Lo sguardo dell’altro
“Dietro ad ogni immagine c’è una storia, ed è la storia che voglio incorniciare, comporre nel modo più essenziale ed interessante possibile” (Steve McCurry)
Condivido il post di Desirèe Segurtà da il reporter sulla splendida mostra di Steve McCurry. E’ un invito a tutti gli amici a non perderla. Non solo per la suggestione dell’allestimento ma soprattutto per la forza delle foto, capaci di cogliere la bellezza e la speranza anche nella sofferenza e nella tragedia della guerra. Anna
Palazzo della Ragione, Milano, fino al 31-01-2010
Sento gli occhi di Sharbat Gula puntati su di me. Non riesco ancora a vederla ma so che, da qualche parte nelle sale di Palazzo della Ragione a Milano, il suo sguardo penetrante mi osserva. Sharbat Gula è la ragazzina dagli occhi verdi, ritratta dal fotografo Steve McCurry nel campo profughi di Peshawar, Afghanistan, nel 1984 e diventata simbolo della tragedia del suo Paese in quegli anni. All’autore di quello scatto e alla sua incredibile capacità di fermare l’istante, è dedicata la retrospettiva Sud-Est appena inaugurata a Milano.
Nel suggestivo allestimento predisposto per l’occasione, la colonna portante della Sala della Ragione diventa tronco di un albero dal quale si diramano cartelli crocevia che rimandano alle sezioni della mostra: l’Altro, il Silenzio, la Guerra, la Gioia, l’Infanzia, la Bellezza. Oltre 200 scatti nei quali, in un insolito gioco delle parti, lo spettatore osserva e viene “osservato” dai protagonisti delle fotografie.
Il mosaico di esperienze umane viene ricomposto in tutta la sua forza evocativa: il ritmo dell’esistenza si alterna alle immagini strazianti delle guerre che sconvolgono il Sud Est del mondo. E così la pesca sulle coste dello Sri Lanka, la preghiera, il riposo su un’amaca si mescolano agli animali immersi nel petrolio e ai corpi carbonizzati del Kuwait, alla desolazione dei campi profughi. Non c’è retorica in questa carrellata d’immagini. Steve McCurry trasfigura poeticamente anche la guerra.
Già, la Guerra. Il dramma dell’umanità contro l’umanità è il fulcro centrale della mostra. Che si lega in maniera indissolubile al tema dell’Infanzia rubata, con i volti seri e disperati dei bambini soldato. Nelle loro piccole mani pesano enormi fucili e pistole automatiche: la naturalezza con cui reggono quegli strumenti di morte, che li hanno risucchiati a forza in un mondo troppo grande per loro, lasciano sgomento lo spettatore.
Ma come la fenice risorge dalle proprie ceneri, così fa l’uomo uscito dalla guerra. Torna la serenità, torna la Gioia: qui McCurry vuole cogliere il fluire festoso della vita. Spazio a piccoli monaci tibetani, alla liberatoria risata su una spiaggia brasiliana, ai racconti di un nonno al nipotino.
Ecco infine la Bellezza. Ed ecco Sharbat Gula. Il verde dei suoi occhi esplode dalla carnagione olivastra e dentro al chador porpora che le incornicia il viso. Sono iridi piene di paura e sprezzo per chi ha lacerato la sua vita. Uno sguardo diventato simbolo della condizione di tutti i rifugiati del mondo, dopo la copertina del National Geographic nel 1985. Nel 2002 McCurry ha cercato e ritrovato Sharbat, che non aveva più visto dopo lo scatto. I segni del tempo non hanno intaccato quel volto fiero.
Sempre nel 2002, Steve McCurry ha trovato l’erede di Sharbat. Occhi acquamarina, pelle di luna e velo azzurro: la nuova icona del nostro tempo è una bambina pakistana dallo sguardo intenso e rassegnato. I suoi occhi, come quelli di tutti i volti della mostra, ti parlano: e ti chiedono di non dimenticarli.
Desirèe Segurtà
roberto
Condivido, la mostra di Mc Curry è una cosa fantastica davvero non perdetela. Fotografo eccezzionale e l’importante esserci al momento giusto. Per quanto riguarda gli spazi credo che sono un pò stretti e si poteva fare un pò di più. Complimenti per quanto riguarda il commento è proprio vero quello che dice nell’introduzione: Sento gli occhi di Sharbat Gula puntati su di me……. devo dire che non potuto fare a meno di acquistare il poster e non è detto che magari prima della chiusura ci tornerò
Roberto