In viaggio con Kapuściński
Titolo: In viaggio con Kapuściński – Dialogo sull’arte di partire
Autore: Andrea Semplici
Editore: Terre di Mezzo
Anno: 2010
Prezzo: € 3,00
Tre euro per trenta pagine, formato 10×15, copertina bianca e azzurra in carta opaca. Un libro umile, come umile è il protagonista di queste pagine, Ryszard Kapuściński. Sono ricordi e riflessioni in ordine sparso che Andrea Semplici, viaggiatore e giornalista, scrive ripensando al suo incontro con Kapu, all’Africa percorsa con i suoi libri nello zaino, all’incredibile storia di un reporter dal cognome impossibile, dipendente dell’anonima agenzia di stampa polacca PAP.
Kapùscinski un giorno ha il coraggio di partire e non si fermerà più, attraverserà centinaia di confini per percorrere le strade del mondo dall’Oriente all’America Latina, all’Africa che cambia, all’Urss che si dissolve. Sarà testimone di 27 fra rivoluzioni e colpi di stato, imparerà sul campo il lavoro di giornalista e diventerà una leggenda, da semplice reporter a grande scrittore entrato a pieno titolo nella collana “I Meridiani” di Mondadori. Usava la penna (pare non avesse un computer), ma soprattutto le scarpe. Le sue storie nascevano dagli incontri e dalle relazioni umane. Sapeva immergersi nel mondo che raccontava, viveva come la gente intorno a lui, si confondeva con loro, “perdeva” le distanze. Lui bianco di lingua polacca era capace di mimetizzarsi anche nell’Africa nera, non perché si inventava strani travestimenti, semplicemente perché condivideva la vita della gente, consapevole che lì l’altro era lui. Onesto, umile, attento, rispettoso, curioso, profondamente buono e mai cinico. Testimone capace di umana compassione. Grazie ad Andrea Semplici per questo ricordo intimo e intenso di un grande scrittore e di un giornalista come non ce ne sono più.
Pubblicato su il reporter
andrea semplici
Spesso mi capita di non credere più alle parole, Anna. Accidenti, questa assomiglia a una lettera privata, non a un messaggio su blog. Per giunta a commento di una recensione a un mio libretto. Ma è cominciata così, lasciamola scorrere.
Volevo dire: credo che Kapuscinki conoscesse bene l’arte delle parole. In lui non mi sono mai apparse superflue. Davvero io non so quale arte avesse affinato, ma è il solo, che io abbia letto, ad averci saputo raccontare l’Africa senza i trucchi dell’esotismo o del dramma.
Questo libretto (grazie delle tue parole) è, invece, un piccolo inganno: cerca, in poche pagine (in realtà fra le più belle committenze che abbia mai ricevuto: questo testo è stato scritto per un seminario in una università spagnola), di raccontare la ‘mia’ difficoltà a partire, la ‘mia’ difficoltà a riprendere il viaggio. Lo ammetto: ho usato Kapuscinski per capire cosa vi è di difficile nel cominciare un viaggio. Una volta tanto, ne sono certo, non ho barato. Sono felice che Terre di Mezzo,la piccola casa editrice di questo libro, lo abbia pubblicato: è stato inatteso per me. Scrivere queste poche pagine mi ha aiutato a ritrovare un significato alle parole.
E grazie delle tue parole, Anna
A.M.
caro Andrea, come sempre il tuo uso delle parole mi affascina… pensa che nell’ultimo viaggio in Etiopia dello scorso gennaio appena c’era l’occasione leggevo al mio gruppo le pagine della tua preziosa guida ormai introvabile.
“Parole no superflue”. Sono davvero pochi gli scrittori capaci di evitare il superfluo e di non essere scontati e banali.
per il resto è vero, ci sono momenti di blocco nella scrittura. E anche nel viaggio. Se poi si assommano il blocco diventa totale. Ma la lentezza è un pregio e un dono. Lo so, c’è la committenza, ma prendiamoci il tempo…