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11/01/2019
Kovalam 1993

A partire da allora cominciai a misurare la vita non per anni ma per decenni. Quello dei cinquanta era stato decisivo perché avevo preso coscienza che quasi tutti erano più giovani di me. Quello dei sessanta era stato il più intenso per il sospetto che non avessi più tempo per sbagliarmi. Quello dei settanta era stato temibile per una certa eventualità che fosse l’ultimo”. (Márquez, Memoria delle mie puttane tristi)

Sono tornata a Kovalam, Kerala. La prima volta ci arrivai 25 anni fa quando con una vecchia Ambassador viaggiavo in India alla ricerca di risposte. Allora Kovalam era ancora un villaggio di pescatori, poi l’ayurveda iniziò ad attirare gli occidentali, la spiaggia gli indiani e la città è cresciuta in modo disordinato perdendo parte del suo fascino. E’ rimasto però un luogo dove andare per staccare, per disintossicarsi nel corpo e nella mente e per ricaricare le batterie. Per me un luogo dell’anima.

In aeroporto, in attesa del mio volo di rientro, ho già nostalgia di queste settimane appena trascorse. Mi mancheranno al risveglio i canti e le campane del vicino tempio, lo yoga e il mio bravissimo maestro Santhosh,
il saluto al sole all’alba, il gracidare delle centinaia di cornacchie, gli scoiattoli sulle palme, gli oli, il Merry Land e la dolce Hema, le passeggiate, le letture, i giochi di aquiloni nel cielo, i pescatori che raccolgono le reti la mattina e la sera il sole che tramonta dietro alle vecchie barche, le cene con vecchi e nuovi amici peregrinando da un ristorante vegetariano a uno con fantastici piatti di pesce…

Qualcuno ha scritto che “abbiamo due vite e che la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una”. Appunto. Questo è il mio terzo tempo, quello che una volta si chiamava vecchiaia, ma che oggi può regalare anni intensi e pieni se la salute non tradisce e se noi non la diamo per scontata, ma cerchiamo di invecchiare con garbo. Il finale sì, quello è scontato, ma non come ci si arriva. Possiamo essere noi, con la saggezza degli anni, a scegliere come vivere il nostro terzo tempo. Qualche risposta oggi me la riporto in valigia. Voglio un ritmo di vita che privilegi la gentilezza, le cose davvero importanti ed essenziali e le relazioni umane, ma scegliendole con cura. Continuerò a viaggiare, ma per conquistare il tempo più che lo spazio. E tornerò anche nel mio villaggio indiano…

L’augurio che ho inviato agli amici per il nuovo anno era la poesia di Elli Michler, Tempo. Un augurio che faccio anche a me stessa.

Anna

Ti auguro tempo

Non ti auguro un dono qualsiasi…

Ti auguro solo quello che i più non hanno

Ti auguro tempo per divertiti e per ridere

Se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa

Ti auguro tempo per il tuo fare e il tuo pensare

Non solo per te ma anche per donarlo agli altri.

Ti auguro tempo per non affrettarti e correre

Ma tempo per essere contento.

Ti auguro tempo…

Non soltanto per trascorrerlo, ti auguro tempo perché te ne resti…

Tempo per stupirti e per fidarti

E non soltanto per guardarlo sull’orologio

Ti auguro tempo per toccare le stelle

E tempo per crescere, per maturare

Ti auguro tempo, per sperare nuovamente e per amare

Non ha più senso rimandare.

Ti auguro tempo per trovare te stesso.

Per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.

Ti auguro tempo anche per perdonare.

Ti auguro di avere tempo

Tempo per la vita

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1 Comment
  1. Rispondi

    Emanuela p. Di Mundo

    11/01/2019

    Brava Anna! So che ci troveremo ancora a Kovalam, il luogo dove grazie all’ayurveda e allo yoga si può riuscire a ritrovare se stessi. Il luogo dove, nonostante tutto, ci si può ancora rifugiare nella natura e dove riconoscere le anime affini. Anche qui si può toccare con mano che c’ è sempre un’ India dentro un’altra India, dentro un’altra India. Accetto di buon grado in regalo il tempo e grazie per la sempre intelligente compagnia.

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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