Druk Yul, Viaggio in Bhutan, l’ultimo regno buddista
“Druk Yul.”, il regno del drago tonante, è l’odierno Bhutan, un piccolo paese a sud del Tibet capace di offrire al visitatore la rara opportunità di un salto nel tempo oltre che nello spazio.
E’ grande quanto la Svizzera e alla Svizzera un poco assomiglia.
Forse per il paesaggio di montagna segnato da valli profonde e da alti passi, da cui si gode lo spettacolo grandioso delle cime himalayane che superano i 7000 metri.
Forse per la profonda attenzione per l’ambiente: il 26% del paese è riserva o parco naturale e addirittura nella zona orientale vi è la sola riserva al mondo creata per difendere l’habitat dello Yeti.
Forse per le sue case simili a baite di montagna, sparse nelle valli o raccolte in piccoli villaggi, fatte di pietra e legno, curatissime ed ingentilite da affreschi, a due o tre piani, con sotto la stalla, al primo piano l’abitazione, nel solaio il granaio e le provviste.
Forse perché, pur schiacciato tra Cina e India, il Bhutan è sempre riuscito a mantenere la propria sovranità, esempio più unico che raro fra i paesi asiatici, evitando di essere colonizzato dalle potenze occidentali, o inglobato dai potenti vicini come è accaduto a Tibet, Ladakh e Sikkim, o devastato dall’impatto con la civiltà occidentale come è accaduto al Nepal.
Forse perché lo sport nazionale, che suscita un tifo degno di un mondiale di calcio, è il tiro con l’arco e questo ci ricorda Guglielmo Tell…
Ma al posto delle chiese troviamo imponenti e bianchi dzong, i monasteri fortezza, sedi amministrative e religiose, simili a castelli medievali e sulle cime delle colline centinaia di bandiere di preghiera fissate su alti pali disperdono al vento il loro antico mantra. I rododendri arborei e gli abeti che crescono sulle ripide pendici delle montagne, lasciano il posto nel fondovalle a banani e manghi, orchidee e risaie. E nei prati non pascolano le tranquille vacche delle nostre Alpi, ma i grandi yak tipici dei paesaggi himalayani.
A Phuentsholing un arco segna il confine fra due mondi: il caos dell’India e la tranquillità dell’Himalaya, l’induismo e il buddismo, genti indoeuropee e genti di ceppo mongolo.
Il Bhutan è rimasto chiuso al mondo esterno in una sorta di autoisolamento fino al 1974 e ancora oggi il numero dei turisti è fortemente limitato dall’alto costo di soggiorno, una quota fissa stabilita dal governo.
Ma coloro che scelgono di visitare questo ultimo regno buddista, scoprono un paese ancora intatto, ad economia agricola e pastorale, che sta cercando di proteggere la propria cultura, di conciliare bisogni materiali e spirituali, consapevole degli effetti disastrosi che può avere uno sviluppo economico incontrollato, soprattutto in un paese rimasto così a lungo isolato. L’attuale re sta proseguendo la politica di cauta apertura e modernizzazione iniziata dal padre: solo due anni fa’ è stata introdotta la televisione e inaugurato il primo collegamento ad internet. La gente, semplice ed ospitale, indossa per legge gli abiti tradizionali: gli uomini portano il goh, una specie di vestaglia corta, e le donne il kira, tre pezzi in cotone o seta, con una fascia a colori vivaci in vita.
La profonda fede buddista impregna ogni aspetto della vita del paese, ne modella i valori ed è alla base delle sue istituzioni. Ovunque si vedono monaci di tutte le età con le loro vesti rosso vinaccia, donne e uomini che fanno girare le ruote di preghiera, reliquiari o chorten di tutte le dimensioni, muri mani con mantra dipinti.
Secondo la storia, che in questo paese sempre si mescola alla leggenda, il buddismo mahayana fu portato qui dal Tibet dal Guru Rimpoche nell’VIII secolo nella forma della setta dei Drukpa Kagyu, del berretto rosso e adottato dallo Shabdrung Ngawang Namgyal, grande stratega e religioso, che nel XVII secolo unificò il paese.
Per ricordare questi avvenimenti e per celebrare la vittoria del buddismo sull’antica religione animista Bon e sulle forze del male che impedivano la diffusione del dharma, in ogni dzong una volta all’anno secondo il calendario lunare, si celebra lo “tsechu”, una grande festa accompagnata da danze sacre. Dalle valli circostanti confluisce al monastero tutta la popolazione, che si accampa per diversi giorni intorno allo dzong e si accalca vestita nei suoi abiti più belli sui gradini del cortile per seguire con grande attenzione e partecipazione le danze: davvero non si sa se sia più interessanti lo spettacolo o gli spettatori!
Lo Tsechu di Paro, a cui si riferisce il servizio fotografico, si tiene all’inizio di aprile, ma ve ne sono altri altrettanto importanti a Punakha in marzo, a Thimpu in settembre, a Lhakhang in novembre e in altri periodi negli dzong minori.
Nel cortile le danze sono intercalate da canti di fanciulle vestite nei loro kira più preziosi e dalla commedia dei buffoni vestiti di rosso, che intrattengono la folla e mantengono l’ordine usando dei falli di legno come manganelli, mentre nello spazio circostante le bancarelle della fiera espongono oggetti religiosi e zappe, stoffe e prodotti miracolosi, attirando folle di curiosi.
I musicisti con lunghe trombe, tamburi e cembali, invocano la presenza delle divinità nella forma dei danzatori, che entrano indossando maschere in legno dall’aspetto terrificante e lunghi abiti di broccato dai colori vivaci. Sono sia monaci che laici e impersonificano spiriti protettori e demoni, eroi e animali: con i loro movimenti raccontano dell’eterna lotta fra bene e male e del trionfo delle sacre dottrine buddiste. Le cerimonie culminano l’ultimo giorno con l’esposizione di un antico thangka ricamato a patchwork, il Thongdrol, alto 20 metri e largo 30, con al centro l’immagine del guru Rimpoche che regge un teschio colmo di sangue e un dorje, il simbolo del fulmine.
Il thangka viene lentamente issato nel cuore della notte sul muro dell’edificio antistante al cortile dove si svolgono le danze, vengono fatte le offerte cerimoniali alla luce di centinaia di lumini a burro, poi, prima che un raggio di sole lo colpisca, viene ripiegato per essere custodito nel monastero al riparo dalla luce fino al prossimo anno.
Riprendono quindi le danze di purificazione, che terminano con l’ingresso trionfale della rappresentazione del Guru Rimpoche con una maschera d’oro, circondato dalle sue otto manifestazioni e da spiriti impersonificati da bambini con una maschera bianca: i fedeli si precipitano a per ricevere la benedizione, poi tutti escono dal cortile in una lunga processione e lentamente la folla si disperde per tornare alle proprie valli.
Davvero una cartolina dall’anno mille.
SCHEDA
PERCORSO: per visitare il Bhutan occidentale, cioè la regione di Thimpu, Paro e Punakha è sufficiente una settimana, mentre per spingersi verso la parte orientale serve almeno il doppio del tempo. Vi si può abbinare anche il Sikkim, un regno indipendente fino al 1975 e oggi parte dell’Unione Indiana, simile al Bhutan per l’ambiente himalayano e le antiche architetture monastiche buddiste.
DOCUMENTI NECESSARI E FORMALITA’: passaporto valido almeno 6 mesi e visto (da richiedersi preventivamente viene applicato sul passaporto all’ingresso al costo di $.20 con 2 foto tessera). E’ obbligatorio affidarsi con un buon anticipo (soprattutto nei periodi degli Tsechu) ad un’agenzia locale, contattandola direttamente o tramite un tour operator oppure tramite il Tourism Authority of Bhutan. I viaggiatori indipendenti non sono ammessi
TELEFONO: dall’Italia 00975.
LINGUA: dzongkha, dialetto derivato dal tibetano antico, tsangla nell’est, nepali nel sud; parlato anche l’inglese.
FUSO ORARIO: +5 h (ora solare)
MONETA: ngultrum parificato alla rupia indiana; $.1=Rp.45.6. In Bhutan si può utilizzare la rupia indiana, ma non viceversa. Sono accettati i dollari. Poco usate le carte di credito
COSTO: il prezzo per un soggiorno in Bhutan è fisso a 200 dollari giornalieri e comprende pernottamenti, pasti, noleggio auto con autista, benzina e guida: la cifra può aumentare a seconda dei servizi richiesti e per gruppi piccoli e scendere in bassa stagione.
COME ARRIVARE: in Bhutan si può entrare in volo solo con la compagnia di bandiera Druk Air via Calcutta, Delhi, Bangkok e Kathmandu su Paro, il solo aeroporto del paese, a 2 ore di strada da Thimphu, la capitale, oppure via terra attraverso il confine indiano a Phuentsholing. Il volo, soprattutto da KTM è panoramico e offre una splendida vista sulle maggiori cime dell’Himalaya.
TRASPORTI INTERNI: non ci sono voli interni o linee ferroviarie, ma una strada carrozzabile e asfaltata collega i luoghi di maggior interesse; si fanno passi sopra i 3000 metri, ma l’altitudine media è di 1500/2000 metri. A causa della strada stretta e a curve la velocità media è di km.40/h.
CLIMA E PERIODO INDICATO PER IL VIAGGIO: La diversità d’altitudine del territorio comporta una notevole varietà climatica. La stagione migliore per visitare il paese va da metà ottobre a fine aprile. Da fine maggio a ottobre il monsone porta abbondanti piogge. Da dicembre a febbraio le temperature scendono sotto lo zero.
BAGAGLIO: crema solare, abbigliamento a cipolla, giacca a vento, scarpe chiuse, ammessi gli shorts per il trekking, ma non in luoghi pubblici o monasteri.
SALUTE: non sono richieste vaccinazioni.
SICUREZZA: Vi è tensione tra minoranza nepalese ed esercito al confine sud del paese.
INDIRIZZI UTILI
-Bhutan Embassy, 48 Tivoli Court, Pramothesh Barua Saran, Calcutta
-TAB:Tourism Authority of Bhutan P.O.Box 126, Thimphu, tel.00975-2-3251, fax 00975-2-23695
INDIRIZZI INTERNET:
http://www.bhutan.gov.bt/
http://www.bootan.com/
http://www.kingdomofbhutan.com/
ACQUISTI IN LOCO: maschere, sciarpe in cotone e seta cruda, oggetti d’argento. I prezzi sono alti e per lo più fissi. A Thimpu si possono fare acquisti nei diversi negozi di souvenirs, all’handicraft emporium e al mercato della domenica.
CUCINA: la cucina bhutanese è piuttosto povera, ingredienti principali sono riso, patate, peperoncini piccanti, formaggio, pollame e yak. Diffusa è la cucina tibetana, con i momo, ottimi ravioli fritti o al vapore.
FOTOGRAFIA: E’ generalmente vietato fotografare all’interno dei templi.
PERNOTTAMENTO: Solo a Thimphu e a Paro si trovano alberghi di standard internazionale. Nel resto del paese gli alloggi sono più spartani e talvolta si pernotta presso famiglie.
BIBLIOGRAFIA
Bhutan, EDT-Lonely Planet
Jamie Zeppa, Oltre il cielo, oltre la terra, La storia vera di un amore in Bhutan, Bompiani 2002
Dompier R., Bhutan Kingdom of the Dragon, Timeless books.
Barbara Crossette L’esile fiamma del drago, EDT, Torino 2001
Di Anna Maspero Da Otrefrontiera N.22 / 2001