Orizzonte grigio cenere
Fisso gli occhi tristi di questo giaguaro nel bosco ridotto in cenere e mi chiedo se è uno di quelli che avevo osservato per ore dalla barca nel Pantanal brasiliano, lì dove avrei dovuto tornare anche quest’estate accompagnando un gruppo per Kel12-National Geographic. Il Pantanal, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, brucia. In questa, che è una delle aree con maggior biodiversità del pianeta, nel 2020 gli incendi sono più che triplicati rispetto allo stesso periodo del 2019, le temperature hanno superato i 40° e c’è stata la peggior siccità degli ultimi 50 anni. Le foto della strada Transpantaneira prima e dopo gli incendi sono impressionanti. Un bioma unico è distrutto per estendere i pascoli per gli allevamenti di bovini e per coltivare soia. I volontari che stanno cercando di contenere le fiamme si sono trovati davanti “giaguari che vagavano per la terra spoglia e annerita, affamati o assetati, con le zampe bruciate fino alle ossa”.

Il 2020 avrebbe dovuto essere per me un anno di viaggi, finito il lungo lavoro per la pubblicazione delle nuove guide su Bolivia e Colombia. Quanti programmi andati in fumo… il problema non sono però i viaggi annullati, il problema è quest’orizzonte grigio dove il fumo è quello vero degli incendi e dove la pandemia sta rivelandoci la nostra fragilità. Anche in Europa guardiamo al futuro con timore, ma quanto soffre la mia America? Cattiva politica, povertà, violenza, dengue, incendi e anche il Covid19 che proprio lì sta imperversando più che altrove. Questa è la storia di un emigrante peruviano in Cile, purtroppo comune a tante famiglie. E qui le foto dall’Oregon in fiamme (se questo accade in aree abitate di un paese ricco, non posso pensare a quel che sta succedendo in Amazzonia).

Cari amici, in questi mesi mi sono presa una pausa da blog e social, scrivo con difficoltà, preferisco leggere, curare il mio piccolo mondo (come scriveva Voltaire, nei momenti difficili “Il faut cultiver notre jardin”…) e lavoro alla ristrutturazione della mia cascina. Vorrei tornare a viaggiare, non solo perché i viaggi sono tanta parte della mia vita e perché mi mancano tutti quei rapporti che di viaggi si nutrono, ma anche perché poter partire vorrebbe dire che il mondo sta tornando a vedere la luce in fondo al tunnel.