Egitto, cercando l’Aleph
EGITTO, cercando l’Aleph
di Stefano Faravelli
EDT Collana Carnet di viaggio – novembre 2008 – € 35.00
Articolo pubblicato su Il Reporter
Meta del viaggio e soggetto del quarto carnet pubblicato da Stefano Faravelli per l’editore EDT è questa volta l’Egitto, seguendo quei “segni” cui l’autore è sempre attento nella ricerca del suo cammino esistenziale e d’artista. La destinazione diventa certezza quando il suo sguardo si posa sulla pagina aperta dell’Aleph, dove Borges racconta della colonna nella moschea di ‘Amr, al Cairo, che racchiude l’universo, un Aleph appunto, un “occhio di Dio in questo mondo”. Ancora più che nei primi carnet, il suo viaggio è costellato di simboli, talismani, segni apotropaici… E come potrebbe essere altrimenti, visto che l’autore è sempre a caccia delle forme in cui l’assoluto si manifesta e che l’Egitto è proprio il “luogo di teofanie e rivelazioni, ancora, come l’Aleph: l’infinito racchiuso nel finito“? Al di là delle deturpazioni del paesaggio e della banalizzazione da usura dei siti archeologici, l’autore ci rivela gli dei nascosti e la bellezza superstite di quei luoghi che non si sono ancora arresi “allo status di attrazione per turisti (dunque non ancora entrati definitivamente nel regno delle apparenze)“. Come nel qahwa El Fishawy, il caffè più celebre del Cairo dove ancora aleggiano fantasmi del passato. Come ad al-Qasr, regina delle città del deserto, che con le sue case in rovina s’avvia a diventare museo o forse a tornare sabbia. Scruta con amore Alessandria, il cui fascino resiste in trincea, ma di cui non può nasconderne il dileguarsi. Lì si aggira per stanze dove abitò il poeta greco Costantino Kavafis, trasformate in un museo che ha ucciso la casa: rimangono solo oggetti come gusci vuoti e senz’anima. Per ritrovarne il fascino misterioso, visita di notte i colossi di Memnone “naufragati sul ciglio della trafficata carrozzabile per Luxor“. Si aggira per i templi di Luxor al mattino presto, un’ora prima dell’apertura, per rivivere quell’aura di sacralità quotidianamente sacrificata al business del turismo. Come la Sfinge volge lo sguardo alla “metastasi cementizia” del Cairo che avanza. E come la Sfinge sa che dovrà arrendersi. Perché “solo dopo aver ingoiato l’amaro boccone della modernità si può risorgere antimoderni“.
La mente e la sensibilità sono quelle del viaggiatore di oggi, ancora capace di stupore per le tante meraviglie, ma anche lucido nel raccontare le brutture e il “pianto delle cose“. Questo è l’Egitto di Stefano Faravelli, un Egitto visto attraverso il suo sguardo contemporaneo e filtrato attraverso quello dei grandi pittori-viaggiatori del passato. Un Egitto spesso colto e difficile, fatto di suggestioni e richiami cui l’autore solo accenna. Sta al lettore riempire i vuoti e dare seguito ai suoi suggerimenti. E non è impresa facile. Si percepisce inevitabilmente la propria pochezza di viaggiatori da Baedeker scorrendo gli appunti che incorniciano le tavole (questa volta il testo scritto in caratteri tipografici è allegato al libro e ne rende la lettura molto più godibile). Ma chi non avesse la pazienza di approfondire rimandi e appunti, può semplicemente abbandonarsi all’incanto della sua pittura.
I taccuini questa volta sono riprodotti nella loro fisicità, rispettando i diversi formati, con alcune pagine ripiegate che permettono un’apertura doppia e ne restituiscono se non la materialità, impresa impossibile, almeno l’apparenza. Non mancano i dettagli insoliti, la gioia per i ritrovamenti di pietre, insetti e piccole mirabilie. O particolari curiosi come la pubblicità della pomata Hafoline, contre la sensibilité précoce de l’homme, o la scoperta, su un dipinto murale, della cacchetta di un uccello a disegnare un punto di calligrafia, splendido esempio di humour d’artista. Sfogliando il carnet, ci arrampichiamo con l’autore sulle dune e scivoliamo con lui lungo il corso del grande fiume sul sandalo Arus en-Nil, la “sposa del Nilo”, un veliero a due alberi. Ascoltiamo il vocio degli uccelli, il ragliare degli asini. Percepiamo “voci, suoni, profumi e tutto il meraviglioso e il fantastico” che gli occhi dell’artista sanno vedere e la sua mano raccontare. L’Aleph, il divino e la bellezza, si rivelano anche attraverso questi minuscoli dettagli.
A.M.