Non smettere di cercare
“Anna che scende il Nilo cercando l’Aleph” – Dedica di Stefano Faravelli
Fin dai primi anni di scuola l’insegnante interroga, pone domande e si aspetta dagli allievi risposte che già conosce. I bambini, crescendo, perdono quel loro sguardo vergine sul mondo e quella curiosità infantile che li spinge a fare domande su tutto e semplicemente imparano a rispondere come viene loro richiesto. Superano gli esami e diventano adulti e cioè persone responsabili, che etimologicamente significa proprio persone in grado di dare risposte.
D’altra parte la nostra cultura occidentale, che affonda le radici nella fede cristiana e nella fiducia nella scienza, ci ha abituato a credere che ci sia una risposta per tutto, razionale o fideistica che sia. E l’etnocentrismo che appartiene al nostro DNA di occidentali ci porta a pensare che quella sia anche la sola risposta corretta. Eppure, ammoniva Oscar Wilde, “se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste”. Seguendo il suo consiglio, forse più che sulle risposte dovremmo concentrarci sulle domande.
Chiedere vuol dire cercare, rispondere vuol dire aver trovato. Ricordo che un giorno di molti anni fa a Capo Comorin, l’estrema punta meridionale dell’India, un luogo sacro dove si incontrano due oceani, un santone mi disse di non smettere mai di cercare, perché trovare per me avrebbe significato morire. Non so se fosse un uomo illuminato o un semplice millantatore, ma le sue parole mi hanno fatto riflettere. Da una parte erano una sorta di condanna esistenziale a una perenne insoddisfazione, in cui però non potevo non riconoscermi. Dall’altra erano un invito a continuare a pormi domande e ad andare avanti, a non fermarmi. Insomma a viaggiare con la mente oltre che con le gambe. E forse non è stato casuale che quell’incontro sia avvenuto proprio in India, un paese che, più che offrire risposte, pone domande e semina dubbi in chi lo avvicina, eccezion fatta per quei viaggiatori che acquistano in blocco il pacchetto “new age” in salsa occidentale.
Secondo Terzani da ogni viaggio bisognerebbe tornare con qualche risposta in valigia. Ma nel nostro bagaglio non dovrebbero mancare neppure domande e dubbi. Perché le risposte a una stessa umanissima domanda sul senso dell’esistenza sono molteplici e viaggiare ci aiuta a scoprirlo. Se prendiamo umilmente le distanze dalle nostre certezze di occidentali e optiamo per quel relativismo culturale che pure ci appartiene, il viaggio diventa l’occasione per ritrovare quel perduto sguardo infantile, aperto e curioso sul mondo. Se invece partiamo già “imparati”, alla ricerca di conferme di quanto abbiamo visto e letto, sarà difficile percepire il diverso o comunque guardare il mondo anche da un altro punto di vista.
Alla fine di tanto viaggiare, per qualcuno ci sarà forse la scoperta agrodolce che esiste solo il cercare, perché trovare è un’illusione che non a tutti è concessa. Ma forse un giorno, come racconta Borges ne L’Aleph, appoggiando l’orecchio alla colonna di un tempio e fermandoci ad ascoltare ci accadrà di sentire il brusio dell’Universo intero e scoprire l’Aleph, “il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”.
A tutti i viaggiatori della mente e del mondo, i miei auguri di buona strada e di una fruttuosa caccia al tesoro… Anna
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