Marco Aime, Il primo libro di antropologia
Marco Aime, Il primo libro di antropologia, Einaudi 2008 – Euro 16,80 (pubblicato su Il Reporter 30-06-08)
Confesso che leggendo il titolo del libro mi aspettavo un manuale per aspiranti antropologi. Ma già scorrendo l’indice ho capito che non si trattava di una storia dell’antropologia per neofiti e neppure di un elenco di modelli d’interpretazione di culture altre. Pagina dopo pagina, Aime riflette su corpi, sessi e generi, malattia e morte, tradizione e innovazione, matrimoni e omosessualità, etnicità e simulazione, tempo e spazio, paesaggi e musei, parola, scrittura e cultura, umano e divino…
Parla di manipolazione dei corpi – dalle mutilazioni rituali all’estetica al commercio d’organi-, di infanzia come età ma anche invenzione della società occidentale contemporanea, di contaminazioni e meticciati, di tradizioni che tutte di “originale” hanno poco o nulla e che comunque per essere vive devono potersi anche rinnovare, di arte viziata dalla visione occidentale del bello e incapace di recuperare i significati e la simbologia degli oggetti di civiltà diverse …
Da sempre l’antropologia, scienza occidentale per antonomasia, osservando le culture altre ha trovato spunto per riflettere anche sulla concezione del mondo cui appartiene e per cercare gli aspetti comuni al genere umano. Ma in genere il nostro etnocentrismo ne usciva rafforzato. Ora invece, quello stesso Occidente che vede diffondersi sempre più il proprio modello, si guarda nello specchio e si scopre fragile e dubbioso.
Proprio da specchio funge questo libro. Già in Diario Dogon, Aime usava l’incontro fra turista e nativo per osservare le reciproche reazioni e tessere fili tra il qui e l’altrove. Ora che sono sempre meno i popoli sconosciuti da studiare e che deterritorializzazione e globalizzazione hanno prodotto nuove culture sincretiche, le carte del mazzo si sono mescolate avvicinando soggetto e oggetto d’osservazione. L’antropologo se ne torna a casa con la sua valigetta e i suoi strumenti di ricerca ormai affinati dall’uso e continua a raccontare. Inevitabilmente il suo sguardo indagatore cade anche sulla sua tribù, colta mentre insegue un altrove (o forse la sua immagine dell’altrove) nelle “terre di mezzo” del turismo, ma anche nel mondo globalizzato o nel melting pot sotto casa.
Il libro di Aime diventa così uno sguardo “da fuori” sul nostro mondo, una riflessione sulle relazioni umane, sulle diversità e su una “normalità” che si identifica più con la quotidianità che con leggi universali.
Alla fine della lettura ci si sente capaci di “prendere le distanze” dal qui e ora e di “perdere le distanze” dall’altrove, proprio come quando si torna da un vero viaggio, arricchiti dalla scoperta di persone diverse… diverse proprio come noi.
A. M.
Anna
Come sempre è un piacere leggerti.
con affetto
anna
chiara meriani
l’ho appena ricevuto in regalo, come incoraggiamento ad andare avanti nella strada intrapresa, del viaggio e dell’antropologia: appena l’avrò letto, non mancherò di aggiungere un piccolo commento!
un caro saluto,
chiara