Ma Io perchè Viaggio?
Sempre più me lo chiedo. Mentre mi preparo a partire; nel momenti dl pausa dove si alternano entusiasmi e stanchezze; nello scaricarsi della tensione al ritorno.
Io, tutti noi, perché viaggiamo?..
Avevo cominciato a rispondermi nel precedente articolo, dal titolo Doctor Livingstone, I presume.(AM giugno-ottobre ‘89) e, tracciando una linea ideale dall’esploratore ai viaggiatore al turista, concludevo che nonostante il dilagare dei .turista per caso., mi sembrava ci fosse ancora spazio per il viaggiatore e per l’Avventura, se disposti a viverla davvero con quel tanto di futuro e dl ignoto che il nome porta in sé.
In quest’ultimo anno, percorrendo gli spazi vuoti dal Kalahari al sud della Tunisia, dalla Baja California al plateau australiano, ho letto gli appunti dl viaggio di un vagabondo d’eccezione, Bruce Chatwin, e la mia linea ideale si è arricchita di un’altra figura quasi magica, quella del viandante.
Esploratore: figura ormai estinte in un mondo In cui non sembrano esistere più angoli da scoprire.
Turista: figura in rapidissima espansione in un mondo dove li viaggio è diventato un’industria primaria. Turista è colui che per mancanza dl tempo o di strumenti adeguati, sceglie di ‘lasciarsi viaggiare., farsi condurre In uno o più luoghi, possibilmente con Il minimo di imprevisti e il massimo comfort e con li filtro dl organizzazioni e accompagnatori professionisti.
Viaggiatore: turista con manie di protagonismo? O in vena di masochismo? O che fa ‘viaggi intelligenti.? io definirei viaggiatore colui che mette in movimento la propria mente. Per assurdo può essere viaggiatore anche colui che spazia con la mente lasciando li corpo immobile. Scrive Ceronetti: — Non c’è viaggio se non c’è il pensiero — e Goethe in Viaggio in Italia’: —Nulla si può paragonare alla novella vita che l’osservazione di un paese nuovo infonde nell’uomo che pensa. Sebbene Io sia sempre lo stesso, mi sembra di essere mutato fino al midollo delle ossa.
Non vi è viaggio se la mente rimane ancorata al luogo di partenza, vi è solo un corpo inutilmente e penosamente trasferito da un posto all’altro. Meglio sarebbe una tranquilla vacanza relax in qualche luogo ameno per riposare Il corpo e, forse, anche ricreare lo spirito. Pensare vuoI dire cercare di dare un ordine, un senso alla massa incoerente di luoghi e persone che scorrono accanto, perché queste immagini acquistano significato solo se il viaggiatore e’ in grado di darglielo. Pensare vuol dire avere delle aspettative, verificarle, trarne (o non) conferma. E ciò va ben oltre il solito refrain del ritorno: “ Bello, ma mi aspettavo qualcosa di diverso”.
Viandante: colui che non segue una strada, non ha una meta, ma si costruisce giorno dopo giorno, solo, il proprio cammino.
“Caminante son tus huellas el camino, y nada màs” scrive Machado con parole di poeta (Il cammino sono le .tue orme, e nient’altro). Bruce Chatwin, teorizzatore del nomadismo come origina e autentica dimensione umana, scrive: in tibetano la definizione di essere umano è ‘a Gro ba’, ‘viandante., ‘che fa migrazioni.. Analogamente un rab’ (beduino) è un abitatore di tende. (The Songlnes), Ritroviamo questo stesso concetto dl uomo-viandante nella perlomeno strana somiglianza delle due parole greche eìmì essere e eimì viaggiare. E nelle parole di Nietzche: — Chi, anche solo in una certa misura, è giunto allo libertà della ragione, non può sentirsi sulla terra nient’altro che un viandante, non un viaggiatore diretto a una meta —- Cui fa eco Hesse: — Tu non pervieni a trovare per il troppo cercare. Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere uno scopo. E chi volesse potrebbe leggersi o rileggersi la letteratura americana “on the road” degli anni ‘60.
E Io chi sono? Io, tutti noi, chi siamo?
Forse viaggiatori in difficile equilibrio fra il turista e il viandante. Viaggiare con AM non è una vaccinazione contro Il rischio di fare in turista. È vero che i capigruppo non sono dei professionisti, ma degli .esperti che vivono il viaggio non come lavoro, ma come piacere e conoscenza. E’ vero che gli Itinerari sono talvolta delle vere e proprie prime da costruirsi e che comunque sono sempre flessibili. È vero che disagi e imprevisti spesso non mancano, perché altro non sono che l’inevitabile altra faccia dell’Avventura, cioè del viaggiare senza che tutto sia stato in precedenza previsto, prenotato, premasticato e predigerito. (NB: con questo non sto dicendo che i disagi debbono diventare lo scopo del viaggio!). Ma è anche vero che sempre più spesso chi si iscrive al viaggi di AM pretende di trovare, con io sconto, ciò che offrono altre organizzazioni turistiche tradizionali. Da qui l’invito ricorrente all’autoselezione prima e allo spirito d’adattamento durante, per non rovinare il viaggio a sé e al compagni.
Viaggiando in gruppo, con dei limiti di tempo e delle mete da raggiungere, anche se non un itinerario preciso, è d’altra parte difficile, se non impossibile, essere viandante. Questo non ci impedisce però di far nostre alcune delle caratteristiche dei viandante: l’accontentarsi dell’essenziale, la flessibilità dell’itinerario, il vivere Il viaggio come protagonisti e non semplici comparse, il piacere di camminare a piedi, l’accettazione degli Imprevisti (N.B: ‘to travel’, viaggiare deriva da ‘travail’, lavoro fisico e mentale, sforzo).
Si tratta allora di far diventare il viaggio, come per il viandante, ricerca fuori e dentro se stessi, momento di unione fra vita e conoscenza e quindi trasforma;ione, recuperandone l’aspetto più vero e originale di viam agere = fare strada e di ‘progress’ (‘viaggio. in Middle English) = progredire.
La riflessione continua… Anna Maspero pubblicato sulla rivista Avventure nel Mondo – 1992