Il Senso del Viaggio

La seduzione della strada

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03/04/2009

Partire per viaggiare, non per arrivare, scrive Gionata Nencini. E proprio dalle sue parole prendo spunto per riflettere sulla “strada“, intesa come quel che c’è in mezzo fra la partenza e l’arrivo. Una dimensione spazio-temporale che in genere viene chiamata percorso, transito, tragitto…, ma io preferisco strada, parola già da sola capace di seduzione e sinonimo di libertà. E poi il viaggio ha connaturato nella sua stessa etimologia il concetto di strada, perché è proprio “viam agere”, altrimenti diventa soggiorno o visita o quant’altro.

Per il viaggiatore-vagabondo è la strada a disegnare il percorso. A lei si abbandona come un innamorato nelle braccia dell’amante. Segue il caso, le coincidenze, l’istinto affinato dall’esperienza. Il suo ritorno “non ha tempo, né distanza”, perché in viaggio si sente a casa. La sua è però una scelta che appartiene inevitabilmente a pochi, vuoi per insufficienza di coraggio, vuoi per eccesso di legami, ma anche semplicemente per decisione consapevole di vivere altre dimensioni del viaggio.

Non sono però solo le variabili spazio-temporali a fare di uno spostamento un viaggio. Diversi sono i modi di viaggiare, ognuno, è proprio il caso di dirlo, deve trovare la sua strada. Qualche volta è una strada battuta, altre volte meno. E, come scrive Robert Frost, forse è proprio la scelta della strada meno battuta, più che distanza e durata, quel che fa la differenza.

Un’altra variabile da non trascurare è l’importanza che si attribuisce alla meta. In genere quando si parte (ad eccezione di vagabondi e bohemienne la cui meta è il viaggio stesso), si dispone di un certo tempo e si ha una meta. L’importante è non focalizzare il viaggio e la sua riuscita al raggiungimento della meta, perdendo tutto quel che c’è nel mezzo. La strada, appunto. E’ difficile godere del presente, assaporare atmosfere e assimilare i luoghi lungo il percorso se si è sempre proiettati verso la tappa successiva o la meta finale.

Cristoforo Colombo sa dove vuole andare, salpa verso occidente per andare in oriente, “buscando el levante por el poniente“. Non trova né l’uno né l’altro, forse proprio perché il suo desiderio di raggiungere la meta gli impedisce di capire dov’è davvero. Ma, da quel grande viaggiatore – o meglio esploratore – quale è, finisce per scoprire, suo malgrado, l’America. Anche Ulisse ha chiara la sua meta, il suo “destino”, come gli spagnoli traducono il termine “destinazione”, regalandogli un piacevole senso di ineluttabilità. Ma ci mette anni per raggiungerla, vagando nel Mediterraneo fra avventure e seduzioni. Fra i due, la mia preferenza è sempre andata a Ulisse. Perché è l’eroe che si perde, che indugia, che accetta le seduzioni del viaggio. Non è un esploratore, è un viaggiatore.

Tutto ciò, con parole di poeta, suona così:

Quando ti metterai in viaggio per Itaca / devi augurarti che la strada sia lunga, / fertile in avventure e in esperienze. / (…) / Sempre devi avere in mente Itaca, / raggiungerla sia il pensiero costante. / Soprattutto, non affrettare il viaggio; / fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio / metta piede sull’isola, tu, ricco / dei tesori accumulati per strada / senza aspettarti ricchezze da Itaca. / Itaca ti ha dato il bel viaggio, / senza di lei mai ti saresti messo / sulla strada: che cos’altro ti aspetti? / E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. / Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso / già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare”. (Kostantinos Kavafis)

Viaggiare dunque è anche tornare, e di ritorno parleremo presto. Per il momento, a tutti buona strada.

A.M.

Articolo pubblicato su il reporter

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2 Comments
  1. Rispondi

    PL

    06/04/2009

    Anche questo articolo è un po’ un viaggio senza meta…nel senso che non si capisce dove vuoi arrivare. Manca la tesi. Mah!!!

  2. Rispondi

    A.M.

    06/04/2009

    Ciao PL, ho riletto il testo e penso che sì,hai ragione, il mio post è un po’ una divagazione e in fondo rappresentativo proprio di quella che vorrebbe esere la mia tesi: la fascinazione della strada, il piacere di poter indugiare lungo il cammino, la meta solo per indicarti la rotta, ma non per misurare la riuscita del viaggio con il suo raggiungimento. Partire per viaggiare appunto, non per arrivare.
    ciao, Anna

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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