Non si fa!!!
“Bolla ambientale” è la definizione che gli antropologi danno dello spazio protetto e asettico in cui il turista tradizionale tende a rinchiudersi in viaggio. Altri cercano di non “fare i turisti” e di non estraniarsi dalla realtà umana dei luoghi visitati, che per molti rappresenta anzi il vero senso del loro viaggio. Diventa quindi importante conoscere abitudini e norme di comportamento, anche se in quanto stranieri ci è concessa una sorta di “immunità” che rende accettabile, entro certi limiti, qualche nostra “stravaganza”. Se chiunque è disposto a perdonarci un errore d’accento o la coniugazione errata di un verbo, il discorso si fa più complesso quando entra in gioco non la sfera razionale ma quella emotiva. Gestualità e comportamenti possono essere addirittura più importanti della parola per stabilire una relazione e, se non appropriati, rischiano di innescare una reazione di rifiuto profonda proprio perché toccano ambiti più difficili da controllare.
Il modo di vestire e le distanze da tenere variano e possono creare situazioni imbarazzanti, come indossare i nostri abiti un po’ sgualciti da viaggiatore informale durante cerimonie e feste o avere rapporti troppo disinvolti con persone dell’altro sesso. Semplici gesti che ci sembrano del tutto naturali hanno frequentemente decodificazioni diverse, quando non opposte, come nel caso dell’annuire con la testa per dire sì o scuoterla per negare.
Prendiamo il saluto, il primo approccio con l’altro. I Maori della Nuova Zelanda si premono reciprocamente naso e fronte l’uno contro l’altro per condividere il respiro, il soffio vitale: un saluto bellissimo ma piuttosto insolito per chi è abituato a misurare la distanza tra sé e lo sconosciuto allungando il braccio per una stretta di mano. Così come il bacio sulla bocca fra persone dello stesso sesso comune fra i russi, crea negli altri occidentali non poco imbarazzo. Soffiarsi il naso nel fazzoletto è per noi segno di educazione, ma assolutamente sconveniente per un giapponese. Sputare e scatarrare è normale in molte parti d’Asia, così come preferire l’acqua alla carta igienica. Indicare con la mano, toccare la testa di un bimbo, sedersi con i piedi rivolti verso qualcuno… sono tutti gesti che possono essere da innocui a molto maleducati a seconda dei luoghi. Il cibo è cultura e condivisione, ma come comportarsi davanti a uno stufato di cane in Corea, a un budino di ratto in Arunachal Pradesh, a formiche al cioccolato in Messico, o ai chicchi di caffè vomitati dalla donnola in Vietnam? E se questi sono casi limite, il cibo rimane uno degli ostacoli maggiori, se si pensa che nella stessa Europa per un inglese è ripugnante anche mangiare carne di coniglio o di cavallo…
Per non parlare della complessità e diversità di approccio ai rapporti fra i sessi, all’omosessualità, alla vecchiaia, alla morte e ai riti che l’accompagnano.
L’essere umano si somiglia, ma non per quella superficiale omologazione che ricopre il mondo della stessa patina, non perché le società multietniche hanno rimescolato le carte. Si somiglia da sempre nel profondo dei valori e delle emozioni, nella gioia e nella sofferenza. Però ha diverse modalità di espressione ed è da lì che nasce quella ricchezza culturale che tanto affascina il viaggiatore. Ed è proprio lui, nella sua veste di straniero, che deve adeguarsi alle abitudini locali, lasciando a casa quel senso di sufficienza che, più o meno consapevolmente, sopravvive nel DNA di chi è nato in questa parte di mondo.
Per approfondire: “Il viaggiatore maldestro. Le gaffe e i modi per evitarle” di Mark McCrum, Einaudi
A.M.
Pubblicato su il reporter
claudio
Bello il tema forse più che il libro. Magari vi interessa http://www.claudiovisentin.it/ArticoliPDF/Gaffe.pdf
A.M.
Bello, molto, il tuo articolo Claudio, grazie!
Io ho trovato anche il libro di McCrum interessante. Le guide culture shock sono (utilmente) organizzate per paese, questo invece ti permette un quadro di confronto per tematiche e quindi un approccio nuovo…