Pensieri in libertà

E come Emergency

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14/01/2011

O forse E come Eroi. Perché sono loro, e quelli come loro, i moderni eroi. Proprio con loro voglio iniziare il nuovo anno di Parole Nomadi, come augurio di pace e come invito alla solidarietà e alla convivenza.

Clicco sulla homepage di Emergency. In primo piano appare un messaggio semplice e immediato: “Ogni 2 minuti curiamo 1 persona”. Da quando fu fondata nel 1994 nei suoi ospedali e centri di riabilitazione sono state curate gratuitamente più di 4 milioni di persone. Sono questi i numeri che fanno capire cosa Emergency rappresenti oggi: una, spesso la sola, possibilità di cura in Paesi dove l’assistenza non è garantita. Si tratta di aree povere, martoriate da conflitti o devastate da cataclismi naturali, regioni dove la quotidianità assomiglia molto a quella che per noi è l’eccezionalità di una zona terremotata: proprio in questi luoghi, spesso anche logisticamente di difficile accesso, Emergency ha creato dai semplici posti sanitari a strutture d’eccellenza curate in ogni dettaglio. Oltre ai numeri c’è però in quel messaggio in homepage un’altra parola che fa la differenza, o meglio che NON fa la differenza: “persona”. Per Emergency ci sono soltanto “persone” bisognose di aiuto e di cure senza discriminazione di razza, ideologia, sesso o religione, senza distinzione fra amici e nemici. Molte di queste persone sono bambini, donne e anziani, perché le statistiche dicono che nei conflitti contemporanei il 90% delle vittime sono civili. E in cambio dell’aiuto dato non è richiesta alcuna adesione etico-religiosa e non vi è alcuna imposizione di valori altri.

Emergency è un’associazione umanitaria neutrale e non schierata, o più precisamente schierata in difesa della pace e contro ogni guerra. Perché, dice il suo fondatore Gino Strada, non ci sono guerre umanitarie, perché la guerra non può essere presupposto di pace ed è una sconfitta, sempre e per tutti. E lui può dirlo visto che la conosce da vicino, come solo può conoscerla chi si è trovato ad operare come chirurgo d’urgenza in decine di conflitti e ne ha visto gli effetti sulla carne straziata delle vittime. Emergency è oggi una grande realtà nata da un piccolo gruppo di persone che ha saputo sognare e credere nei sogni. È un concreto messaggio di pace e di solidarietà, anche se non sempre capito e condiviso da un mondo che, dopo i tragici attentati dell’11 settembre, ha perso un’occasione di confronto e ha invece eretto muri reali e mentali per chiudersi, in nome della sicurezza, ciascuno a difesa del proprie certezze.

Davanti a persone come i volontari di Emergency è inevitabile provare un senso di inadeguatezza. Ancora di più se abbiamo visitato i Paesi dove operano e misuriamo la distanza fra il loro impegno e il nostro viaggiare, la realtà con cui loro si confrontano e quella con noi cui veniamo in contatto durante i nostri viaggi. Ma per chi vuole dare il proprio contributo per costruire una cultura di pace, basta cliccare nel loro sito web su “Cosa puoi fare tu” e, anche restando qui, in Italia, si apre un mondo…

Per approfondire: “Pappagalli verdi. Cronache di un chirurgo di guerra” di Gino Strada, Feltrinelli Editore.

Pubblicato su il reporter

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1 Comment
  1. Rispondi

    antonella

    22/01/2011

    il rifiuto a credere che tutto sia inutile e non ci sia più niente da fare, se non accettare quello che ci sta attorno

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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