Io, gli Altri
“Io, gli altri”: il motivo conduttore della Fiera del libro 2009 è l’occasione per una riflessione su quale sia il rapporto fra questi due termini all’interno della dimensione del viaggio. Perché, ancora una volta, il viaggio, nella sua accezione migliore, è un’occasione capace di dare una consistenza fatta di corpi e di vita vera a parole spesso relegate nell’ambito specialistico del linguaggio di psicologi, linguisti e sociologi. Nella quotidiana routine l’io si rapporta agli altri in modo consuetudinario quando non superficiale, le relazioni interpersonali sono inscritte dentro ruoli e schemi che tolgono libertà in cambio – e non sempre – di qualche presunta sicurezza in più. Gli “altri” sono di norma solo i nostri simili e anche quando sono “diversi”, si preferisce assimilarli al ruolo che ricoprono o relegarli in un altrove che ci rimane estraneo anche se vicino. Quando l’io si mette in viaggio, soprattutto se senza la protezione di un gruppo e con la voglia di mettersi in gioco, riscopre il piacere della libertà di esistere al di fuori dei ruoli abituali, ma inevitabilmente si confronta anche con la propria sostanziale solitudine e con un senso di smarrimento in un mondo dove l’altro non è più uno specchio che gli rimanda la propria immagine. Gli altri sono altri, tanti e diversi. In viaggio l’io si accorge di essere lui l’alieno, lo straniero. Da grande viaggiatore e scrittore quale è, Kapuscinski sintetizza: “l’altro siamo noi”. Lui era davvero capace di una totale empatia con l’altro, forse perché figlio di un’Europa poverissima. Noi, che della stessa povertà siamo nipoti, ne abbiamo rimosso in fretta il ricordo. Se per Calvino “la conoscenza del prossimo… passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso”, è vero anche il contrario, e cioè che la presa di coscienza di se stesso, della propria identità e diversità, passa attraverso la conoscenza dell’altro. E’ solo questo scambio di sguardi che rende possibile un riconoscimento reciproco e del nostro stesso io. In viaggio l’io può scegliere, o almeno provarci. Può entrare ancora una volta in un ruolo, in questo caso in quello del turista un po’ voyeur, mantenendo quel distacco che gli permette di mettere a fuoco, scattare e riportare a casa il racconto di un altrove solo sfiorato. Oppure può cercare di uscire dal ruolo e di non vedere l’altro in base all’immagine stereotipata che spesso accompagna il biglietto d’aereo e il voucher dell’auto. Consapevole però che preconcetti e luoghi comuni sono reciproci e che tutti ne siamo vittime, così che anche in viaggio, nonostante sforzi e buone intenzioni, non è semplice né scontato uscire dalla gabbia in cui si è rinchiusi. Riuscirci significa riscoprirsi persona fra persone diverse ma ricche della stessa profonda e comune umanità. Il viaggio diventerà allora un percorso verso l’io e verso l’altro, il ritorno sarà un rientrare nel proprio mondo ma con qualche certezza in meno e un po’ di relativismo in più, consapevoli di essere su questa terra tutti stranieri e di passaggio. Quella virgola posta fra “Io, gli altri” diventerà, come scrive Enzo Bianchi, un ponte gettato tra due mondi, una strada che li mette in comunicazione e non un muro che li separa. Il diverso incontrato in viaggio ci sarà meno estraneo e indifferente quando lo ritroveremo vicino a casa in una società che è plurale e non può non essere pluralista.
A.M.
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A.M.
Commenti dall’articolo pubblicato su il reporter
gabriel il 15.05.2009 alle ore 12:27 pm scrive:
Ciao Anna,
il tuo articolo, profondissimo, mi ha colpito molto. In effetti il viaggio in solitaria, lontano dai modi di pensare e di fare ai quali siamo abituati, credo possa ottenere due effetti tra loro contrapposti: o distrugge, e allora non vedi l’ora di tornartene a casa al riparo nel tuo piccolo recinto di convenzioni, o crea. Può creare la consapevolezza che l’accettare le diversità, soprattutto quando a prima vista ci risultano irritanti e incomprensibili, significa dare a sè stessi la possibilità di crescere come persone e come parte di un’umanità che è alle volte terrificante, altre bellissima, ma mai scontata.
Grazie per il tuo articolo.
Anna Maspero il 17.05.2009 alle ore 10:18 pm scrive:
Grazie Gabriele per il tuo commento. Forse in mezzo ai due opposti, fuga o accettazione (entrambi comunque presuppongono coinvolgimento), c’è anche un altro atteggiamento. Lo sguardo del turista che guarda e non tocca e torna esattamente uguale a come era partito, possibilmente un po’ più abbronzato.