Outdoor, Fuori!!
“Outdoor”, letteralmente: “fuori dalla porta”. Un termine forse un po’ riduttivo e generico, scelto per indicare una variegata serie di attività ricreative e sportive all’aria aperta, dalle semplici camminate a pratiche più impegnative con i mezzi più diversi. Un termine che trasmette una connotazione positiva legata al mondo della natura, mentre mi ha sempre lasciata un po’ dubbiosa un’altra parola anglosassone spesso associata al viaggio, “no limits”, che invece richiama alla mia mente esperienze dove la fatica si trasforma in una sorta di via crucis per riuscire a superare sempre nuovi limiti (e talvolta anche i propri, con le prevedibili conseguenze).
L’outdoor è un’altra cosa. Ha molto a che fare con il viaggio e i suoi valori e forse può restituirgli qualcosa che il viaggio ha perduto. Fondamentalmente è uno stile di vita e un modo di pensare che nella sua pratica pone l’attenzione sia all’aspetto fisico che mentale. E’ l’umano che incontra la natura, non per sfidarla o per sfidare i propri limiti, ma per viverla nella sua essenza più autentica, conoscerla e conoscersi. C’è una componente di gioco ma senza spirito competitivo, c’è voglia di libertà e di avventura, c’è passione e desiderio di un ambiente naturale incontaminato e attenzione alla sua salvaguardia. Chi si dedica all’outdoor privilegia il percorso al raggiungimento della meta e non cerca la performance estrema per stabilire nuovi record.
L’outdoor ha molto a che fare con quell’istinto umano al movimento e al superamento dei propri orizzonti che ha guidato la nostra specie nella sua evoluzione, ma che è sempre più trascurato in un’epoca vita sedentaria, di mondi virtuali e di viaggi fotocopia ridotti a semplici simboli di status o a fuga dalla noia. Il viaggio postmoderno è sempre più un temporaneo cambio di fuso orario e di orizzonte per trasferire a una latitudine diversa il proprio mondo quotidiano fatto di abitudini, aspettative, timori e soprattutto bisogni di noi animali irrimediabilmente metropolitani. Il viaggio nella pratica outdoor è invece capacità di adattamento a situazioni impreviste e ad ambienti naturali e poco antropizzati, non importa se lontani o appena fuori casa. Molte delle sue pratiche nascono da strategie di sopravvivenza e antiche abilità di popolazioni primitive, mescolate con nuovi strumenti e tecnologie avanzate. Non è un viaggio fine a se stesso ma un mezzo per fare esperienza diretta del mondo e acquisire assertività, flessibilità e autonomia unita alla capacità di relazionarsi agli altri e cooperare con loro. Come è stato per il viaggio nel passato e come dovrebbe ancora essere, anche l’outdoor diventa percorso di formazione e scuola di vita. In fondo in entrambi i casi ci chiudiamo semplicemente la porta di casa alle spalle per affrontare quel poco o quel tanto di ignoto del mondo esterno. E se qualcuno si chiede il perché, la risposta è sempre la stessa: “per amore di ciò che sta là fuori”.
Per approfondire e passare dalla teoria alla pratica: Outdoor. Pensare, Agire, Sopravvivere, di Enzo Maolucci, Alberto Salza, Michele Dalla Palma – Hoepli 2010.
Pubblicato su il reporter