Amor America Racconti di Viaggio

Incontri ravvicinati con le balene grigie

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12/03/2015

Se chiedete a un appassionato viaggiatore “Quando è stata l’ultima volta in cui hai fatto qualcosa per la prima volta?”, probabilmente faticherà a rispondere perché, partenza dopo partenza, inevitabilmente si crea se non assuefazione, sicuramente una certa abitudine al diverso. Ci sono però luoghi speciali dove emozione e stupore sono assicurati e la Bassa California con le sue balene è uno di quelli.

Alcuni di noi le “inseguivano” da diversi viaggi: Canada, Sudafrica, Argentina, Madagascar… Il whale whatching è ormai un business mondiale diffuso in 119 paesi con 13 milioni di ecoturisti e capace di generare ricavi da oltre due miliardi di dollari. Nelle lagune della Bassa California però non solo c’è la certezza di incontrarle, qui soprattutto le balene non scappano, anzi vengono a farsi accarezzare dagli umani come gattoni desiderosi di coccole!

Con il mio gruppo di KEL12 siamo nella Laguna di San Ignacio, che con Guerrero Negro e Bahía Magdalena è una delle tre dove ogni inverno fra dicembre e aprile le balene vengono ad accoppiarsi e a partorire. Una locale cooperativa di pescatori si è attrezzata per l’avvistamento, saliamo sulla loro lancia a motore e ci allontaniamo di poche centinaia di metri dalla costa per poi fermarci in attesa. Pochi minuti ed eccole arrivare, dando inizio allo spettacolo a pelo d’acqua: rumorosi spruzzi e soffi, pinne, schiene e code che appaiono e scompaiono segnalando che sotto la superficie l’affollamento è enorme. Siamo circondati su ogni lato. Qualcuna incuriosita esce dall’acqua con l’enorme testone per sbirciare cosa succede là fuori. Un’altra improvvisa una piroetta con il suo corpaccione enorme ricadendo con un tonfo sordo e provocando un piccolo maremoto. Una scivola sotto di noi sfiorando la chiglia della nostra fragile lancia e appare sull’altro lato. Basterebbe un colpo della sua coda per spezzare in due la nostra barca, ma nessuno di noi ha paura perché loro, nonostante la mole (sono lunghe fino a 14 m e pesanti anche 30 tonnellate) sono delicate e, come scrive Cacucci nel bellissimo diario che ci ha accompagnato lungo tutta la penisola, “le balene lo sanno”, sanno che un movimento brusco potrebbe provocare un disastro.

Noi, eccitati ed emozionati fino alle lacrime, le richiamiamo muovendo l’acqua con le mani. Loro si avvicinano con i loro “piccoli” (che già alla nascita misurano circa 4 metri di lunghezza), cercano il contatto con noi, premono il loro testone contro la chiglia e stanno lì a farsi accarezzare. Osservarle così da vicino nel loro ambiente e in una condizione di grande naturalezza, toccare la loro pelle spessa e morbida, sfiorare quelle incrostazioni che le rendono ognuna diversa dall’altra, sentirle fremere sotto le nostre dita è davvero un momento indimenticabile e un privilegio grandissimo. E mentre siamo lì commossi e increduli, incerti se scattare una foto o accarezzarle, una di loro improvvisamente ci innaffia completamente con il suo spruzzo e si diverte, ne sono certa, a guardare l’effetto che fa’.

Perché le balene grigie della California ritornano ogni anno in queste lagune dalle acque basse? Forse per un richiamo ancestrale, visto che qualche decina di milioni di anni fa i loro lontani progenitori si erano evoluti sulla terraferma per poi tornare in quell’oceano dove la vita ha avuto origine. Conducevano una vita semiacquatica, avevano quattro zampe palmate per camminare e nuotare, lasciavano il mare e venivano sulla terra per partorire, come oggi continuano a fare le foche e altri mammiferi marini. Non è una mera ipotesi, lo conferma il ritrovamento in Pakistan dello scheletro di una femmina gravida, un antenato fossile dei cetacei attuali. Ora le balene non possono più lasciare il mare, ma quelle grigie, le meno evolute tra i cetacei (conservano entrambi i caratteri ancestrali, cioè le cinque dita nelle natatoie e le sette vertebre cervicali tutte separate tra loro), mantengono questo legame con la terra. Così, al termine della loro lunghissima migrazione di circa 8000 km dalla gelida Alaska, si avvicinano alle coste fino a penetrare nelle insenature e scelgono queste acque calde e poco profonde per accoppiarsi e per partorire, un momento difficile nella loro vita perché il piccolo nasce in acqua pur respirando aria e proprio per questo va portato in superficie il più presto possibile. Un parto piuttosto complicato e assistito da altre due femmine, così come durante l’accoppiamento un altro maschio aiuta i due partner a stabilizzarsi.

Le prime balene arrivano a dicembre, le ultime se ne vanno ad aprile. Mentre si dilettano nei loro giochi amorosi e allattano i loro cuccioli, si avvicinano alle barche, riconoscono l’uomo e non lo temono, o meglio non più, visto che solo 1946 sì iniziò a proteggere questo meraviglioso gigante del mare e prima di allora le balene grigie avevano rischiato di scomparire a causa delle feroci battute di pesca con cariche esplosive. Oggi sono estinte nell’Atlantico e l’unica popolazione consistente, circa diecimila individui, è quella del Pacifico orientale che proprio per questo è stata soprannominata “balena della California” (Eschrichtius robustus). Dal 1993 la Laguna di San Ignacio è Patrimonio Unesco e dal 2005 anche le isole e le lagune del golfo del Mar di Cortèz sono Patrimonio Naturale dell’Umanità in quanto luoghi importanti per la protezione di balene, leoni marini, foche, tartarughe, pesci tropicali e uccelli.

Oggi è di nuovo caccia alla balena, ma solo per fotografarla. E loro “lo sanno”, sanno di essere le star dello spettacolo e si concedono magnanime. Si avvicinano perché hanno ritrovato fiducia in noi, ma forse non è solo per questo, forse hanno un legame ancestrale non solo con la terra, ma anche con quei mammiferi a due zampe che la popolano.

Dedicato a Gabriella, Alessandra, Elisa, Luciano, Domenico, Edoardo e Alex

Anna – Baja California,  marzo 2015

Lettura consigliata: Pino Cacucci, Le Balene lo sanno, Feltrinelli

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5 Comments
  1. Rispondi

    laura

    12/03/2015

    articolo interessantissimo e ricco di informazioni! graaande ANNA!

  2. Rispondi

    Chiara

    13/03/2015

    Un sogno meraviglioso che accarezzo da sempre….Madagascar, Sudafrica, Nuova Zelanda…ma prima o poi!!!
    Grazie Anna!!!

  3. Rispondi

    mario borroni

    14/03/2015

    ciao anna
    deve essere stata un’esperienza unica , spero di poterla fare nel mio prossimo cammino in giappone , isola di shikoku , partendo da un porto fra kochi e l’ashizuri misaki cap , poi ti raccontero’ .
    grazie per questo sogno che mi hai dato .

  4. Rispondi

    C.P.

    28/03/2015

    Mi era venuta un tantino di tristezza per la prigionia dovuta alla lombo sciatalgia, ma mi hanno fatto compagnia i tuoi viaggi fra le balene che cosa affascinante, sono ritornato fanciullo, amavo infatti gli elefanti e i cetacei. E poi l’encomio alla bicicletta, sei fantastica.

  5. Rispondi

    Jeannette

    29/03/2015

    Mai dire mai… ed i sogni si avverano! Fortunata e grande Anna! Ciao e grazie

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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