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24/05/2020

Pubblicato su Corriere di Como e Radio Ciaocomo

Viaggiare al tempo del Covid. Oggi, annus horribilis 2020, davvero “del doman non v’è certezza”. È più facile dire cosa non faremo nei prossimi mesi piuttosto di quel che faremo. Per me programmazione azzerata, visto che il mio calendario girava soprattutto intorno a partenze e ritorni. A portata di click solo il mondo virtuale e non più quello reale. Voli a lungo raggio sospesi, noi lombardi trattati da simil appestati, concesso il turismo di prossimità e forse neppure quello… Non solo nel turismo, ma anche nei rapporti sono privilegiati quelli di prossimità: non più gruppi, ma soli o in pochi, meglio se “congiunti”; gli amici al telefono o su Zoom e sguardo ansioso (quando non assassino) se qualche estraneo si avvicina troppo. Prevale un senso generale di insicurezza e di preoccupazione, per qualcuno di paura, sia sul fronte economico che della salute.

Mi ha offerto uno spunto di riflessione la lettura dell’articolo di Gabriele Romagnoli su Robinson di Repubblica: “L’anno in cui non siamo stati da nessuna parte”. È un titolo appropriato anche per il nostro 2020, lo stesso titolo scelto dal Che per il suo Diario dell’anno in Congo (era il 1965), un anno che gli era sembrato sprecato per la causa della rivoluzione. È forse una generalizzazione eccessiva affermare, come scrive Romagnoli, che il viaggio prima del Covid era diventato un semplice trasferimento privo di incertezze, l’avventura una noia, lo sforzo un fastidio, il conoscere un riconoscere, la nostra visione plasmata dalla previsione delle pagine di una guida, di un accompagnatore, di un organizzatore e che solo ora sarà di nuovo possibile guardare e capire. Però c’è del vero. Azzeccato il paragone con un film romantico dove la storia avvincente è quella che porta al trionfo dell’amore superando gli ostacoli, poi l’interesse scema: allo stesso modo il viaggio in tempo di globalizzazione di fatto iniziava dall’arrivo a destinazione (quindi dal “matrimonio” se rapportato al film), mentre la parte interessante sarebbe soprattutto quella prima di raggiungere la meta.

Il viaggio post-covidico tornerà a essere come quello pre-globalizzazione (con i suoi limiti e i suoi aspetti positivi)? Ritroverà quella prima parte che sta fra la partenza e l’arrivo a destinazione e che avevamo praticamente annullata? Di nuovo è più facile dire ciò che non sarà piuttosto che ciò che sarà. Sarà necessario rivedere le modalità di viaggio cui eravamo abituati, ridimensionare abitudini e desideri, ma non è facile immaginare come. Di certo i nostri viaggi, non solo quelli al tempo del Covid, ma anche in seguito, saranno in un mondo dove sono tornate delle barriere fisiche e mentali che pensavamo definitivamente superate e che non aggiungono profondità allo sguardo, non restituiscono tempo ma piuttosto limitano le possibilità di contatto e la libertà di scelta e di movimento. In realtà nuovi confini e divisioni erano già apparsi prima dell’arrivo della pandemia che ha funzionato da terribile acceleratore, ma nessuno avrebbe immaginato potessero essere di tale portata.

Ripartirò, ripartiremo, probabilmente in meno e per meno tempo e per destinazioni più vicine. Molte cose cambieranno nel mio, nel nostro modo di viaggiare. Il viaggio sarà un po’ meno un bene di consumo dato quasi per scontato, sarà più individuale e su misura, più pensato e desiderato, forse più consapevole e attento all’ambiente.

Il 2020 per me non è “un anno sprecato”. Prima di tutto è un anno in più di vita, e la cosa non è così scontata: forse non è stato un caso che io abbia iniziato il mio 2020 con la lettura di un saggio sul morire. Poi è un anno di sottrazione, di pausa, di riflessione, e almeno in questo la pandemia può avere risvolti positivi. È un ritorno all’abitare piuttosto che un lungo viaggiare come era nei miei programmi, ma non si tratta necessariamente un Piano B: personalmente ho sempre pensato che ci siano benefici nello stare come nell’andare e in tempi non sospetti ho iniziato il mio libro Il Mondo nelle Mani con un paragrafo, fra il serio e l’ironico, sul perché NON viaggiare. Nei prossimi mesi il mio orizzonte sarà quello che ieri un magnifico e perfetto arcobaleno ha illuminato dopo il primo temporale della stagione.

Ricordo che da ragazza volevo partire con il Magic bus per un lungo viaggio verso Oriente, ma proprio in quegli anni chiusero Iran e Afganistan. Negli anni quel viaggio l’ho fatto, ma a pezzi e non tutto… l’Afganistan è sempre rimasto un sogno impossibile. Nel 2021 sarei voluta partire per il mio Round the World Tour, ma ha chiuso il mondo

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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