Racconti di Viaggio

Laos, Dove il tempo si è fermato

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13/01/2011

Il Laos non è un posto, è uno stato d’animo

Terzani, Un indovino mi disse

“A sinistra la sponda laotiana con villaggi di capanne all’ombra delle palme di cocco, le barche a remi, i bagliori teneri delle lucine a olio, nel silenzio; a destra la sponda tailandese: luci al neon, la musica degli altoparlanti e il rombare lontano dei motori. Da una parte il passato da cui tutti vogliono strappare i laotiani, dall’altra il futuro verso cui tutti credono di dover correre. Su quale sponda la felicità?” Terzani, Un indovino mi disse

Due mondi a parte, ma due mondi sempre più vicini, da quando nel ’94 è stato inaugurato il ponte dell’Amicizia, il primo ad unire le due sponde del Mekong. E le ruspe stanno lavorando per terminare la strada n°13, ormai quasi completamente asfaltata, che collega lungo l’asse nord-sud la Cina alla Cambogia e la n°1 che corre da est a ovest fra Thailandia e Vietnam. Dopo una graduale apertura dei suoi confini a partire dal 1985, il vecchio Laos sta lentamente cambiando: pur continuando a dipendere politicamente dal Vietnam è sempre più attratto dalle luci della Thailandia e sta attuando una politica di liberalizzazione, privatizzazioni e apertura ad investimenti stranieri.

Il Laos è sempre stato il paese più negletto e dimenticato dell’Indocina: uno stato cuscinetto tra Cina, Thailandia, Birmania e Vietnam. Durante la guerra del Vietnam, pur essendo formalmente un paese neutrale, fu teatro nella sua parte orientale, lungo il famoso sentiero Ho Chi Minh aperto dai nordvietnamiti per rifornire i guerriglieri vietcong nel Vietnam del Sud, di una guerra segreta e non dichiarata durata nove anni, durante i quali la quantità di bombe scaricate fu pari a 10 tonnellate per kmq, più di quelle sganciate sulla Germania e l’intera Europa durante la II guerra mondiale.

Prima a lungo teatro di guerre, poi rigidamente chiuso al mondo esterno per 10 anni, è il paese più povero, ma anche più intatto dell’Indocina, ancora in grado di offrire uno scorcio su un mondo come era ‘molti viaggiatori fa’. Un mondo scomparso negli altri paesi confinanti, che hanno rinunciato al proprio passato e alle proprie tradizioni per ragioni politiche, economiche o di puro fanatismo, come in Cambogia. Anche se l’antica monarchia del Lan Xang, il “Paese di un milione d’elefanti”, è stata sostituita da una democrazia popolare, i templi sono rimasti intatti, i monaci, dopo un iniziale periodo di restrizioni e divieti, rappresentano di nuovo le tradizioni più radicate del paese e il Laos è tornato ad essere una terra dello spirito. Il governo nel tentativo di coniugare tradizione e modernità, ha scelto una sorta di pragmatismo politico: negli anni ’90 ha addirittura sostituito nello stemma nazionale l’emblema della falce e martello con un disegno del Pha That Luang, lo stupa, cioè il reliquiario buddista più sacro del paese.

Nell’arte e nell’architettura si incontrano e si mescolano le due grandi civiltà asiatiche, quella indiana e quella cinese, dando vita ai templi della civiltà Mon Khmer, che più tardi creerà in Cambogia i capolavori di Angkor Wat, e ai templi buddisti in stile siamese come quelli di Luang Prabang, culla della cultura lao.

La popolazione ha varie origini: thai, birmane, cinesi, tibetane. Ci sono 68 diversi gruppi etnici con diverse lingue e tradizioni. E’ però considerata rappresentativa della cultura nazionale la metà della popolazione di etnia Lao Loum, di razza thai e di religione buddista, che vive nelle zone pianeggianti e fertili lungo il Mekong e i suoi affluenti. Gli altri gruppi, divisi poi in ulteriori sottogruppi, sono: i Lao Thai, sempre di razza thai, ma più tradizionali e di religione animista, che vivono in valli fluviali lontane dal bacino del Mekong; i Lao Theung, agricoltori seminomadi prevalentemente animisti che abitano zone di montagna a mezza costa; i Lao Sung, anch’essi animisti e seminomadi, ma che abitano zone più elevate, fra i 1000 e i 2000 metri. Vi sono poi minoranze tibeto-birmane quali gli Akha e i Phu Noi.

Nonostante le molte etnie, il Laos è un paese scarsamente popolato, occupato per il 70% da colline, altopiani e montagne in parte ancora coperte da foresta primaria. Dal momento che non ci sono ferrovie e la rete stradale è molto carente, muoversi a piedi o in barca via fiume rimane spesso l’unico modo possibile per spostarsi all’interno del paese.

Molta parte del fascino di un viaggio in Laos sta proprio nei ritmi lenti dei trekking di poche ore o di più giorni nei villaggi fra le colline del nord del paese, dove vivono le minoranze etniche ancora estranee alla modernità e dove non arriva né acqua né energia elettrica. Come indimenticabile è la discesa in barca lungo il Mekong e i suoi affluenti. Quando le nebbie del mattino si dissolvono e il sole definisce i contorni delle cose, appare un paesaggio magico ed antico: villaggi abbarbicati sulle rive, barche di pescatori, bambini che giocano allegri, cercatori d’oro che setacciano la sabbia con strumenti rudimentali, donne che coltivano gli orticelli strappati al fiume. Davvero un mondo a parte.

PERCORSO

PARTENZA: Bangkok

ARRIVO: Bangkok

KM COMPLESSIVI: Totale km 928 su strada + trekking,barca e aereo

DURATA DEL VIAGGIO: 12 giorni minimo

MEZZI DI TRASPORTO: aereo, fuoristrada, minibus,barca, trekking

Tappa 1

PARTENZA: Bangkok

ARRIVO: Houey Sai

DISTANZA: volo + km 106 via terra

TEMPO DI SPOSTAMENTO: volo 1.15′, minibus 1.30′, barca 10′

MEZZI DI TRASPORTO: aereo, minibus, barca

Da Bangkok si raggiunge in volo Chang Rai nel nord della Thailandia e in minibus il confine da dove, dopo rapide operazioni di dogana, si traghetta sull’altro lato del Mekong nella cittadina di Houey Sai, nella regione del Bokeo: davvero un salto indietro nel tempo, non solo nello spazio. Questa zona è abitata da tribù animiste vestite nei costumi tradizionali delle varie etnie fra cui Hmong (Meo), Lantan, Muser, Akha; è quindi particolarmente adatta a trekking a piedi, con eventualmente il supporto di fuoristrada, appoggiandosi alle agenzie locali come la Bokeo Travel.

Tappa 2

PARTENZA: Houey Sai

ARRIVO: Houey Sai

DISTANZA: km 20 circa

TEMPO DI SPOSTAMENTO: 7.30′

MEZZI DI TRASPORTO: piedi

ATTIVITA’: trekking

Piacevolissimo il breve trekking verso il villaggio Hmong di Houey Sala, con le donne nei tradizionali costumi. Si può fare in giornata, eventualmente utilizzando all’andata un fuoristrada e ritornando a piedi lungo un sentiero che si snoda fra le colline e i villaggi. Volendo si può pernottare nel villaggio facendo una piccola offerta: sono molto ospitali e sicuramente vi offriranno il loro semplice cibo e naturalmente il loro liquore, il lao-lao.

Tappa 3

PARTENZA: Houey Sai

ARRIVO: Muang Xai (Udomxai)

DISTANZA: tratto in barca + km 154

TEMPO DI SPOSTAMENTO: barca 2.30′, fuoristrada 6.30′

MEZZI DI TRASPORTO: barca e fuoristrada

Ci si imbarca su speed boats, lance con motore fuoribordo e fondo basso che a velocità sostenuta e con un rumore indiavolato in meno di tre ore di navigazione lungo il Mekong raggiungono Pakbeng. Il casco obbligatorio e il rumore del motore impediscono la conversazione, in compenso il paesaggio è superlativo. A Pakbeng se non si è già concordato un mezzo con un’agenzia, si cerca un passaggio su un pick up che sale al nord. La strada che corre fra villaggi, risaie e foreste monsoniche è dissestata e il tragitto si rivela piuttosto pesante.

Pernottamento a Muang Xai, una cittadina in rapido sviluppo, dove la vicinanza con il confine cinese incentiva traffici non sempre leciti e fa girare parecchio denaro, come si può dedurre dalle auto di grossa cilindrata in circolazione.

Tappa 4

PARTENZA: Muang Xai

ARRIVO: Muong Yo (Bon Yo)

DISTANZA: km 196

TEMPO DI SPOSTAMENTO: 10.00′

MEZZI DI TRASPORTO: fuoristrada

La strada incomincia a salire di quota; dopo 28 km si raggiungono delle sorgenti di acqua calda, in un paesaggio idilliaco. Lungo la strada si incontrano le prime popolazioni tribali, soprattutto donne Akha che, curve sotto il peso delle loro gerle o di pesanti carichi di legna, scendono dalle montagne per acquisti e scambi con gli abitanti degli altri villaggi. A Boun Sinxai vi è un piccolo mercato dove vendono stoffe, frutta e verdura, sigarette sciolte e pacchettini di riso avvolti in foglie di banano. Al nostro arrivo nei villaggi Akha lungo la strada i bambini accorrono festosi, mentre le donne, vestite negli abiti tipici e con splendide acconciature, se ne stanno seminascoste guardandoci curiose. I ragazzi giovani invece subiscono l’influsso del vicino modello cinese. Bellissima la campagna coltivata a riso, canna da zucchero e…papaveri. Sono piccoli appezzamenti, riconoscibili solo perché è il momento della fioritura: i papaveri sono ormai pronti per il raccolto e le donne incidono il calice per estrarne la linfa che viene utilizzata nella medicina tradizionale o anche lavorata e trasformata in oppio, in parte consumato sul posto, in parte contrabbandato attraverso Cina, Birmania e Thailandia. Si può arrivare fino a Pa Kha, il confine cinese che possono oltrepassare solo i residenti. Pernottamento a Muong Yo, in una piccola guest house animata da un girotondo di topi nelle stanze e sui tetti.

Tappa 5

PARTENZA: Muong Yo

ARRIVO: Phong Saly

DISTANZA: fuoristrada km 130, trek km 12

TEMPO DI SPOSTAMENTO: fuoristrada 6.00′, trekking 4.30′

MEZZI DI TRASPORTO: fuoristrada

ATTIVITA’: trekking

Si raggiunge Bon Neua e quindi Ngai Neua lungo una buona via sterrata. Si prosegue a piedi, attraverso una valle coltivata a riso, guadando più volte il fiume. Poi la strada incomincia a salire e in circa tre ore si raggiunge il villaggio Akha di Nam Yong: dall’alto vi è una vista splendida su di una distesa a perdita d’occhio di colline coperte di foresta primaria. Il villaggio è costituito da palafitte con tronchi di teak, muri di canne di bambù, tetti di fronde di palma, talvolta sostituite da lamiere. Qua e là vi è qualche insolita abitazione in terra cruda.

Vi abitano 270 persone e vi è una piccola scuola con 40 alunni. Vige un’economia di sussistenza fatta di consumo diretto e baratto delle eccedenze. Accolti con grande senso d’ospitalità, passerete sicuramente una delle giornate più belle del viaggio. Si ritorna alle auto e si continua fino a Phong Saly, dove si pernotta. Anche questa regione rimasta indenne da contaminazioni rispetto al confinante Yunnan cinese, meriterebbe una sosta più lunga, con trekking fra i villaggi.

Tappa 6

PARTENZA: Phong Saly

ARRIVO: Muang Goy

DISTANZA: km 20 fuoristrada + barca

TEMPO DI SPOSTAMENTO: 40′ fuoristrada, 8.00′ barca

MEZZI DI TRASPORTO: fuoristrada e barca

In auto fino a Hat Sa, poi due giorni di tranquilla navigazione sulle slow boat lungo il Nam Ou, affluente del Mekong. Non ci sono strade e il fiume finche è navigabile, è l’unica possibile comunicazione con gli altri villaggi. La nebbia si alza lentamente e svela un paesaggio magico fatto di piccoli villaggi di palafitte, orti strappati al fiume fino alla prossima piena, zattere che scorrono silenziose a pelo d’acqua appesantite dai carichi, barche di pescatori e raccoglitori di alghe, bufali pigri immersi nell’acqua… Intorno vi è una fitta foresta con ciuffi di bambù verdissimi e seminascosto dalla vegetazione, qualche campo di papaveri da oppio, dai fiori viola e bianchi, all’apparenza inoffensivi, come tutti i fiori. A Muan Khoa sosta pranzo, quindi si prosegue per Muang Goy da dove passa la strada N°1 che porta in Vietnam: riappaiono le auto, si incontrano altri occidentali e per la notte si può scegliere tra diverse guest house.

Tappa 7

PARTENZA: Muang Goy

ARRIVO: Luang Prabang

TEMPO DI SPOSTAMENTO: 5.30′

MEZZI DI TRASPORTO: barca

Nuovamente in barca, immersi nella nebbia del mattino, intirizziti per il freddo. Poi lentamente il sole definisce i contorni delle cose: lungo le rive del fiume riprende a scorrere la vita con i suoi ritmi lenti e arcaici. Si passano rapide impegnative e secche ancora più insidiose. Diventano sempre più frequenti le barche cariche di monaci: ci si sta avvicinando alle grotte sacre di Pak Ou, che si aprono su una parete di roccia a strapiombo, proprio alla confluenza del Nam Ou con il Mekong. Una sosta di circa un’ora permette la visita dell’intero complesso. Al termine di una prima gradinata vi è la grotta inferiore, dove la devozione dei fedeli ha portato centinaia di statue del Buddha, di ogni foggia e dimensione, con prevalenza di quelle nella tipica iconografia laotiana di implorazione della pioggia e contemplazione dell’albero dell’illuminazione: entrambe in posizione eretta, la prima con le mani lungo i fianchi, la seconda con le braccia incrociate sul petto. Una lunga scalinata porta alla grotta superiore profonda e buia, con altre grandi sculture del Buddha. Quindi si raggiunge l’antica capitale, percorrendo in barca  25 km sul Mekong, il grande fiume che attraversa il paese per 1865 km e dà unità alle sue mille etnie. Appare la sacra collina del Phu Si e si incominciano a scorgere i templi di Luang Prabang, che significa ‘grande Pha Bang’, dal ‘Pha Bang’, la statua d’oro del Buddha simbolo del regno laotiano, che qui fu portata nel XIV secolo, quando si diffuse nel Laos il buddismo di scuola theravada, quella cioè più antica e ascetica.

Tappa 8

PARTENZA: Luang Prabang

ARRIVO: Luang Prabang

DISTANZA: –

TEMPO DI SPOSTAMENTO:-

MEZZI DI TRASPORTO: bicicletta, tuk tuk

Bastano poche ore per farsi catturare da quest’antica capitale definita all’inizio del secolo il “rifugio degli ultimi sognatori” e inserita dall’UNESCO nei luoghi patrimonio dell’umanità, in quanto la città meglio conservata del sud-est asiatico.

La città è piccola e ci si muove tranquillamente a piedi o in bicicletta. Le vecchie case laotiane in legno si alternano ad edifici coloniali in mattoni e stucco; moltissime le palme da cocco che danno alla città un tocco esotico, mentre i due fiumi, il Mekong e il Nam Khan, le donano l’aspetto languido di tutte le città fluviali. Sono rimasti più di 30 templi, di tipologia siamese, con le falde che arrivano quasi fino al suolo. Alcuni sono davvero spettacolari, come il Wat Xieng Thong, il cui Sim è il miglior esempio di architettura sacra nello stile locale, con templi e stupa ricoperti di lamine d’oro, mosaici e dipinti in oro su fondo nero, porte in legno intagliato e molti Buddha, fra cui una rara statua in posizione distesa in puro stile laotiano. Interessante anche il Palazzo Reale ora trasformato in museo. I monasteri sono in genere composti da un sim -la pagoda sacra dove è custodita l’immagine principale del Buddha-; da altre pagode chiamate wat, reliquiari detti stupa o that, casette dei monaci, librerie, scuole.

Dopo la gente e i paesaggi del nord, Luang Prabang sembra quasi una metropoli: ci sono acqua calda ed elettricità, il che è certo positivo, ma anche antenne paraboliche che spuntano dalle vecchie case, un traffico ancora scarso, ma disordinato e parecchi turisti, soprattutto giovani un po’ freak che qui trovano un inverno mite, prezzi bassi e il fascino dell’oriente unito a deliziosi coffee shop a misura di occidentali.

Nei villaggi vicini le donne tessono su vecchi telai le colorate stoffe di seta e di cotone in vendita nei negozietti e nei mercati della città e gli artigiani creano una carta con inserti di fiori e foglie, che è una vera opera d’arte. A Ba Phanom c’è un bellissimo mercato coperto di tessuti, ma i prezzi sono simili a quelli in città. Poco distante la tomba di Henri Mouhot, lo scopritore di Angkor Wat. Più lontane, raggiungibili in tuk tuk, le cascate di Kuang Si, in mezzo a una rigogliosa vegetazione.

Per respirare la profonda spiritualità della città bisogna alzarsi prima dell’alba, quando lunghe file di monaci nelle loro tuniche arancio e zafferano percorrono le strade raccogliendo le offerte di riso e cibo dalle donne inginocchiate: rallentano appena il passo, il tempo per le donne di infilare nella loro scodella un pugno di riso o un frutto o un dolce, poi si allontanano veloci e silenziosi come erano venuti, senza una parola o un sorriso di ringraziamento. E’ il Tak Bat, la questua dei monaci, proibita dal governo dopo la presa del potere da parte del Fronte Patriottico, ma quasi subito ripristinata sotto la pressione della popolazione, restia a rinunciare alle proprie pratiche religiose. La sera si sale invece sulla collina del Phu Si per guardare il sole tramontare sui tetti d’oro dei templi. Quanto fermarsi in questa magica città? Uno, due, tre giorni…per quanto a lungo possiate fermarvi, ve ne andrete sempre con un profondo senso di nostalgia.

Tappa 9

PARTENZA: Luang Prabang

ARRIVO: Vientiane

TEMPO DI SPOSTAMENTO: 1.00′

MEZZI DI TRASPORTO: aereo, tuk tuk

Si parte in aereo per Vientiane, l’attuale capitale dall’aria piuttosto provinciale, ma con ormai evidenti i segni del cambiamento in atto. Le nuove costruzioni hanno preso il sopravvento sui pochi edifici coloniali che ancora sopravvivono lungo le rive del Mekong. Ancora si possono vedere diverse pagode in mattoni ricoperti di malta ocra, con tetti spioventi e sovrapposti: da non mancare una visita al Wat Si Saket, il tempio più antico, con i muri interni coperti da nicchie che custodiscono più di 6000 immagini di Buddha e al Pha That Luang, il grande stupa sacro simbolo del Laos. Se avete tempo potete spingervi al Xieng Khuan, un parco con bizzarre statue in cemento di divinità buddiste e hindu. Il posto migliore per gli acquisti sono il mercato mattutino di Talaat Sao e i negozi di artigianato e arte lungo Samsenthai Rd. La sera il lungofiume è piuttosto animato, ma fortunatamente lontano anni luce dal lunapark di Bangkok.

Tappa 10

PARTENZA: Vientiane

ARRIVO: Don Khong

DISTANZA: volo + km 155

TEMPO DI SPOSTAMENTO: aereo 1.40′, bus 3.30′, traghetto 30′

MEZZI DI TRASPORTO: aereo, bus, barca

Altro volo, questa volta all’estremo sud, verso il confine con la Cambogia. Si atterra a Paksè e in bus ci si dirige verso Si Phan Don “quattromila isole”, dove il Mekong, qui largo 14 km, forma durante la stagione secca centinaia di isole, di cui alcune permanenti e abitate stabilmente. Per via fiume si impiegano 8 ore, mentre percorrendo la strada ormai quasi completamente asfaltata, sono sufficienti 3 ore. Una soluzione intermedia è arrivare in barca fino alle rovine di Wat Phu, un tempio khmer del XII secolo a 8 km da Champasak e poi proseguire in bus.

Se si va via terra, a Ban Muang si traghetta con il bus su un’improbabile chiatta galleggiante e quindi si prosegue per 5 km fino a raggiungere Wat Phu, il “tempio della montagna”. Il sito è raccolto, se paragonato ad Angkor Wat, ma l’atmosfera è davvero magica. Attraverso antichi scalini bordati da alberi fioriti di frangipane e plumeria, si passa da un livello inferiore a un livello intermedio con padiglioni in arenaria, per giungere infine al livello superiore dove c’è un santuario che una volta custodiva il fallo di Shiva (lingam), poi sostituito da statue in arenaria rosa di un Buddha dall’aria stupita. Il luogo è oggi protetto dall’UNESCO e durante il plenilunio di febbraio vi si svolge una grande festa.

Si traghetta nuovamente e si prosegue in bus per Hat Sai Khun di fronte all’isola di Don Khong, la maggiore delle centinaia di isole. Qui si lascia il bus e in barca si raggiunge la riva opposta dove nel piccolo centro di Muang Khong sorgono diverse guest house con una impagabile vista sul fiume.

Tappa 11

PARTENZA: Don Khong

ARRIVO: Don Khong

TEMPO DI SPOSTAMENTO: barca 4.00′, bus 45′, trek 1.00′

DISTANZA: bus km 25, trek km 8

MEZZI DI TRASPORTO: barca, bus, bici e a piedi

ATTIVITA’: passeggiata e bicicletta

Da Don Khong si parte in barca per esplorare l’intrico di canali e di isole di questo ‘delta interno’ Dopo alcune ore di rilassante navigazione, si sbarca sulla tranquilla isola di Don Khon, da dove in circa un’ora di cammino si possono visitare le cascate di Somphamit, seguendo il percorso della vecchia ferrovia francese costruita per superare le rapide. Ci si può fermare a pranzare in uno degli ottimi ristorantini dell’isola. Si prosegue in barca fino a Ban Nakasong, dove in bus si percorrono i 15 km fino alle cascate di Khon Phapheng. Da lì si rientra via terra traghettando poi per rientrare alla guest house. L’ora del tramonto è l’ideale per un giro in bicicletta fra i templi e le risaie dell’isola, in un paesaggio senza tempo, dove  gli uomini arano i campi con vecchi aratri trainati dai bufali, le donne trapiantano il riso e i pescatori con gesto largo ed antico, gettano le reti. Ancora una volta è difficile dire quanto fermarsi in questo luogo: un giorno può essere sufficiente per vedere, ma certo non  per vivere la profonda magia del posto ed abbandonarsi ai suoi ritmi lenti.

Tappa 12

PARTENZA: Don Khong

ARRIVO: Bangkok

DISTANZA: km 126 + barca + aereo

TEMPO DI SPOSTAMENTO: bus 6.30′, aereo 1.00′

MEZZI DI TRASPORTO: bus, barca, aereo

Lasciata l’isola, si ripende il minibus e inizia il lungo rientro. Lungo la strada c’è il tempo per un’ultima visita a Um Tomo, le rovine di un tempio khmer in una bella foresta. A Paksè si traghetta sul Mekong e quindi si raggiunge il confine dove si deve lasciare il minibus. Lunghe file di camion carichi di enormi tronchi di mogano e teak aspettano di passare la dogana ed è inevitabile chiedersi quanto ancora dureranno le splendide foreste laotiane. Passata la frontiera si rientra in Thailandia e con un altro autobus si raggiunge l’aeroporto di Ubon Ratchani, da dove si vola su Bangkok.

COMMENTO AL VIAGGIO

L’itinerario proposto è fattibile nei tempi indicati, ma il viaggio assumerebbe un ritmo più rilassato se articolato su tre settimane.

Il nord del paese è privo di infrastrutture, ma è la parte più interessante del viaggio. Per visitare questa zona è consigliabile farsi accompagnare da una guida-interprete e noleggiare un fuoristrada, che permette un enorme risparmio di tempo e maggior libertà.

Una possibile variante all’itinerario per visitare la regione di Luang Nam Tha abitata da diverse etnie fra cui Akha-Ekor, Lao, Lu e Lao Houay, è andare da Houey Sai a Luang Nam Tha in pick up per la strada n°3 (sono 200 km, circa 6 ore di viaggio, da evitarsi durante la stagione delle piogge) e proseguire per Muang Xai, ricollegandosi quindi all’itinerario indicato.

Un’altra possibile destinazione non compresa nell’itinerario è la Piana delle Giare nella zona di Phonsavan, famosa per le giare di pietra risalenti alla preistoria e per i residuati della guerra indocinese (vi passava il Sentiero Ho Chi Minh). Alternativa valida quando il nord del paese non è praticabile per le piogge.

 

SCHEDA

Estensione: kmq 236.000.

Abitanti: 4.750.000.

Ordinamento dello stato: Repubblica Socialista, Capitale: Vientiane.

Religione: 85% buddista, 15% animista.

Moneta: kip, ma sono accettati anche baht tailandesi per spese più consistenti e dollari per grosse cifre (voli, ecc.). Possibile cambiare in banca o da cambiavalute autorizzati, ad un tasso leggermente inferiore. U$.1=Pik 7500., Pik 1=£.0,23.

Lingua: lao e dialetti lao;abbastanza parlati il francese e l’inglese.

Fuso orario: + 6 ore (+ 7 se in Italia è in vigore l’ora legale).

Documenti necessari: passaporto valido per almeno sei mesi con visto turistico (validità 15 giorni, ma può essere esteso); si può ottenere anche ai principali posti di confine, con l’aiuto di una delle molte agenzie autorizzate, cui si può eventualmente inviare via fax nome e numero del passaporto in anticipo per rendere più rapide le procedure; il costo è intorno ai $.50. All’interno del paese ci si può muovere liberamente, senza controlli o timbri come nel passato.

Telefono: dall’Italia 00856 + prefisso senza lo zero + numero; per l’Italia 0039 + numero. Si possono acquistare comode schede prepagate e telefonare dalle cabine abilitate alle comunicazioni internazionali. GSM: nessun roaming internazionale.

Usanze particolari: togliersi le scarpe prima di entrare in una casa o in una pagoda; quando seduti, non sedersi con i piedi rivolti verso una persona; non accarezzare la testa dei bambini, è la parte più sacra del corpo; salutare con un lieve inchino, le mani giunte sul petto e la parola “sa-bai dii; non vestire succintamente. Bisogna essere ancora più attenti agli usi e alle tradizioni nei villaggi tribali: chiedere agli abitanti il permesso di entrare e poi rivolgersi al capovillaggio; non toccare altari, totem e nemmeno le porte del villaggio perché verrebbero contaminati e dovrebbero essere purificati con riti appositi; trattenersi dal fare baratti o dal donare oggetti: se lo si desidera si può fare un’offerta al capovillaggio.

Come arrivare

Aereo: da Bangkok e altre città dell’Indocina e della Cina a Vientiane. Recentemente anche l’aeroporto di Luang Prabang è stato aperto ai voli internazionali da Bangkok e Chang Mai; in alternativa si può volare su Chang Rai (nord Thailandia) o su Ubon Ratchani (sud Thailandia) e raggiungere il confine via terra.

Treno: comodi treni notturni con cuccette da Bangkok per Nongkhai oppure per Ubon Ratchani, da dove si procede in taxi fino al confine e quindi a Vientiane o Paksè.

Auto: difficoltoso passare il confine con la propria auto.

Trasporti interni

Non esistono ferrovie, la rete stradale è poco sviluppata, discreti i collegamenti aerei, molto sviluppati quelli fluviali.

Aereo: voli con la Lao Aviation, generalmente con ATR 42 per le principali città; necessario prenotare appena possibile.

Auto: La spina dorsale del Paese è la statale n°13, lunga 1370 km e ormai completamente asfaltata e sicura, che unisce Pak Mong nel nord a Khong nel sud, attraversando le maggiori città. Ci vogliono circa 10 ore per coprire i 420 km che dividono Luang Prabang da Vientiane. Il resto del sistema stradale è arretrato, in gran parte sterrato, percorribile soltanto con fuoristrada e, soprattutto nel nord, impraticabile durante la stagione delle piogge. Il traffico è scarso, ma senza regole. Possibile soprattutto al nord concordare passaggi con pick up o camion, spesso attrezzati al trasporto passeggeri con l’aggiunta di due panche sul cassone o noleggiare auto e fuoristrada con autista. In città molti tuk tuk, una sorta di Ape.

Pullman: soprattutto nelle aree intorno ai centri maggiori, pochi quelli che coprono distanze lunghe.

Barca: il Mekong e diversi suoi affluenti sono navigabili, ma durante la stagione secca, da febbraio in poi, il livello dell’acqua troppo basso impedisce la navigazione alle barche veloci (speedboats) e in diversi tratti, a qualsiasi tipo di imbarcazione.

Trekking: parecchi i trekking di uno o più giorni possibili sulle montagne del nord, dormendo nei villaggi dove gli abitanti sono molto ospitali. Consigliabile farsi accompagnare da una guida-interprete e volta per volta anche da una guida locale che conosce meglio i sentieri e parla il dialetto della tribù.

Clima e periodo indicato per il viaggio: il monsone arriva tra maggio e luglio e dura fino a novembre; poi inizia la stagione secca che dura fino ad aprile. La temperatura dipende anche dall’altitudine, ma in marzo-aprile raggiunge i 40°, mentre a dicembre-gennaio sulle colline a nord del paese scende anche a zero gradi. Il periodo migliore per viaggiare va da novembre a febbraio. A metà aprile durante il plenilunio si festeggia il Pi Mai, il festival buddista del nuovo anno: a Luang Prabang vi sono sei giorni di cerimonie e processioni.

Bagaglio/abbigliamento: gli spostamenti sono frequenti e spesso scomodi, quindi ridurre il bagaglio al minimo. Non dimenticare una torcia elettrica con batterie di ricambio (manca spesso la luce) e salviettine igieniche (nei villaggi, soprattutto del nord, i servizi igienici sono in comune, senza acqua calda né docce; la gente normalmente si lava nei fiumi); consigliabile il sacco a pelo o il sacco lenzuolo; portare indumenti caldi per il periodo invernale e scarpe tipo pedule.

Salute: non sono richieste vaccinazioni, ma è consigliabile vaccinarsi contro epatite e tifo e fare la profilassi antimalarica clorochinoresistente (nel periodo freddo e secco però si vedono pochissime zanzare). E’ illegale la detenzione e l’uso di droghe, ma la coltivazione del papavero e l’uso dell’oppio sono ancora molto diffusi nel paese.

Furti/Pericolosità: Vi sono ancora episodi di banditismo nella zona orientale del paese.

Costo della Vita: per alloggio e trasporto esiste un doppio sistema di prezzi per locali e turisti; il costo della vita è comunque sempre molto basso per i nostri parametri: per un pasto si spendono $.2-5 a persona, per un pernottamento $.1-2 (dormitori), $.5 (guest house), $.15 o più (hotel) a persona.

Acquisti in loco: Stoffe in seta e cotone con disegni originali utilizzati dalle donne come scialli o gonne, sciarpe in seta cruda dalle mille tonalità, carta fatta a mano con inseriti fiori e foglie, oggetti in argento e d’antiquariato. Ricordarsi che è proibito esportare immagini del Buddha e oggetti antichi. I posti migliori per gli acquisti sono i mercati o i negozi di Luang Prabang e Vientiane; è possibile contrattare il prezzo, ma con gentilezza e senza insistenza.

Orari pubblici esercizi: gli uffici aprono generalmente alle 8.00 e fanno una pausa per il pranzo; le banche sono aperte dalle 8.30 alle 15.30; i mercati iniziano prima dell’alba.

Cucina/Bevande: la cucina è simile a quella cinese e vietnamita, elemento base è il riso, anche in una variante collosa; molto comune a qualsiasi ora del giorno è il foe, una zuppa di tagliolini di riso, servita con mentuccia e lattuga. Ovunque si trova acqua in bottiglia e birra, caffè solubile o filtrato, the nero o verde e un distillato di riso chiamato lao lao, la cui offerta non si può assolutamente rifiutare.

Vita notturna: totalmente assente.

Sesso: nonostante la vicinanza con la Thailandia, non vi è prostituzione.

Elettricità, pesi e misure: 220 volts, ma la luce elettrica in molti villaggi soprattutto al nord non è ancora arrivata o viene comunque tolta alle 22.00. Sistema metrico-decimale.

Accessori per fotografia utili: si trovano pellicole per stampe, difficilmente per diapositive. Chiedere sempre il permesso prima di fotografare, soprattutto nei villaggi.

Guide consigliate: Laos, EDT-Lonely Planet, 1999, molto completa e aggiornata; Laos, Calderini 1997, di Polidori. Carta: Laos Travel Atlas, 1:1000000, Lonely Planet oppure Laos 1:1200000, International Travel Maps.

MANGIARE, DORMIRE, DIVERTIRSI

Nel nord del paese le sistemazioni sono in alberghetti o guest house o dormitori: inutile trascrivere gli indirizzi o i commenti, perché non c’è scelta. Possibile, con un po’ di spirito d’adattamento, fermarsi a dormire presso le comunità tribali, dove vi è un forte senso dell’ospitalità. Al nord cibo è piuttosto monotono, per cui sarebbe consigliabile portare qualche scatoletta dall’Italia. Da Luang Prabang in avanti c’è ampia scelta, sia per il pernottamento che per il cibo.

I prezzi si riferiscono a stanze doppie con bagno

BIBLIOGRAFIA

-Del Corona, Strade di Bambù, EDT.

-Arbasino, Mekong, Adelphi.

-Galasso, Fiabe del Vietnam, del Laos e della Cambogia, Mondadori

-Ruggeri, Farfalle sul Mekong, Feltrinelli (solo l’ultimo capitolo sul Laos).

Di Anna Maspero Da Marcopolo Guidaviaggi -n.17/2000

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1 Comment
  1. Rispondi

    Pino

    07/03/2008

    Cara anna,
    ho apprezzato il tuo resoconto di viaggio e anche l’impostazione del tuo sito.
    Ora il visto per il Laos è di 30 giorni, estensibili.
    Un abbraccio
    Pino

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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