Il Senso del Viaggio

Riflessione per i viaggiatori snob

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08/02/2009

Tante le possibili declinazioni della parola viaggiare. Questa vuole essere una riflessione su come è cambiato il viaggio nell’arco degli ultimi cento anni. Innegabili le trasformazioni portate dall’avvento del turismo di massa e dal dilagare della globalizzazione. Tanto che in molti hanno proclamato la scomparsa della diversità e con essa la morte del viaggio e la fine dell’avventura. Evelyn Waugh, incarnazione del perfetto viaggiatore inglese snob, scriveva negli anni ’30 “Si viaggiava perché ci veniva naturale farlo. Sono contento di averlo fatto quando viaggiare era un piacere“. Con diverse motivazioni ma giungendo alla stessa conclusione, gli faceva eco Lévi Strauss negli anni ’50: “Vorrei esser vissuto al tempo dei veri viaggi, quando offrivano in tutto il suo splendore uno spettacolo non ancora infangato, contaminato e maledetto”. Lawrence Osborne, epigono di Waugh, in “Il Turista Nudo” teorizza l’ovunquismo: “Tutto somiglia a tutto… il mondo diventerà un unico, sterminato resort interconnesso, l’Ovunque”. Al coro si aggiungono innumerevoli “veri viaggiatori”. Si tratta spesso (e un po’ contraddittoriamente) di giornalisti e scrittori di viaggio, quindi inevitabilmente collusi con quel turismo globale che poi condannano come fattore di contaminazione dei costumi locali e causa prima della perdita di tradizioni ancestrali.

Personalmente mi trovo invece d’accordo con l’antropologo Marco Aime quando afferma che non esiste “una sorta di grado zero dell’autenticità di una cultura, superato il quale iniziano le contaminazioni“. Tradizione e cambiamento da sempre coesistono. Oggi in Africa è meno tradizionale, ma certo più autentico, un secchio di plastica rispetto a un vaso di creta o a una mezza zucca essiccata. Può non piacerci, può non essere fotogenico, ma è così, semplicemente perché la plastica è più resistente e leggera. Né il nostro egoismo di appartenenti al mondo sviluppato, né il desiderio di difendere l’integrità altrui, dovrebbero interferire con il diritto di ciascuno di decidere della propria vita. Le culture sono frutto di incontri, scontri e mescolanze in cui sempre qualcosa si perde e qualcosa di nuovo si crea. Basti pensare alla musica fusion o a cibi come mais, pomodori e peperoncino, ingredienti così “nostrani” eppure sconosciuti fino alla scoperta delle Americhe! Le culture cambiano proprio perché sono vive, mentre al contrario il tentativo di proteggerle può trasformarsi in una sorta di museificazione.

Allora bando ad amarezze e nostalgie per i tempi in cui il viaggio era “vero viaggio”, in cui i selvaggi erano selvaggi e la fuga dall’Occidente ancora possibile. Basta con i tentativi patetici di giornalisti e turisti di professione di distinguersi dagli altri comuni turisti. Meglio abbandonare il gioco ambiguo e vagamente razzista del “vero viaggiatore”, solitaria figura dotata di alta autostima e profonda insofferenza per gli altri turisti-viaggiatori, da cui cerca accuratamente di sfuggire, forse perché teme di scoprirsi poi non tanto diverso. Il viaggio è un fenomeno complesso e talvolta contraddittorio e certo oggi è più difficile cogliere sotto la patina omologante le diversità e peculiarità delle culture. Ma proprio lì emerge il valore del viaggiatore. Importante diventa non solo il dove ma il come si viaggia e soprattutto di quanto tempo si dispone, forse la variabile di cui siamo più in carenza, ma davvero capace di fare la differenza.

A.M.

V come Viaggiare pubblicato su Parole Nomadi – Il Reporter

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16 Comments
  1. Rispondi

    A.A.

    12/02/2009

    Personalmente ho avuto il privilegio di viaggiare molto, anche ripercorrendo per me solo tracciati svolti inizialmente per lavoro. Anch’io ho sistematicamente “snobbato” gli “altri” per molto tempo. Poi è arrivato il momento, forse l’età, di vivere di più e meglio le innumerevoli emozioni, momento per momento, indifferente alla distinzione lievemente ipocrita tra gli altri “turisti” e gli altri in generale, tra il secchio di plastica e la ciotola autentica, cioè spesso realmente finta. Sono convinto ora che se si vuole veramente viaggiare, basta semplicemente farlo. Senza distrazioni protettive per la propria presunta idea di sè. Saluti.

  2. Rispondi

    Anna

    12/02/2009

    Grazie, sei davvero da persona che dal viaggio ha saputo imparare!

  3. Rispondi

    Daniela

    10/03/2009

    Scusate se rompo le uova nel paniere, ma mi sento in dovere di intervenire.
    Il turismo trova sempre modo o ragione di giustificare se stesso e lo fa sfruttando la sua arma più valida e più prolifera: il turista, il quale si fa veicolo di emozioni, di feedback che si tramutano in pubblicità e quindi in utili. Così (non si offenda nessuno)nascono blog a tema e quant’altro. Lo slogan “Siamo tutti uguali” funziona purtroppo molto meglio che fare la fatica di distinguere e di spiegare alla gente che esistono stili di viaggio differenti, o che certi sistemi definiti “alternativi” purtroppo sono il baluardo per acchiappare quella percentuale di turisti-clienti pensanti (o snob, come volete voi) che altrimenti prenderebbero la strada del “fai da te”. E così anche questi individui vengono inglobati nel sistema. Per noi di questa parte di mondo il problema è “esotico” sia nella cultura che nelle tradizioni. In realtà la question è decisamente più complessa, ma a noi piace, per comodità, nasconderci dietro un dito e dire:”tanto la tradizione non esiste perchè è strettamente legata al cambiamento”.Una giustificazione senza rimorso dei danni(almeno su questi non poniamo dubbi per piacere) che il turismo provoca. Utilizzare concetti antropologici per giustificare un business (o una passione, come volete) è utile ed efficace, ma c’è sempre la questione etica (anche questa non esiste visto che opinabile).
    Comunque va bene così, pensate che gli “esotici” spesso non si pongono nemmeno il problema. Per molti di loro il turista è un pezzo da 1$ ambulante.
    Buon viaggio

  4. Rispondi

    Anna

    10/03/2009

    Cara Daniela, è difficile approfondire in un botta-risposta via internet. Alcune tue affermazioni in realtà non mi sconvolgono, anzi le condivido :…pubblicità… sistema che ingloba, ecc. Come scrivevo “Il viaggio è un fenomeno complesso e talvolta contraddittorio”.
    Il turismo è un business. Certo. E’ un problema? Lo sono anche il cibo, l’arte, la bellezza, i libri… Non per questo non dobbiamo mangiare bene se si può, amare le cose belle o leggere se ci piace. Se l’utente stesso tramite blog o altro fa pubblicità (o critica) al prodotto che acquista non ci trovo nulla di male. Come d’altra parte con un ristorante o un film. Vuol dire che siamo inglobati dal sistema? Probabilmente sì, ma certo non solo per questo. E certo non andare in vacanza non ci libera dai condizionamenti (piuttosto andarci forse allarga la mente verso modelli diversi). La nostra vita è tutta fatta da oggetti e modelli che il “sistema” ci vende o ci impone. L’essenziale è mantenere capacità critica. Personalmente non credo che i turisti siano tutti utenti acritici che si “fanno un film” dei loro viaggi trasformandosi in inconsapevoli e stupidi propagandisti. Forse a loro viaggiare piace davvero. Per conoscere o anche semplicemente per evasione. E non devono giustificare ne giustificarsi. Il turismo fa danni? Certo. Come anche viaggiare per lavoro, coltivare granoturco usando diserbanti, sciare con neve artificiale, pubblicare giornali tagliando foreste o usare mobili e pavimenti di legno esotici… L’elenco è infinito. Però il turismo, come tante altre cose parzialmente o potenzialmente dannose, produce anche benefici. Ci sono intere economie di paesi altrimenti poveri che si basano sul turismo (e grazie ad esso valorizzano e non sempre distruggono, il loro patrimonio). Penso a Egitto, Kenya, ma di nuovo l’elenco è lungo. Noi turisti siamo un portafoglio ambulante non solo per i locali, ma anche spesso per le economie locali. Ottimo. Facile e stupido invece criminalizzare. Meglio allora i blog, il confronto, proprio per stimolare la capacità critica del viaggiatore e far crescere un turismo rispettoso.
    Buon viaggio anche a te o comunque buona vita!

  5. Rispondi

    Daniela

    10/03/2009

    Grazie, devo dire che anche la tua risposta non mi sconvolge, anzi la vedo abbastanza ovvia e prevedibile, in parte condivisibile. Io mi sento in dovere di criminalizzare tutti i business senza etica, e così anche il turismo che fa danni e i pochi casi, che conosco assai bene,dove ha incrementato l’economia non possono essere considerati casi positivi tantomeno l’Egitto o il Kenya che citi tu visto dove vengono veicolati i profitti che giungono dal turismo, soprattutto in Kenya (argomento non piacevole). Ci sono molte cose brutte nel mondo e non vorrei si tirassero in ballo solo per togliersi di dosso il peso della responsabilità,per girarci dall’altra parte o per giustificare atteggiamenti irresponsabili della serie:”c’è chi fa peggio”…ho capito,c’è anche la tortura. Se il grano con i pesticidi fa male, non si deve produrre, o acquistare; si può sciare sulla neve fresca senza le comodità degli impianti e della neve artificiale e così via…abbiamo la possibilità di decidere, decidiamo per il meglio anche se costa fatica. Nel turismo è la stessa cosa, possiamo decidere di aggregarci ad associazioni che realmente fanno turismo responsabile (qualcuna mi sembra di averla trovata citata anche in questo blog), certo che bisogna dedicarci del tempo e fare magari qualche foto in meno. Bisogna prendere una posizione netta e chiara di fronte a queste problematiche, non si può essere a favore a tutto e allo steso tempo contro a tutto, condividere una posizione e poi strizzare l’occhio verso posizioni nettamente diverse. Leggendo questo blog ho avuto questa sensazione, non c’è nulla di personale,anzi. Qui si crea il personaggio del viaggiatore-turista “snob” e lo si denigra,bene, io lo difendo!!Nel tuo articolo fai un paio di citazioni e poi via alla sentenza! (per inciso,se hai deciso di metterti sul web devi accettare anche che i tuoi articoli vengano letti da persone diverse dal tuo entourage quindi no accondiscendenti nei confronti di qualsiasi cosa tu scriva). C’è l’impressione, come ho già detto,che si volgia citare questo o quello a piacimento in relazione all’effetto che deve avere.
    Per chiarezza, senza mezzi termini:non va criminalizzo il turista (noi turisti) e sarebbe stupido farlo; va criminalizzato il sistema turismo, questo turismo, quello fatto fino ad ora, “alternativismi” ipocriti compresi!
    Infine, grazie per l’augurio di buona vita, anche se non sarà possibile per me; vivono bene solo gli ignoranti,gli indifferenti e gli egoisti.

  6. Rispondi

    polini giuseppe

    11/03/2009

    Se fai una riflessione su qualcuno in modo provocatorio (i turisti snob in questo caso) non ci si può aspettare che prima o poi qualcuno se la prendesse, infatti,secondo me, Anna, sbagli a rispondere alle provocazioni di Daniela in questi termini perchè sembra che ne fai una questione personale (in realta, come ben sai,e so che ben sai, riguarda tutti noi viaggiatori);del resto anche Daniela esagera un tantino anche se sottolinea aspetti fondamentali che però sono diventati argomenti triti e ritriti che ormai rischiano di trasformarsi in aria fritta, soprattutto se esposte in un blog dove invece si cerca di esaltare le qualità positive del turismo. Il problema è capire fino a che punto siamo responsabili dai danni del turismo, in quanto turisti. In ogni modo, non si può fare un turismo “attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture” se noi già a casa nostra, dalla toaletta alla spesa al supermarket fino al relax serale di fronte alla tv, non siamo in grado di attuare un atteggiamento responsabile, che non si riperquota per le successive “sette generazioni”.Già quando tiriamo lo sciacquone del wc facciamo un danno che nemmeno immaginiamo. Il turismo responsabile (non lo dico io, ma è stato detto da qualcuno più autorevole di me) oggi , per essere efficace, deve attuare una azione il più possibile collettiva di “riduzione del danno”; l’alternativa sarebbe l’astensione totale dall’azione, ovvero starsene a casa, cosa naturalmente poco fattibile e francamente poco condivisibile. Non concordo poi su fatto di dire “viaggiamo, tanto se non lo facciamo noi, il danno, lo farà suciramente qualcun altro al posto nostro, quindi tnto vale fregarsene”. Siamo coscienti dei nostri limiti, ma limitiamoci un tantino e la settima generazione ci ringrazierà.
    ciau

  7. Rispondi

    A.M.

    11/03/2009

    Grazie Giuseppe, e grazie Daniela, sono in realtà felicissima se qualcuno usa anche il mio blog per esprimere il suo parere e meglio ancora se diverso dal mio! Anzi, se volete potete inviare le vostre mail a Il reporter (link sotto il titolo dell’articolo), dove sono pubblicati questi stessi post, ma che certo ha un numero di lettori ben maggiore. Questo blog è nato, come è dichiarato ed evidente dal suo stesso titolo, per aiutarmi a diffondere il mio libro, ma poi è andato oltre e oggi ha una vita sua, è un piccolo spazio, non fa certo opinione, ma per me è un’importante appuntamento con me stessa e con chi (quanti non so, perché non mi interessa guardare numeri e percentuali) ogni tanto trova il tempo di leggerlo. Non capisco però davvero perché pensiate alla mia risposta (10 marzo) ai vostri commenti come provocatoria. L’ho riletta e mi sembra davvero solo un’espressione onesta delle mie idee senza farne nulla di personale o conflittuale. Mi guardo nello specchio e so di vivere, anche e non solo nello spazio del viaggio, tante contraddizioni. Anche solo per essere nata in questa parte del mondo. Per me il viaggio è anche piacere, certo non è missione. Rispetto e apprezzo chi prova, pur di nuovo con inevitabili contraddizioni, a attribuirgli maggior senso trasformandolo in un viaggio solidale. E davvero non posso non ammirare la scelta di vita che ha portato Giuseppe, incontrato sulle strade della Bolivia come cooperante, a vivere davvero e fino in fondo la realtà del sud del mondo e non certo da turista. Nel mio piccolo, indirettamente dò una mano devolvendo i diritti d’autore dei miei libri a due Onlus, non per lavarmi la coscienza o per giustificarmi, ma perché è qualcosa che posso e mi sento di fare. E che “egoisticamente” mi rende più libera nel proporre i miei libri visto che non ci guadagno nulla.
    Un appunto per Giuseppe , non su quanto pensa, ma su quanto pensa che io pensi. In particolare sul concetto: “viaggiamo, tanto se non lo facciamo noi, il danno, lo farà sicuramente qualcun altro al posto nostro, quindi tanto vale fregarsene” riportato fra virgolette come parole mie, da me mai scritte, ma neppure mai pensate. Certo, esisto, abito nel primo mondo e consumo. Pur di bagnare il giardino d’estate ho fatto nella fattoria dove abito un complesso e costoso sistema di recupero e pompaggio dell’acqua piovana, però, lo confesso, tiro sempre l’acqua del cesso. Nel mio post ho invece sottolineato che ogni agire, anche stampare un giornale, ha di norma anche un risvolto negativo, pure comunemente accettato anche se si cerca di ridurne l’impatto, mentre sul turismo appena si può si spara (a questo proposito se avete voglia ci sono altri post sul tema sotto V come viaggiare: “Voglia di autocelebrazione”, anche lì con un interessanste scambio di opinioni, e poi “Montagna non ti tocchi chi più t’ama” e “Il bastardo non può viaggiare”…). Per ultimo: dove mai denigro i viaggiatori? Forse il tentativo di sintesi può avere tradito le mie intenzioni. La mia vorrebbe essere invece proprio una difesa del viaggiatore/turista da chi cerca appena possibile di denigrarlo o criminalizzarlo. Non va criminalizzato il turista, come giustamente sottolinea Daniela, ma io credo nemmeno il turismo, nè tradizionale nè alternativo. Si tratta di migliorarlo, cambiarlo, sensibilizzarlo, coscienti che sui grandi numeri è comunque difficile se non impossible evitare comuque un impatto sulle realtà locali. E il turismo è fatto di grandi numeri. Se è la seconda o forse la prima industria al mondo sarebbe velleitario e anche drammatico volerlo cancellare con un colpo di spugna. I ricavi del turismo keniota e egiziano vanno a compagnie straniere e mafie locali? Ma anche alla gente del posto. Penso ai morti annegati nel nostro Mediterraneo. E non parlo di turisti, ma di clandestini. Forse avrebbero preferito trovare lavoro lì. Secondo Fortess Europe quest’anno c’è stato un aumento dell’80% degli arrivi di clandestini tramite il canale di Sicilia. Quello dei morti è perfettamente in linea.
    Ancora un augurio di buona vita: è un augurio di serenità, un invito ad apprezzare la bellezza e a ringraziare per ciò che abbiamo, non bisogna essere “ignoranti, indifferenti ed egoisti” per augurarselo e augurarlo.
    Anna

  8. Rispondi

    Gionata Nencini

    17/03/2009

    Sono profondamente amareggiato nel leggere frasi come “Meglio abbandonare il gioco ambiguo e vagamente razzista del “vero viaggiatore”, solitaria figura dotata di alta autostima e profonda insofferenza per gli altri turisti-viaggiatori, da cui cerca accuratamente di sfuggire, forse perché teme di scoprirsi poi non tanto diverso.” in un sito chiamato A come Avventura.

    Il viaggiatore sta al turista, come l’uomo che va a donne sta all’uomo che va a puttane!

  9. Rispondi

    A.M.

    18/03/2009

    Caro Gionata, ho per tanti anni accompagnato gruppi di Avventure nel Mondo, eravamo turisti? Eravamo viaggiatori? Ti assicuro che ho molto riflettuto sul significato attribuito a questi due termini e sui sottili distinguo che si cerca di fare sulle due categorie. Credo che sia più onesto definirci comunque turisti, cercando di essere turisti attenti alle realtà umane che si incontano e rispettosi degli ambienti naturali. Lo scopo di questo blog è anche questo. Altrimenti non avrei probabilmente scelto di accompagnare gruppi, di scrivere guide di viaggio ecc. Il turismo può essere un valore che aggiunge conoscenza e apertura mentale in chi viaggia e che ha un positivo ritorno anche sulle economie dei paesi di destinazione.
    Da condannare non è il turismo ma l’aspetto deteriore del turismo, che purtroppo innegabilmente esiste, ma che ha finito per connotare negativamente la parola stessa turista. Dovremmo cercare di confrontarci sui contenuti e le modalità del viaggio e per questo non basta dichiararsi o considerarsi viaggiatori e non turisti.
    Tornerò con più calma su questo argomento, anche se ti confesso che sono un po’ stanca di questi distinguo…
    ciao Anna

  10. Rispondi

    Daniela

    18/03/2009

    Cara Anna,
    credo vivamente che soprattutto di questi tempi sia necessario distinguersi.Non una distinzione di facciata,ovvio,ma di sostanza. Sono stata a “Fa la cosa giusta” e mi si è rafforzata tale idea. Distinguersi nelle virtù. C’è un turismo virtuoso e uno che certamente non lo è (di cui fa parte Avventure nel Mondo, anche se fa credere di non esserlo e quando parlerai dell’argomento tirerò fuori molte cose a riguardo), così come esistono comuni virtuosi e comuni che non lo sono, stati che sono democratici e stati che evidentemente non lo sono (compreso il nostro che fa credere di esserlo!!) e così via…C’è un turismo che sporca,fa rumore,danneggia e uno invece silenzioso, rispettoso e che crea. Il fatto che il turismo porti soldi alle popolazioni del terzo mondo è una menzonia generalizzata. Negli stati in via di sviluppo l’apporto sul pil del turismo varia dallo 0,1% di molti stati africani (dove valgono di più i soldi degli investimenti cinesi), al 5/6% di alcuni stati asiatici decisamente più ricettivi (fa eccezione il Nepal a tutta questa schiera);questo avviene perchè il denaro prodotto dall’industria e dal lavoro a basso costo è decisamente più incisivo sul pil, tradotto, il turismo è un misero piatto di lenticchie.Le cifre poi le fanno ballare come vogliono e sprattutto quando hanno bisogno di attingere ai fondi internazionali…ma questo è un altro argomento. Per esempio l’India ha deciso di spingere sul “turismo aziendale” facendo leggi che abbreviano le tempistiche dei visti turistici e facilitano l’erogazione dei visti business. In questo modo si garantisce che le miriadi di super-alberghi costruiti nell’ultimo decennio siano sempre pieni di gente cha meeting,brain-storming con massaggi ajurvedidici etc. Come vedi, l’addove non può essere sviluppato un turismo massificato si trovano altre vie per far girare denaro. A molti stati del turismo classico non gliene può fregare di meno, ne tanto meno dei turisti.
    Scusa se ogni tanto ti “punzecchio”,ma ci sono molte cose da capire e da tenere presente sul turismo (non mi voglio mettere in cattedra), cose che vanno al di là della nostra esotica passione di muoverci per il mondo e soprattutto cose che non si sanno se non si vanno a cercare. Credo che per te possa essere uno spunto interessante anche per sviluppare questo blog.Riflettere sul senso del viaggio avendo qualche dato spesso sconfortante magari ti può far modificare il punto di vista. Lasciamo fare per un momento i filosofi e teorici a chi ha velleità e interessi di metter su scuole di viaggio (conosci la schiera a cui mi riferisco). Noi siamo i fruitori, non siamo i creatori. Noi siamo coloro che consumano ma non facciamoci consumare pensando di avere un effimero ruolo nel gioco. Usiamo la testa in questo modo sapremo sempre distinguerci. Grazie per lo spazio…

  11. Rispondi

    Gionata Nencini

    19/03/2009

    Non ci sono sottili differenze, questo é il fatto.
    La filosofia e l’approccio al mondo che muove le persone, in questo caso, sono totalmente diverse.
    Secondo me qui il problema non é identificare le caratteristiche del turista rispetto a quelle del viaggiatore. Secondo me qui é il turista che parla come fosse un viaggiatore e non lo sa!

    Non é un “titolo” come Avventure nel mondo che mette un turista in VIAGGIO, né tanto meno lo rende un VIAGGIATORE.

    Non é darsi un nome, che si diventa ciò che il nome rappresenta.

    Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato.

    Un abbraccio.

    Gionata

  12. Rispondi

    filippo "pippo" baluardo

    20/03/2009

    ciao a tutti,
    approdo qui tramite il reporter.com e vedo che, accipicchia!, siamo proprio nel vivo della discussione, significa che l’argomento sta ancora a cuore a molti. Personalmente la penso come Nencini. Però bisogna ammettere che è facile pensarla così essendo Nencini, visto che sua figura rasenta lo stereotipo del viaggiatore d’avventura moderno che sfrutta mezzi moderni e che con coraggio fa una cosa degna dei viaggiatori d’altri tempi. Tutti gli altri, a parte alcuni giornalisti seri e qualche altra categoria ormai in via d’estinzione,sono solo clienti.Ci sono buoni prodotti e cattivi prodotti, ma il comune denominatore è,appunto,il prodotto.Non capisco se questo blog tenta di difendere il prodotto “turismo” o i clienti “turisti”,comunque l’attacco,nella definizione di “snob” verso i viaggiatori mi pare un modo che non è degno di chi, mi pare di aver capito sfogliando il blog,ha scritto un libro e una guida turistica.Forse sarà la frustrazione di non appartenere ad un “eletta schiera” di viaggiatori? Forse il termine “Avventura” usato da Anna è un po’ il mezzo per raggiungere un suo scopo?Chissà, comunque l’argomento è interessante…
    pippo

  13. Rispondi

    A.M.

    20/03/2009

    Carissimi, grazie a voi per le vostre riflessioni e per le punzecchiature. Se non volessi mettermi in gioco e in discussione non avrei fatto questo blog, quindi ben vengano critiche e punti di vista diversi. Mi riservo di riprendere il discorso in maniera meno superficiale che in un botta e risposta nei messaggi. Quello che posso aggiungere, così, rapidamente, è che un buon sistema per capire ciò che siamo è anche guardarsi con gli occhi dell’altro. E per altro, in questo caso, intendo i locali, che di norma non fanno tante differenze fra viaggiatore e turista ma ci vedono tutti come turisti. Personalmente accetto con tutta tranquillità e senza alcun senso di frustrazione di riconoscermi in questa definizione e cerco solo di essere un buon turista e non un “turista per caso”. Non vedo questa “totale differenza” fra turista e viaggiatore. Forse se prendiamo i due estremi o le loro rappresentazioni ideali. Ma la maggior parte di noi sta in qualche punto nel mezzo, o meglio si muove nel mezzo, fra contraddizioni e aspirazioni. Non c’è solo il bianco e il nero, ma anche una grande varietà di grigi. Per questo non amo più le definizioni e le identificazioni. E’ stato forse utile nel passato operare distinguo sui termini per riflettere sul viaggio, ma mi sembra superato dal dibattito di questi anni. Utilizzo dunque i due termini viaggiatore e turista in modo abbastanza intercambiabile (per questo ho scritto viaggiatore-turista nel post), e se li uso singolarmente intendo, molto sinteticamente, da una parte chi viaggia con maggior autonomia e consapevolezza, dall’altra chi si muove con viaggi organizzati, ma senza che l’uso di questi due termini implichi da parte mia giudizi di sorta. Non voglio denigrare nessuno, anzi al contrario la mia è una difesa del turista da coloro che fanno di tutte le erbe un fascio e loro sì lo disprezzano. Se invece non facciamo una questione di terminologia, di categorie, di buoni e cattivi, di virtuosi e non, ma riflettiamo sulla sostanza, su costi e benefici, valori e disvalori del turismo, mi ritrovo a condividere buona parte di quanto mi avete scritto, anche se la mia visione rimane decisamente più positiva. Tra l’altro mi sento parte del gioco, e non solo come fruitore, perchè la mia è certamente una testimonianza di “invito al viaggio”.
    Per quel che riguarda Avventure nel Mondo, cara Daniela, … non credo proprio tornerò sull’argomento. Da una anno e più ho lasciato Avventure, ho girato pagina e preferisco mantenere questa mia scelta sul piano personale, come di fatto è stata, senza innescare polemiche di alcun genere. E’ stata una scelta sofferta, ma necessaria per coerenza con il mio modo di essere. Con Avventure ho viaggiato per tanti anni e di questi viaggi, delle persone incontrate sul posto e di tanti compagni di viaggio serbo bellissimi ricordi. Poche le eccezioni. Ancora una volta non voglio andare per categorie. Siamo noi a fare il viaggio e credo che il viaggio ci assomigli sempre al di là delle varie “appartenenze”. Ciao a tutti, Anna

  14. Rispondi

    Gionata Nencini

    23/03/2009

    Ringrazio Filippo Baluardo per le parole espresse e continuo di seguito.

    Non mi piace chi fa un uso opportunistico delle parole, né tanto meno del loro significato.

    Se con viaggio, qui ci si riferisce a tutta quella serie di azioni annesse all’allontanarsi da casa, si finisce con il chiamare viaggio anche la routine casa-lavoro.

    Non si compie un viaggio, solo perché si sale a bordo di un’aereo con destinazione “altro lato del mondo”.

    Fosse solo una mera questione chilometrica, il viaggiatore per eccellenza sarebbe mio padre (che in qualità di commerciale copre 150000 km l’anno sulla sua auto aziendale).

    Fosse solo una questione di tempo speso fuori casa, probabilmente le generazioni italiane del dopo guerra insediatesi in Sud America, Stati Uniti ed Australia, la direbbero lunga a chi crede nel nome di Viaggiatore.

    Fosse solo una questione di soldi investiti, i nomadi di un tempo, i pionieri che hanno attraversato continenti in sella ad una bici o camminato mezzo globo in cerca di verità, sarebbero dei dilettanti a confronto di chi può permettersi di spendere 25000 euro per una vacanza ad Ibiza di 2 settimane.

    C’é una bella differenza fra dire:
    Mi avanzano 2000 euro, vado a vedermi Praga e chi ha 2000 euro e tutta una vita da investire per scoprire cosa sia realmente il mondo.

    Da Santiago del Cile.

    Gionata Nencini

  15. Rispondi

    A.M.

    23/03/2009

    Caro Gionata, ho molto riflettuto sul viaggio e sarebbe interessante chiacchierarne a voce con te che ne hai fatto una scelta di vita… sono sicura che nel tuo percorso intorno al mondo prima o poi ripassi di qui… ti aspetto! O magari ci si incontra in giro…
    Per ora buona strada, ciao, Anna

  16. Rispondi

    A.M.

    24/05/2009

    Dai commenti a V come viaggiare pubblicato su il reporter
    Commenti dall’articolo V come Viaggiare pubblicato su il reporter
    Laura (Raya) il 11.02.2009 alle ore 10:47 am scrive:
    Mentre cammino penso e i pensieri più spigolosi si levigano da soli.
    Per via dell’attrito.
    E’ una regola fisica.

    Laura (Raya) il 21.04.2009 alle ore 11:36 am scrive:
    Non ho alcuna influenza sul destino, non posso condizionare il futuro e non posso aggiustare il passato. Che sollievo. Che meraviglia godersi il viaggio, per quanto incerta sia la meta. Mi piace. (da “Sempre con me” di Abigail Thomas)

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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