Il Senso del Viaggio

Fotografare la miseria

on
21/07/2008

Da “La Compagnia dei Viaggiatori ” riprendo una sintesi di un interessante scambio di mail fra Claudio Testa (fotografo) e Alfredo.

La domanda

Ciao Claudio … Tu sai come mi piacciono le tue foto … ma perché hai fatto quel primo piano al mendicante di Arequipa? … possibile che non ci fosse nessuna altra foto più “caratteristica” del Perú? I bambini di Paracas, le donne al mercato e, guarda, anche il mendicante… ma non così in primo piano! Non parlo della tecnica fotografica, ovviamente. È solo che mi sembra una mancanza verso la dignità alla quale tutti abbiamo diritto. Spero che non ti arrabbierai per questa mia critica che vuol essere rispettosa e costruttiva. Ciao, Alfredo

La risposta

… Ti sei sentito offeso da una foto che mostra un mendicante nel centro di Arequipa, la Ciudad Blanca, la città che vorrebbe essere capitale del Perù? Bello il suo centro storico, con il monastero di Santa Caterina, le sue università, ma hai visto quando ti avvicini? Come tutte le città sudamericane è contornata di baracche, case abusive, strade di polvere e fango secondo le stagioni. Guardiamole ‘ste cose!  Io mi sento offeso dal fatto che in pieno centro di Arequipa – come nel pieno centro di Roma o Parigi – si incontrino persone costrette a vivere mendicando tra l’indifferenza generale. …

A parte questo torniamo alla fotografia. Facciamo pure vedere le cose belle e pittoresche, ma se c’è una categoria di turisti che non sopporto sono quelli che tornando da paesi dove la povertà è onnipresente  e ti dicono “sì, sono poveri, ma sono sereni, sorridono sempre, magari noi …”. Quelli che vanno a Machu Picchu per la “carica di energia positiva” che emana il luogo, i viaggiatori new-age, edonisti, turisti tuttocompreso che salgono e scendono da pullman, aerei, sempre di corsa, che non hanno il tempo di vedere, che incamerano ricordi belli e nient’altro. …

Non mi piacciono i fotografi che fanno soldi sulla disperazione passando poi per fotografi “impegnati”. Nella fotografia sociale c’è modo e modo di riprendere il “soggetto”: c’è chi rispetta, e chi se ne strafrega, pensando che quello che ha davanti all’obiettivo è solo una figura da immortalare per il proprio tornaconto personale e macina clik dopo clik, tanto poi dopo sceglie. La fotografia che preferisco fare è quella d’ambiente. Fotografare natura e paesaggi è rilassante; com’è eccitante immergersi in un mercato, in una festa indigena, respirarne odori, sentire i rumori, fotografarne i colori. Viaggio in maniera del tutto autonoma cercando di non ignorare niente. Bello e brutto fanno parte del viaggio, la medaglia e il suo rovescio. Quel mendicante era uno dei tanti che incrociavo tutti i giorni e quella mattina tra quei liquidi che scivolano sul marciapiede, quelle gambe che lo oltrepassano incuranti … é un attimo un clik. Non credo sia offensiva per lui quell’immagine, se c’è un’offesa è rivolta a quelle gambe e quelle scarpe, appena lucidate dallo sciuscià-bambino, che scivolano via incuranti di tutto.

… Non facciamo i moralisti Alfrè, non manchi di rispetto al povero se lo fotografi e lo esponi senza fini monetari. Gli manchi di rispetto quando si fa finta che non esistano miseria e sfruttamento e quando si viaggia alla ricerca del pittoresco e del caratteristico.
Ciao,  Claudio

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1 Comment
  1. Rispondi

    luciano Barnaj

    19/06/2009

    C’è stata fretta nello scattare, penso che l’angolatura più corretta sarebbe stata con la macchina fotografica più in basso, penso che l’inquadratura con tempo a disposizione sarebbe stata diversa.
    Presumo quindi che si tratti di una sorta di “foto rubata” forse fatta anche con la macchinetta al petto senza posare l’occhio al mirino. Probabilmente il mendicante non si è nemmeno accorto dello scatto, non la credo una immagine invasiva. Le foto invasive sono altre, ma più di tutto può essere invasivo l’atteggiamento del fotografo non certo l’immagine.

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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