La mia vacanza indiana
Non solo viaggi… una vacanza tutta per sé è un grande regalo se possiamo farcelo. E questa è la cronaca di un giorno della mia vacanza indiana. Dopo Varanasi (una sorta di girone infernale dove convivono spiritualità e business, palazzi e fogne, incenso e puzza, vacche sacre e merde sacre, ghirlande di fiori e cani rognosi), una pausa è necessaria. Nulla di meglio del Kerala, God’s Own Country, per regalarsi una vacanza salutare e salutistica. Ancora una volta torno a Kovalam. La città è molto cambiata da quando ci arrivai la prima volta un po’ per caso nel 1993 su una vecchia Ambassador alla ricerca di risposte che non trovai. Allora era ancora un villaggio di pescatori frequentato da giovani “alternativi”, poi l’ayurveda iniziò ad attirare gli occidentali, la spiaggia famiglie indiane e honeymooners e Kovalam è cresciuta in modo disordinato perdendo parte del suo fascino.
Naturalmente torno al Merry Land da Hema (la doc): è un angolo di tranquillità dove fanno compagnia agli ospiti due simpatiche papere, delle cornacchie dispettose e gli scoiattoli che si rincorrono sulle palme. Le mie giornate sono una piacevole routine: sveglia presto, un fiore per Ganesh, ore 7.00 yoga in terrazza con Santhosh (bravissimo, ogni tanto me lo trovo che mi cammina sopra per aumentare l’effetto stretching, fortuna che è piccolo!) con il sottofondo musicale (straziante, ma qui ci sta) dei canti del vicino tempio indù, ore 9.00 colazione poi uno sguardo alle email e alle notizie. Alle 10.30 per un paio d’ore panchakarma (massaggio ayurvedico, ma definirlo massaggio è riduttivo, tutto il corpo nella sua interezza è coinvolto dentro e fuori, dalla punta dei piedi ai capelli) e shirodhara . Poi mi preparo qualcosa per pranzo, quindi spiaggia o piscina di qualche hotel, sole e lettura per terminare con un tramonto popolato di aquiloni. Quindi seduta di agopuntura per gli acciacchi (fa un po’ male, ma bisogna soffrire un po’), cena vegetariana o con fantastici piatti di pesce e la sera chiacchiere, lettura, scrittura…





Due parole sull’ayurveda: è la medicina tradizionale dell’India, vecchia di 5.000 anni: significa “scienza della vita”, da ayur (vita) e veda (conoscenza). Non bisogna necessariamente crederci, ma abbandonarcisi magari sì, proprio come quando ci si lascia scorrere sulla fronte l’olio tiepido nel rituale del shirodhara. Per me è meglio di tante costose SPA (qui la camera singola con balcone e uso cucina costa 12 euro scarsi e il resto di conseguenza) e continua a essere un luogo dove è ancora possibile ricaricare le batterie, riequilibrare le energie e disintossicarsi nel corpo e nella mente.



Il Natale, i cenoni, le luminarie sono lontani. Ancora un po’ di giorni e riprenderò il viaggio verso nord, le backwaters e Cochin. Ora sono qui e ho già nostalgia di questo luogo…








Per il decennio che inizia fra i tanti propositi, tre riguardano me stessa: essere più assertiva con coloro con i quali la gentilezza non sembra essere sufficiente; fare della mia singleness (essere dispari, forse qualcuno ricorda…) un elemento di forza e di libertà e infine volermi un po’ più di bene.
