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04/12/2012

Avevo deciso di rimanere disconnessa durante queste settimane habanere, approfittando della difficoltà dei collegamenti volevo staccare. Ma l’incontro di oggi a Casas de las Americas (un po’ come dire l’Istituto Latinoamericano a Roma) con dei leader spirituali maya con argomento la fine del mondo prevista dal calendario Maya per il 21 dicembre, è stato davvero coinvolgente e mi piace raccontarlo. Ma “no ès facil” come dice la gente qui. Non è facile perché bisognava esserci per percepire l’energia positiva di cui l’intera sala era partecipe. E la new age non c’entra. E’ incredibile come qui a Cuba tutto diventi momento di partecipazione collettiva. Forse il momento di maggior pathos è stato quando un prete cubano ha chiesto perdono agli indigeni. Tutti si sono alzati in piedi e loro si sono commossi.

Parole semplici quelle dei leader indigeni: nessuna fine del mondo, solo saremo testimoni della fine di un’epoca e dell’inizio di un’altra, di un nuovo Baq’tun, della nascita di un nuovo sole. Il loro invito è di ritrovare quei valori che per loro sono fondanti: rispetto, ringraziamento e reciprocità. Riflettere su quel che riceviamo dalla madre terra e su quel che diamo in cambio. E poi hanno raccontato dei popoli maya che parlano 22 lingue diverse, che sono divisi da confini innaturali fra vari stati centroamericani, che sui loro libri di testo di storia leggono della cultura e del popolo maya come di qualcosa che appartiene al passato, quasi fossero pezzi da museo. “Pero los Mayas, los hijos del maìs, viven todavia…” ci assicurava Rosalina Tuyuc sorridendo.

La cosa più bella è stata la partecipazione sentita, viva, positiva del pubblico presente. Si percepiva come ci fosse fra cubani, popoli indigeni e popoli latinoamericani in genere un senso di profonda appartenenza a questo continente desaparecido che a fatica sta trovando un suo posto nel mondo.

Anna

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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