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Mangiare un gelato è reato

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24/04/2009

Dopo l’approvazione a Lucca di un regolamento per cui non è ammessa, all’interno del centro storico, l’apertura di ristoranti etnici, anche la Lombardia si mette al passo con il nuovo trend e vara quella che è stata soprannominata la “legge antikebab”. Una multa fino a tremila euro per chi consuma cibo in strada. Qualcuno ha scritto che in Italia abbiamo perso il lume della ragione. Sicuramente abbiamo perso il senso del ridicolo. Anche se è improbabile che questa legge possa essere applicata, è grave il solo fatto che sia stata varata. Giusto regolare l’emissione di licenze di apertura di nuovi locali, multare quelli con carenze igieniche o gli avventori che sporcano (magari qualche cestino per i rifiuti in più sarebbe però un aiuto). Ma per questo le leggi ci sono già, basta farle rispettare. E non lo si fa con l’intolleranza. La “legge antikebab”, nata con intenti discriminatori verso i cibi etnici (ma a suo tempo erano etnici o stranieri anche patata, pomodoro, caffè, peperoncino…), di fatto penalizza e criminalizza il cibo da asporto e lo street food. Il cibo di strada ha una lunga tradizione di cultura e creatività. Anche in Italia. La pizza al taglio, la farinata, la focaccia di Recco, i panzerotti, le piadine, i gelati, le caldarroste…  E’ un modo per godersi la città, per viverla, è un momento di aggregazione soprattutto per i giovani, una festa per i piccoli e per quelle tante famiglie che non possono permettersi il costo di una cena seduti. Con queste leggi si svuota e si devitalizza la città e cresce non la sicurezza ma l’intolleranza. Non voglio difendere il fast food, visto che apprezzo quel fenomeno così italiano (nonostante il nome) che è lo slow food. Personalmente, a casa e in viaggio, cerco di mangiare cibo del posto ed evito le catene internazionali. Ma la mia è una scelta, non un obbligo. E comunque volentieri e ovunque assaggio lo street food. Ovunque ad eccezione della Lombardia dove finiremo tutti a mangiarlo di nascosto chiusi in un cesso (potremmo lanciare un neologismo, il “toilet food”!!). E non perché ammalati di bulimia, ma per evitare il sovrapprezzo applicato alle consumazioni al tavolo e la multa salata di un vigile zelante se ci azzardiamo ad uscire dal locale. I cartelli con scritto  “gelato da passeggio”  sono diventati di fatto un’istigazione a delinquere. Chissà se dovranno multare solo il nonno che ha offerto il gelato al nipote o se sono punibili anche i minori… ma una soluzione c’è, andiamo tutti nei centri commerciali, lì potremo ancora provare il piacere proibito di passeggiare con un gelato in mano!

A.M.

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3 Comments
  1. Rispondi

    vari

    26/04/2009

    DA FB

    Luigi alle 20.11 del 24 aprile
    …sì, dovremo fare la coda …ma non sarà permesso neppure lì… 🙂 Bravissima Anna, come sempre…

    Maurizio alle 20.27 del 24 aprile
    c’è da interrogarsi sul grado di intelligenza di alcuni nostri amministratori … e la risposta è avvilente!!

    Monica alle 21.48 del 24 aprile
    Interroghiamoci pure sulla loro intelligenza, ma, alla fine della fiera, chi è + stupido……chi è al potere o chi li elegge???

    Elisa alle 11.13 del 25 aprile
    …purtroppo chi li elegge….e sono davvero tanti ahimè….

    Lavinia
    Che dire….. semplicemente penoso! L’intelligenza illumina la stupidità abbaglia!

  2. Rispondi

    SANDRO APRIGLIANO

    01/05/2009

    Posso in parte condividere questa ordinanza proprio perchè il più delle volte si tratta di una dilagante maleducazione, nessuno avrebbe niente in contrario se qualche turista o abitante locale si mangia un gelato,un panino o un trancio di pizza per strada e dopo essersi rifocillato lasciasse gli avanzi negli appositi cestini, che il più delle volte ci sono, ma quando i principali monumenti si trasformano in bivacchi, fogli di carta, lattine e bottiglie lasciate sui gradini del sagrato del Duomo o di altre chiese, o lungo le principali vie del centro allora la cosa cambia, Firenze in questi ultimi tempi è degradata in modo pazzesco e penso che sia un male comune a tante altre città d’arte italiane. Tu abiti a pochi passi dalla Svizzera, mi sembra di ricordare quando ci sono stato di non aver visto un foglio per terra, puoi confermarmelo, nessuno si sognerebbe di buttare o lasciare immondizia per terra passeggiando per Lugano,Zurigo o Ginevra senza arrivare alle allucinanti regole di Singapore dove non puoi buttare nemmeno una cicca di sigaretta, ma ci sono cestini e posacenere ogni 200 mt, pena multe di qualche centinaio di dollari! Quindi tutto sta a come viene impostato il problema, maggiore controllo da parte dei VVUU con multe agli irreprensibili turisti che a casa loro non si comporterebbero sicuramente così, sarebbero un toccasana per le malandate casse comunali. Non c’è quindi bisogno d’andare al gabinetto per gustarsi l’hot dog o il kebab ( meglio comunque un buon sano panino con la finocchiona ! ) e nemmeno il nonno verrebbe multato se questi insegnasse e facesse vedere al nipotino come comportarsi.
    Ciao a tutti….. Sandro

  3. Rispondi

    A.M.

    03/05/2009

    Caro Sandro, d’accordissimo per il rispetto dell’ambiente e per fare qualcosa contro il degrado delle città. Come ho anche scritto nel post, niente in contrario sull’applicare le leggi (che già ci sono) multando chi sporca, inquina ecc. ecc., ma l’ordinanza non dice questo, proibisce di consumare cibo per strada. Io la trovo semplicemnte ridicola e comunque inapplicabile.

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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