America Latina: cronaca di una crisi annunciata
Riprendo il titolo di un libro di Márquez perché in fondo questa crisi che coinvolge l’intero Latinoamerica era una crisi annunciata, anche se ci ha colto in parte di sorpresa, soprattutto quanto sta accadendo in Cile. L’intero continente non riesce a uscire dai problemi che storicamente l’affliggono: violenza, violazione dei diritti umani, forti diseguaglianze sociali, fragilità della democrazia, corruzione e incompetenza dei governi. Dopo il lungo periodo delle dittature militari degli anni ‘70-‘80 si è tornati formalmente alla democrazia e alle elezioni parlamentari, ma il sistema sociale, politico e culturale è rimasto in molti casi invariato. Le ultime elezioni stanno disegnando una nuova mappa del continente con le forze conservatrici e neoliberiste maggioritarie e un po’ ovunque il rafforzamento di movimenti integralisti. Dopo anni di crescita grazie soprattutto all’aumento del prezzo delle materie prime, il crollo del petrolio e la crisi finanziaria a livello mondiale hanno portato a una battuta d’arresto nell’economia di paesi che scontano la loro dipendenza economica da multinazionali e grandi potenze, con le inevitabili ripercussioni sociali.
Ci sono milioni di emigrati dal Venezuela in crisi e in balia di se stesso. La corruzione in Perù ha portato allo scioglimento del Parlamento con l’indizione di nuove elezioni, tre ex presidenti arrestati, uno latitante e uno suicida. In Colombia l’accordo del 2016 con le Farc è fragile, i gruppi armati conquistano terreno, la produzione di cocaina aumenta e la campagna elettorale per le elezioni dipartimentali e comunali del 27 ottobre è stata insanguinata da omicidi selettivi di candidati, attivisti, leader sociali e comunitari. Anche l’Argentina domenica torna alle urne ma il paese è sull’orlo del default e il tasso di povertà è al record storico del 35%. In Ecuador e in Cile è stata violentissima la repressione delle manifestazioni contro l’alto costo della vita e la povertà diffusa. In Cile le proteste sono ancora in atto e la gente innalza cartelli con scritto “non sono 30 centesimi, sono 30anni”. In Bolivia, il paese che insieme all’Uruguay negli anni recenti è riuscito a migliorare l’economia e le condizioni di vita della parte più povera della popolazione, il governo è parzialmente delegittimato dopo un referendum annullato ed elezioni con accuse di brogli nella rielezione di Evo Morales, il presidente “indio” la cui forza appare logorata dalla lunga permanenza al potere. Solo l’Uruguay oggi è un’oasi di tranquillità, ma le elezioni del 27 ottobre potrebbero aprire scenari diversi. Qui un articolo che dà un quadro generale del continente mentre in questo si affronta più in specifico la situazione della Bolivia.
Alle fiamme che hanno illuminato le proteste, si sommano quelle che hanno divorato immense porzioni di foresta amazzonica soprattutto in Brasile e in Bolivia causate da incendi nella maggior parte dei casi appiccati per aumentare le aree da destinare a coltivazioni e allevamento, con gravissime conseguenze anche sulle popolazioni originarie. E si sommano problemi sociali come la massiccia emigrazione soprattutto verso gli Stati Uniti. Trump promette nuovi muri (anche in Colorado che confina con il New Mexico!) e noi? L’America Latina è tornata alla ribalta sui giornali e nelle cronache televisive. La speranza è che l’epilogo non sia quello tragico di “Cronaca di una morte annunciata“.
Anna