Il Senso del Viaggio Le mie Letture

C’è un’etica per il giornalismo di viaggio?

on
16/01/2009

Paolo Paci, Evitare le buche più dure. Vent’anni di viaggi al contrario, Feltrinelli Traveller 2007, €.16,00

Commento alla recensione pubblicata su Il Reporter da Anna Maria Colonna

Cara Anna Maria, scusami se sarò un po’ polemica, ma hai toccato un argomento che mi sta a cuore. L’etica delle riviste di viaggio. Ho letto il libro di Paci in occasione dell’incontro con lui in un dibattito a due al Festival “Scrittori in città” a Cuneo nel 2007. L’organizzatore ci aveva scelto bene, perché avevamo due visioni piuttosto diverse del mondo del viaggio o turismo che dir si voglia. Già allora avrei voluto scrivere una recensione. Poi non lo feci perché sono portata a recensire soprattutto dei libri che mi piacciono e a non polemizzare, visto che so quanto sia difficile scrivere un libro. Ma è anche vero che se si decide di pubblicare un testo, inevitabilmente si è pronti ad accettare lodi ma anche critiche. Come scrivi (e come credo citi dal libro), Paci pubblicava articoli “Costretto a falsificare con le parole e con le fotografie l’immagine dei luoghi ad uso di inserzionisti pubblicitari e riviste di turismo, il giornalista rivive le sue esperienze in bilico tra verità e bugia”. L’autore parte pieno di ideali e poi come tanti si ritrova ad accettare compromessi lavorando con riviste che per sopravvivere cercano di non scontentare Enti Turismo e T.O. OK, succede, ma non è positivo per il lettore e non vedo perché chiamarli “viaggi al contrario”. Ecco, io non ci sto. Sono dalla parte del turista, cornuto e mazziato due, anzi tre volte. Primo perché continua a comperare (e pagare) le riviste patinate che danno un’immagine fuorviante dei luoghi rendendoli terribilmente attraenti, soprattutto per chi per 11 mesi l’anno fa il pendolare. Secondo perché costui, leggendo gli articoli, incomincia a sognare quei luoghi e ci investe ferie e risparmi per andarci. Ultimo perché gli stessi giornalisti, che di fatto grazie a lui viaggiano spesati e pagati, gli danno pure del “turista di massa” semplicemente perché segue i loro suggerimenti… Il libro in sintesi parla di questo. Sono proprio i giornalisti di viaggio, per lo meno quelli che consapevolmente “falsificano i luoghi”, i più collusi con il turismo globale. Cosa diresti se un giornalista di cronaca travisasse la realtà? Perché sarebbe allora lecito farlo con i luoghi nelle riviste di viaggio? Per questo bastano i depliant d’agenzia, ma chi li guarda è consapevole che il loro scopo è conquistare il cliente vendendogli un’immagine più bella della realtà, quindi sono decisamente più onesti oltre che gratuiti. Anch’io sono una turista come te e come tutti. Illusoria e snobistica la differenza fra turisti e viaggiatori, anche se ci sono turisti e turisti. Ma perché i turisti dovrebbero volere che la realtà che vanno a visitare venga falsata, come mi scrivi nel tuo commento? Tu da turista lo vuoi? Altra cosa, e probabilmente giusta, se non è un viaggio di solidarietà, è evitare di fare i voayeurs della povertà una volta sul posto. Anni fa ero nella redazione di una piccola rivista di viaggio, MARCOPOLO, tutti noi collaboratori cercavamo di unire passione a obiettività. Ho scritto una guida sulla Bolivia per Polaris, e ho dato un’immagine del paese il più rispondente possibile alla realtà. Sinceramente non avrei accettato nessun tipo di pressione né dall’editore né da altri. E i lettori, per lo meno i tanti che mi hanno scritto al ritorno dal viaggio, mi sono stati riconoscenti.

A.M.

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1 Comment
  1. Rispondi

    Pier Paolo Nostromo

    27/03/2009

    credo di non fare una cosa scorretta:visto che ho trovato il link,lo copio anche di qua,grazie

    Brava Anna Maria,
    finalmente un libro che andava scritto, recensito, e che andrebbe letto. Una recensione che mi ha invogliato ad acquistare e ad iniziare la lettura del libro. Pochi libri fanno parte della mia biblioteca e questo avrà un posto privilegiato.

    Peccato che ci sia ancora qualcuno che abbia così tanto mentito a se stesso che ora vende, con spregiudicata leggerezza, menzogne agli altri, facendo credere, con iperbole infinite, che siano verità indiscutibili. Stanca trovare qua e là, castronerie di tale spessore, ma credo che dovrei abituarmi visto che sono sempre più frequenti.

    Senza intenzione di fare un’apologia ad Anna, adoro la spontaneità che poi si traduce in verità, con la quale lei ha approcciato l’analisi.

    Essere costretti a falsificare la realtà per vendere un viaggio non è poi così grave in confronto al fatto di accettare ,consapevolmente o meno, una realtà falsificata da decenni di logorio turistico, passandola come fenomeno antropologico di moderno sviluppo…e se uno possiede questa impostazione mentale farà, come un automa, il favore del mercato e non sarà dunque necessario per un editore fare alcuna pressione.

    I “viaggi al contrario” di Paci ci fanno capire quanto la nostra debolezza ci renda così manipolabili da portarci ad accettare le menzogne come se fossero l’unica verità possibile. La comunicazione e il marketing passano attraverso questa dinamica, creare una forte aspettativa che poi possa essere il più possibile rispecchiata dal turista all’atto del consumo;così lentamente il turismo di massa sta modificando il mondo. Cieco o bugiardo chi non lo riconosce; ipocrita chi non lo ribadisce!!

    grazie, e spero di trovare altri stimoli simili a quello che mi ha suggerito Anna Maria

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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