Compagni di viaggio
Secondo una famosa battuta di Churchill, le migliori società sono quelle che hanno un numero di soci dispari, la cui somma è inferiore a due. Un’affermazione cinica, ma che parecchi probabilmente sottoscriverebbero. L’uomo è però un animale sociale e così continua ad accoppiarsi, a tessere relazioni e anche quando viaggia, raramente parte solo.
E’ innegabile una certa avversione del viaggiatore solitario per i “turisti”, di norma identificati proprio in coloro che si muovono in gruppo con l’intermediazione di un tour operator. Se il viaggio è un’esperienza personale, non è però necessariamente una prova individuale in cui dimostrare le proprie doti di autonomia e di sopravvivenza. La scelta se partire o meno soli dipende dallo stile di viaggio di ciascuno, ma anche dalla destinazione, dal percorso e dal tempo a disposizione soprattutto per preparare il viaggio. Tante le variabili e personalmente credo che non solo ogni viaggiatore, ma ogni viaggio facciano storia a sé. Ognuno parta come vuole, come sa, come può. Parlando dei gruppi possiamo però dire senza tema di smentita che sono la croce e/o delizia di un viaggio e che, se risolvono dei problemi, spesso ne creano altrettanti. Il gruppo è una sorta di piccola tribù in transito in un ambiente nuovo e il suo studio è un ambito ricco di spunti per psicologi e per quegli antropologi che una certa omologazione del mondo ha privato dei tradizionali soggetti di studio. Lasciando a loro le analisi raffinate, mi limito ad alcune riflessioni frutto di un’esperienza comune a molti. Spero utili, visto che la riuscita del viaggio dipende anche dalla capacità di ciascuno di gestire proprio le dinamiche relazionali. Qualunque sia lo scopo del nostro viaggio, dovremmo avere un obiettivo ben chiaro: evitare che dei rapporti interpersonali negativi lo trasformino in un incubo. Risultato minimo da raggiungere nel caso peggiore: sopravvivere al gruppo, forti della certezza che prima o poi la “vacanza” finirà. Risultato ottimale: partire con sconosciuti e tornare amici. Da evitare ove possibile: partire amici e tornare senza più neppure salutarsi all’aeroporto. Capita. Se anche il viaggio ha un programma, ogni gruppo è invece una rappresentazione nuova e senza copione, con attori diversi e fragili equilibri da costruire. Non è la somma delle persone, ma la somma delle relazioni intercorrenti fra di loro. Parole che fanno una grande differenza, perché ne deriva che l’importante non è viaggiare con compagni perfetti, ma stabilire con loro buone relazioni. Ricordiamoci la battuta di Churchill, il gruppo perfetto non esiste. Possibile dunque solo cercare di gestire le relazioni al suo interno. O in alternativa partire soli e al massimo condividere dei tratti di strada con compagni occasionali. Le distanze fra gli individui in viaggio si accorciano, ci si trova in situazioni di disagio e fatica, talvolta anche di promiscuità e di intimità assolutamente impensabili nel quotidiano. Importante è darsi delle regole, senza erigere muri a difesa del nostro spazio ridotto e cercando sempre di salvaguardare quella libertà che dovrebbe essere parte costitutiva del viaggio. Se la parola chiave per gli incontri con le persone del posto è rispetto, due sono quelle necessarie per le relazioni all’interno del gruppo: attenzione e indulgenza. Condite da un pizzico di ironia e autoironia. Se, viaggiando, si cercano occasioni di incontro con chi vive altrove, non sono da trascurare neppure le relazioni con i compagni di viaggio con cui condivideremo intere giornate o settimane. Ritrovarsi nel ruolo di attori nella piccola commedia umana di un gruppo di viaggiatori in genere perfetti sconosciuti e in un ambiente nuovo, ci permette di scoprirci e forse di riscoprirci, di tornare a frequentare valori spesso dimenticati quali condivisione e solidarietà. Un’occasione che raramente abbiamo nella quotidianità. Il gruppo da strumento funzionale al viaggio può diventare un momento di arricchimento, un’avventura nell’avventura, capace di regalare rapporti veri, intensi e non necessariamente occasionali o superficiali. Tornare amici insomma. Capita.
A.M.
Per approfondire : Beppe Severgnini, Manuale del perfetto turista, BUR 2009
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