Primo requisito per la sopravvivenza in viaggio: l’ironia
Sara Porro, Manuale di sopravvivenza amazzonica per signorine di città, EDT 2016 – Collana Allacarta
Il fil rouge della collana “alla carta” della EDT è il cibo. Il libro di Sara Porro Manuale di sopravvivenza amazzonica per signorine di città non è però uno dei tanti – troppi – manuali di cucina etnica che affollano le librerie. Il cibo è solo un piacevole pretesto per andare alla scoperta di un paese, il Perù, che a un primo sguardo può sembrare familiare (nel genere “come a casa: un paese di cattolici, fissati con i santi e con il cibo”, scrive l’autrice) e capire che, invece, tanto simile all’Italia poi non è. E se c’è un fil rouge nel libro, quello è certo l’ironia e l’autoironia della giovane Sara, una city girl poco propensa all’avventura, ma che allo scoccare dei trenta è presa dall’ansia di non aver vissuto abbastanza avventure…
Un viaggio fra Lima, Cuzco, Iquitos e il lago Titicaca (niente Machu Picchu e glie ne sono grata), assaggiando cibi abbastanza strani come il ceviche e il cuy (il tradizionale porcellino d’India similtopone) e frutti insoliti oltre che squisiti. Il tutto sempre innaffiato da pisco sour e, per dovere, anche dalla chicha, la tradizionale birra di mais con una schiumetta che sembra sputo (e un po’ lo è anche se sterilizzato). Ne nasce un diario scorrevole, spiritoso, scanzonato e un po’ sarcastico, ma soprattutto intelligente. Le pagine sui rimedi contro impotenza e frigidità poi sono esilaranti.
Sara accetta serena e ironica le “contraddizioni della nostra epoca” e, tanto per fare un esempio, preferisce il più rassicurante rituale turistico dell’hayahuasca (un “viaggio” tradizionale con sostanze psicotrope) con tanto di commenti in tripadvisor, alla versione “autentica” dello stesso venduta da un altro sciamano concorrente. E qui cito una sua bella riflessione – da me pienamente condivisa – buttata lì con nonchalance, ma che riassume in modo divertente l’eterna diatriba turista-viaggiatore: “Ho maturato questa convinzione: quanto più un viaggiatore ha esperienza del mondo, tanto meno sarà ossessionato dal non voler essere un turista. […] In genere, il viaggiatore ambizioso è terrorizzato dalla possibilità di essere scambiato per un turista bue, quindi vuole fare tutto l’opposto di quello che fa il turista: pretende di vivere come una persona del luogo, e andare solo nei ristoranti in cui il menu è scritto in dialetto. Il viaggiatore consumato, invece, vuole semplicemente godersi il posto dove si trova, e questo a volte significa indossare un K-way, prendere il bateau-mouche e fotografare la Tour Eiffel sotto l’acqua che scroscia (egli sa per esperienza che il giorno in cui si decide di andare in battello piove sempre molto, per qualche ragione). Anzi: il viaggiatore scafato fa il turista persino a casa sua: va a vedere i musei del centro dove nessun altro locale è mai tornato dopo le scuole elementari, fa colazione in un posto diverso ogni domenica. In poche parole: sa che abitare è abituarsi e che un po’ di resistenza è salutare”.
Grazie Sara per questo delizioso libriccino. Davvero, come tu scrivi, hai un’ottima “intelligenza verbale”!
Anna