Sana’a e la notte
Sana’a e la notte, di Elena Dak, Editore Alpine Studio 2012 – € 12,00 – ISBN 9788896822340
La mia personale scoperta dello Yemen è di molti anni fa: era il 1982 quando atterrai a Sana’a e al mio sguardo ancora vergine si aprì un altrove favoloso. Come in un racconto delle “Mille e una Notte” viaggiavo a ritroso nel tempo, fra donne velate, uomini duri e case dalle architetture impossibili. Leggendo il libro di Elena Dak rivivo le emozioni di quel primo incontro. Cammino fra le sue pagine come nei vicoli della città vecchia di Sana’a, senza seguire un itinerario, ma con il piacere di perdermi e di lasciarmi stupire. Sana’a, una città, come ha scritto Piergianni Addis, che non si sa se sia impastata di argilla o della sostanza di cui sono fatti sogni… Il libro non è un reportage e neppure un saggio, ma un diario personale, una moleskine impreziosita dagli acquerelli in puro stile carnet de voyage di Giancarlo Illiprandi e dalle foto in bianco e nero dell’autrice, che contribuiscono a immergerci in un passato senza tempo.
Lo sguardo femminile di Elena Dak, intimo e mai invadente, trasforma le immagini in parole, scavando dietro ai muri e ai veli delle donne, per restituircene l’anima e la magica bellezza. E le sue descrizioni assomigliano a delle istantanee attraverso le quali sembra essere la città stessa a raccontarsi. Una città fragile, fatta di terra, acqua e paglia ma anche ricercata e impreziosita da alabastri antichi, vetri colorati e ricami di gesso bianco. Una città imperfetta ma piena di armonia; austera ma dai tratti umani, addirittura antropomorfici; affollata e vuota; rumorosa e silenziosa; puzzolente e profumata; pulsante di vita nei suq caotici e chiusa nel silenzio dietro alle porte delle sue case torri, dove la vita si può solo intuire. Una città carica di una bellezza che non è fatta da singoli monumenti, ma dall’essere essa stessa monumento collettivo e sapiente. Impossibile non struggersi nel vederla violata dalla modernità e dalla guerra. Il primo grido di dolore è quello di Pasolini che già nel 1970, con il documentario denuncia “Le mura di Sana’a”, rivolgeva un appello all’Unesco perché ne proteggesse la bellezza e aiutasse lo Yemen a avere coscienza della sua identità e del paese prezioso che esso è. E “Tempi di guerra” si intitola l’ultimo struggente paragrafo del racconto di Elena Dak. Perché la guerra soffia su quel paese diviso e lo distrugge molto più velocemente del vento che soffia fra le sue fragili architetture di terra.
Anna
Nell’ottobre del 1970 Pasolini girò a Sana’a alcune scene del film Il Decameron. Terminate le riprese, utilizzò la pellicola avanzata per girare 13 minuti di documentario, che intitolò “Le mura di Sana’a“. In quest’ultimo film, Pasolini rivolge un appello all’Unesco accolto e nel 1986 quando la città vecchia fu stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità. Qui di seguito le sue parole, purtroppo inutili di fronte alla follia della guerra.
Ci rivolgiamo all’Unesco perché aiuti lo Yemen a salvarsi dalla sua distruzione, cominciata con la distruzione delle mura di Sana’a.
Ci rivolgiamo all’Unesco perché aiuti lo Yemen ad avere coscienza della sua identità e del paese prezioso che esso è.
Ci rivolgiamo all’Unesco perché contribuisca a fermare una miseranda speculazione in un paese dove nessuno la denuncia.
Ci rivolgiamo all’Unesco perché trovi la possibilità di dare a questa nuova nazione la coscienza di essere un bene comune dell’umanità, e di dover proteggersi per restarlo.
Ci rivolgiamo all’Unesco perché intervenga finché è in tempo a convincere una ancora ingenua classe dirigente che la sola ricchezza dello Yemen è la sua bellezza; che conservare tale bellezza significa oltretutto possedere una risorsa economica che non costa nulla, e che lo Yemen è in tempo a non commettere gli errori commessi dagli altri paesi.
Ci rivolgiamo all’Unesco in nome della vera se pur ancora inespressa volontà del popolo yemenita, in nome degli uomini semplici che la povertà ha mantenuto puri, in nome della grazia dei secoli oscuri, in nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato.
Pubblicato su il reporter
Marianna
1996 magico viaggio fuori dallo spazio e dal tempo
Enza
arrivai anche io ,ancora nel 2000, a Sana’a di notte in una città buia …solo la luce del mattino illuminò la meraviglia che mi porto ancora nel cuore….