Ciao “il reporter”
Ciao il reporter,
Il mio ultimo post è stato un po’ profetico… Ero in dubbio se intitolarlo “A come arrivederci” oppure “A come Addio”. Purtroppo è, come temevo, un addio.
Il reporter non riaprirà a settembre. Mi mancherà. Ci mancherà.
Ringrazio con il cuore Andrea Lessona, il suo direttore, per l’opportunità che mi ha dato. L’impegno di scrittura costante per la mia rubrica Parole Nomadi mi ha permesso di sviluppare delle riflessioni più articolate che diventeranno il mio secondo libro. A lui e a tutti i collaboratori e i lettori de il reporter un grazie e …un arrivederci a presto, perché questo non vuole essere un addio. Ci rincontreremo sicuramente lungo le strade del mondo e del mondo del viaggio.
Anna
L’ultimo post pubblicato su il reporter
A come “arrivederci”, A come “addio”…
Se un tempo, quando eravamo paese di emigrazione, le partenze erano spesso anche per noi italiani addii irreparabili, un consegnare “a-dio” chi restava e chi se ne andava, oggi ci si saluta con un semplice “arrivederci”, viatico di un sicuro ritorno dal nostro viaggio.
Eppure, anche se in una manciata di anni cellulari e internet, social networks e trasporti hanno accorciato, addirittura annullano le distanze, ogni partenza rimane un piccolo strappo, un provvisorio congedo da luoghi e persone, abitudini e certezze. Se il viaggio è una metafora della vita, la partenza lo è della perdita. Etimologicamente d’altra parte significa “separazione”.
“Dire addio e farsi addio / è ciò che tocca”, scriveva il poeta boliviano Jaime Saenz . Un verso breve, ma capace, come tutta la buona poesia, di racchiudere la verità: il nostro comune cammino esistenziale altro non è che una distanza da percorrere segnata dagli addii, fino a diventare esso stesso addio, “a-dio”.
Le partenze per i nostri viaggi di piacere ci abituano agli addii e i viaggi stessi, nella provvisorietà degli incontri che ci regalano, spesso intensi, ma sempre effimeri, sono una continua serie di addii. Ci abituano a non affezionarci ai luoghi e alle persone, ci insegnano un sereno distacco che assomiglia più alla filosofia buddista che al bisogno di possedere proprio dell’Occidente. Lo stesso concetto che Erri de Luca in un suo spettacolo rendeva con parole schiette alla napoletana: “Oggi lo tieni, domani non lo tieni più”. E Wislawa Szymborska con parole di poeta: “Tutto è mio, niente mi appartiene / nessuna proprietà per la memoria, è mio finché guardo. (…) / Benvenuto e addio in un solo sguardo”.
Ancora una volta il viaggio come metafora della vita e come scuola di vita. Fondere essere e avere, imparare a dire addio.
Anna
claudio
Purtroppo mancherà molto anche a me.
Un’ottima rivista che offriva la possibilità di leggere articoli interessanti e con cui ho avuto la fortuna di collaborare.
purtroppo ho fatto pochi giorni fa la triste scoperta.
continueremo a viaggiare incontrandoci in luoghi inaspettati