Il Senso del Viaggio Pensieri in libertà

RIL, Rifiuto Interno Lordo

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22/04/2011

Oggi 22 aprile è la giornata mondiale della terra, l’Earth Day, celebrata in 190 paesi del mondo da mezzo miliardo di persone. In realtà, fra inquinamento che peggiora, buco dell’ozono che si allarga e tassi di radioattività nell’aria e nell’oceano, motivi per celebrare ce ne sono sempre meno. Possiamo però utilizzare questa occasione per riflettere su cosa possiamo fare noi qui e ora. A partire dai rifiuti. Forse per capire un paese serve, più che un’analisi del PIL e dei consumi, una dei rifiuti… del RIL, il “rifiuto interno lordo”.

La nostra società è comunemente definita “dei consumi” perché proprio sui consumi si basa la sua economia: affinché il meccanismo funzioni è necessario moltiplicare i nostri bisogni spingendoci a una sorta di bulimica coazione all’acquisto di sempre nuovi oggetti che in breve si trasformano i rifiuti. E infatti si parla anche di società “dell’usa e getta”. Forse più realisticamente potremmo chiamarla società del “getta”, visto che difficilmente gli oggetti, i vestiti o le auto vengono davvero usati o consumati, ma siamo invece incentivati a rottamarli e a sostituirli con nuovi e accattivanti modelli ben prima di una loro morte naturale. Ormai sembriamo esserci tutti trasformati in una sorta di tubo di scarico attraverso cui passano le sempre più limitate riserve del pianeta per convertirsi in scarti. E magari terminare il proprio ciclo di vita nei paesi poveri, come le balle di vestiti usati che si disperdono nelle miriadi di mercati africani dove trovano nuovi acquirenti. O, molto più colpevolmente, come rifiuti, viste le problematiche dello smaltimento a casa nostra. A ben guardare, dal punto di vista etimologico il concetto di “società dei consumi” sembrerebbe più adatto a definire i paesi del terzo mondo, dove gli oggetti sono usati e consumati davvero e poi riciclati e riusati. “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, enunciò il chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier. E gli africani traducono: “Tutto (o quasi) si può riciclare”. Loro lo fanno per sopravvivere. Come i bambini che un giorno in Mali hanno “rubato” i miei rifiuti per contendersi una scatoletta di tonno vuota o una bottiglia di plastica. Come le migliaia di persone che abitano intorno a immense e puzzolenti discariche dove vivono recuperando rifiuti.

Ma dalla miseria può nascere anche la bellezza. Viaggiando in Africa ho visto un ombrello tutto rammendato, così bello che non avrebbe sfigurato in un museo di arte povera. Ho visto bambini costruirsi incantevoli giocattoli con lattine e fil di ferro. Ho visto mercati traboccanti di creatività, dove gli oggetti hanno una seconda e anche una terza opportunità di rendersi utili: caffettiere e tegami rattoppati, copertoni trasformati in sandali, in contenitori o in bellissime cornici… Forse anche dalla società del benessere e dei consumi possono nascere non solo rifiuti. Non è un caso che proprio a Genova (i genovesi si sa, sono gente parca), su proposta dell’architetto Renzo Piano, verrà presto aperto il primo Museo della Rumenta, cioè della spazzatura. Parlerà di riciclaggio, di riutilizzo e di arte nata da materiali di scarto. D’altra parte proprio il grande De André, che a Genova è nato, cantava: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…”.

Anna

Consiglio di lettura per imparare anche a viaggiare in modo più sostenibile: “Il piccolo libro verde del viaggio” di Federica Brunini, Morellini Editore. Ci sono duecentocinquanta consigli per spostarsi nel mondo a impatto zero o quasi.

Pubblicato su il reporter – Parole Nomadi – Rifiuti

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2 Comments
  1. Rispondi

    Miky

    25/04/2011

    grazie anna, avrei anch’io voglia di alleggerirmi, consumare meno, non essere un semplice tubo di scarico di spazzatura… GRAZIE, COME SEMPRE PAROLE BELLE E INTENSE

  2. Rispondi

    roberta raffelli

    27/04/2011

    bello Anna, te l’ho “rubato” per condividerlo su FB.
    riflessioni sempre attente e interessanti

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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