Colombia, Sì a la Paz
Domani 26 settembre a Cartagena de Indias verrà firmato l’accordo di pace tra governo e Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. E il 2 ottobre ci sarà il referendum con cui il popolo si esprimerà per accettarlo o respingerlo. Dopo 4 anni di negoziati, finisce una guerra civile durata oltre 50 anni, che ha causato la morte di 220 mila persone e costretto 7 milioni di colombiani ad abbandonare le loro case.
Anna
Da La Stampa, di Alver Metalli, 25-09-2016
Un giorno veramente storico quello di lunedì a Cartagena de Indias, la città di fondazione spagnola nel nord della Colombia. Non solo perché conclude mezzo secolo di guerriglia e quattro anni di negoziati ad oltranza ma per come lo fa. Con un accordo globale che assorbe – con gli opportuni compromessi – molte delle rivendicazioni che hanno portato alla nascita delle Farc rendendo più democratica la democrazia colombiana e immette sul terreno della lotta politica una forza considerevole di giovani ribelli.
La guerriglia e i suoi vertici hanno giocato bene le loro carte, nella raggiunta consapevolezza che la via rivoluzionaria della presa del potere con le armi era impraticabile, il governo, nella persona di Manuel Santos, ha puntato convintamente sulla pacificazione risparmiando al paese molti anni ancora di stillicidio e perdite economiche. Santos è riuscito dove diversi presidenti prima di lui, da Pastrana a Uribe, hanno fallito. I giorni della “sedia vuota”, il 7 gennaio 1999, quando Pastrana attese invano il capo delle Farc Manuel Marulanda a San Vicente del Caguán, sono nella memoria di tutti. Santos ha creduto nel negoziato anche di fronte a rovesci parziali e quando alle sue spalle le fila si assottigliavano e gli umori bellicosi dei militari sembravano riprendere il sopravvento.
Un lunedì memorabile non solo per la Colombia. Lo è anche per l’America Latina. Adesso il bilancio della storia pende a favore della soluzione pacifica. La via della sovversione, ma anche il para militarismo e lo stato combattente sono figure che vengono archiviate nel passato.
Due guerriglie sconfitte militarmente, i montoneros in Argentina negli anni 80, e Sendero Luminoso in Perù negli anni 90, due che hanno preso il potere vittoriosamente, la cubana nel 1959 in piena guerra fredda, e la sandinista nel 1979. Tre guerriglie che per via negoziata hanno imboccato la strada della politica e della società, la salvadoregna del Fronte Farabundo Martí, nel 1992, la Guatemalteca Unidad Revolucionaria Nacional Guatemaltecae nel 1996, il Movimento Zapatista di Liberazione Nazionale in Messico nel 1996. Restano residui come l’Esercito del Popolo in Paraguay, qualche foco in Perù di senderisti irredimibili, la cui fisionomia è più prossima al terrorismo che al sovvertimento per via armata dell’ordine costituito. E l’ENL in Colombia, la seconda guerriglia, che ambisce ad occupare gli spazi lasciati liberi dalle Farc.