta dal turismo tradizionale. Intorno magnifici paesaggi di aspra bellezza con straordinarie formazioni rocciose, pinnacoli solitari ed enigmatiche foreste di pietra. Un solo giorno è sufficiente per visitarne i dintorni in fuoristrada, ma per gustarli appieno è consigliabile percorrerli a cavallo con ritmi più lenti. Il percorso si snoda quindi sull’altopiano boliviano, una distesa ad un’altitudine media di 3.800 metri con vette che superano i 6.000 metri, lungo la via del sale che da Uyuni porta a Tarija, un tempo percorsa da lunghe carovane di lama con i loro carichi.
Iniziamo la parte più impegnativa del nostro itinerario che ci porterà nell’estremo angolo meridionale della Bolivia dove la vita non è molto cambiata nel corso dei secoli. Ai tempi della dominazione spagnola questi luoghi erano ricchi di miniere, mentre oggi la scarsa popolazione ha un’economia di sussistenza basata sull’allevamento dei lama. Lungo la strada merita una sosta il villaggio minerario semiabbandonato di San Vicente, se non altro perché nel 1908 vi furono uccisi i famosi fuorilegge Butch Cassidy e Sundance Kid, anche se la leggenda riportata da Chatwin nel suo libro In Patagonia, li vuole rientrati sotto falso nome negli Stati Uniti. Il paesaggio è quello della puna, la steppa delle altitudini intorno ai 4.000 metri. L’aria è trasparente, il silenzio assoluto, la notte illuminata da milioni di stelle. E’ però difficile orientarsi, le strutture turistiche sono quasi inesistenti, le temperature notturne scendono frequentemente a -30° e venti violentissimi soffiano ad intervalli regolari per gli sbalzi di temici fra giorno e notte. In questo deserto di rocce crescono radi cactus e la llareta, un arbusto che assomiglia ad un lichene e che costituisce il solo combustibile reperibile. Dove scorre l’acqua di scioglimento dei nevai o vicino alle lagune crescono ciuffi gialli di paja brava, sufficienti per la sopravvivenza delle mandrie di lama e alpaca addomesticati, dei rari guanachi e delle timide vigogne -specie minacciata d’estinzione oggi protetta-. Non è raro avvistare volpi, viscacce -un roditore dalla lunga coda-, anatre, nandù e condor -degli avvoltoi che con un’apertura alare di tre metri sono i rapaci più grandi del mondo-.
E’ qui nel Parque Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa, che l’altopiano boliviano nasconde i suoi gioielli più preziosi, le splendide lagune circondate da vulcani, cime innevate, solfatare ed acque termali. Con il lago Poopó e i Salar di Uyuni e di Coipasa, le lagune sono i resti dell’enorme lago di Minchin evaporato 10.000 anni fa. Molte prendono il nome dal colore che le caratterizza: Blanca quelle color del latte, Amarilla quelle giallo zolfo, Guinda quelle color del vino. Spesso sull’acqua galleggiano specie di iceberg e sulle rive si depositano incrostazioni bianchissime: sono vari residui minerali, per lo più carbonato di sodio e borace. La laguna Verde e la Colorada sono entrambe famose per le loro metamorfosi di colori. La prima che si stende ai piedi del perfetto cono vulcanico del Licáncabur quando soffia il vento diventa di un verde caraibico a causa dei minerali di piombo, arsenico e zolfo sciolti nelle sue acque velenose. La seconda varia le tonalità dal rosso al mattone, al coca cola per la presenza di microrganismi, sali ed alghe, secondo la luce e l’ora del giorno. Gruppi di aristocratici fenicotteri filtrano il cibo dalle acque salmastre delle lagune: ve ne sono tre specie, l’andino, il più grande dalle piume rosa, il cileno color salmone e quello di James più piccolo. Tutto intorno paesaggi surreali, come le Rocas de Salvador Dalí, formazioni rocciose improbabili come l’Arbol de Piedra, luoghi infernali come il Sol de Mañana, con soffioni, fumarole e pozze di fango ribollenti. Continuando verso Uyuni si raggiunge l’abbagliante paesaggio lunare del salar più grande e più alto del mondo: un’immensa distesa di 12.000 chilometri quadrati di sale a 3.668 metri d’altitudine. E’ il residuo di un grande lago che evaporando ha lasciato nella sua parte più bassa una serie di strati di sale cristallizzato. Quando piove la superficie di un bianco abbacinante si allaga, creando incredibili effetti ottici, riflettendo come in uno specchio il paesaggio circostante. Tutto raddoppia creando geometrie surreali, così che si prova la sensazione di volare fra le nubi sospesi nell’aria. L’Isla del Pescado o Hincahuasi, la “Casa dell’Inca” appare in lontananza come un miraggio: sembra galleggiare nel cielo per il gioco di riflessi, poi si rivela essere una formazione rocciosa ricoperta di cactus. Dal punto più alto si gode un panorama stupendo sulla superficie piatta del salar che contrasta singolarmente con la verticalità dei cactus. L’isola è inserita in tutti i circuiti turistici in partenza da Uyuni, ma se vi arriverete all’alba o vi tratterrete fino al tramonto potrete ancora godervi in solitudine questo paesaggio unico al mondo. Nel salar si lavora ancora con mezzi primitivi per tagliare il sale in blocchi regolari o raccoglierne lo strato superficiale in mucchi conici, che verranno poi lavorati e raffinati. Poco distante è Uyuni, una città dalle strade larghe e polverose, base di partenza per esplorare l’area dei salares e delle lagune. Ormai il viaggio volge alla fine: in sei ore di autobus si raggiunge Potosí, una volta chiamata “il tesoro del mondo e l’invidia dei re”, la città che con i suoi 4.090 metri è la più alta del mondo e un tempo era anche la più grande del Sudamerica. La domina la mole del Cerro Rico, la montagna d’argento dove milioni di indigeni sono morti per estrarre il prezioso minerale che ha fatto grande l’Europa e dove ancora oggi i loro discendenti lavorano con metodi primitivi per estrarre il complejo, un misto di metalli di scarso valore, masticando coca per non sentire la fame e la fatica. E’ una città coloniale dal fascino decadente, con molte chiese ed edifici i cui portali barocchi in pietra finemente lavorata testimoniano la passata grandezza. Lasciata Potosí si scende di quota verso Sucre, “la città bianca”, altro tesoro di architettura coloniale e neoclassica, dove fu dichiarata l’indipendenza del paese battezzato Bolivia in nome del Libertador Simón Bolívar, il Garibaldi sudamericano simbolo della lotta d’indipendenza della colonie contro la Spagna.
Di Anna Maspero Pubblicato sul sito de IL VAGABONDO
valerio giulianelli
ho visitato il tuo sito e letto i tuoi articoli sulla bolivia; veramente interessanti e belli; anche io sono un appassionato della bolivia, sono 6 anni che ci vado e lo reputo un paese stupendo, seguo delle comunità dove vanno le donne indigene quando sono in gravidanza o hanno problemi con i piccoli….
Sto preparando le pag. sulla bolivia relative agli altipiani;
ciao valerio giulianelli
A.M.
Valerio, un piacere leggere questo tuo messaggio. teniamoci in contatto. Sto aggiornando la guida Polaris sulla Bolivia e mi farebbe piacere scambiarci informazioni e opinioni, Grazie e a risentirci, anna