Serendipity
“Serendipity” è una parola dal suono magico. E infatti nasconde una sottile magia perché significa “trovare in modo inatteso (anche se non fortuito) ciò che non si sta cercando, ma che spesso si rivela essere molto importante”. E’ una parola inglese di difficile traduzione, connessa ai concetti di casualità, destino, apertura al nuovo e all’imprevisto. Prende il nome dal re e filosofo dello Sri Lanka Serendip, che, per educare i figli, impose loro di partire per un viaggio al termine degli studi. Già al suo esordio la parola serendipity ha dunque una connotazione fortemente legata al viaggio. E applicata al viaggio diventa la capacità di assecondare gli imprevisti, un’arte che dovrebbe essere nel DNA di ogni appassionato di mondo. Per chi gli imprevisti non li ama e non li accetta, sarebbe preferibile una vacanza tranquilla e programmata, possibilmente stanziale e in un paese familiare. Forse sarebbe addirittura meglio starsene a casa. In fondo il viaggio è un piacere, non un obbligo. E gli imprevisti sono una sua componente quasi imprescindibile. Diffidate da chi li vuole cancellare, perché sta annacquando e svuotando il vostro viaggio di significato e opportunità. In ogni depliant turistico dovrebbe essere scritto nelle condizioni d’acquisto: “l’imprevisto è parte integrante di questo contratto”. Théophile Gautier nel suo Viaggio in Spagna affermava: “Quale fascino può avere un viaggio dove si è sempre sicuri d’arrivare, di trovare cavalli pronti, un letto morbido, una cena eccellente e tutte le agiatezze di cui si può fruire a casa propria? Uno dei grandi guai della vita moderna è la mancanza d’imprevisti, l’assenza d’avventure”. Avventura, altra parola un po’ magica. Ci riporta a fantasie infantili e richiama terre lontane. Ma è strettamente connessa al termine serendipity se ricondotta al suo significato originale dal latino “ad ventura”, le cose che verranno e che quindi non si conoscono. Spesso sono le strade secondarie e non quella maestra a regalarci le scoperte più entusiasmanti. Assecondare il caso, trovare un senso nelle coincidenze, rallentare, svoltare, divagare, tornare indietro, fermarsi, fare il vuoto. Lasciare insomma spazio alle cose perché accadano. Una logica apparentemente opposta a quella occidentale, fatta di programmazione, organizzazione, steps e obiettivi da raggiungere. In realtà sono occidentali anche tecniche quali il brainstorming, basato sull’improvvisazione. E molte scoperte scientifiche importanti sono state fatte per caso mentre si stava ricercando altro. Per non citare internet, dove si apre una finestra e da lì un’altra e un’altra ancora e si scopre un mondo che forse non cercavamo ma che talvolta ci permette scoperte inattese. Si tratta quindi di non voler piegare la realtà alle nostre esigenze, ma piuttosto di assecondarla. Soprattutto in viaggio, quando finalmente possiamo abbandonarci alle coincidenze, divagare e lasciare che il tempo e gli accadimenti scorrano come in “una bottiglia aperta sott’acqua e riempita del fluire delle cose”. Parole di Goethe in “Viaggio in Italia”.
A.M.
Pubblicato su il reporter in Parole Nomadi
A.M.
Dal commento pubblicato su il reporter
Laura (Raya) il 11.02.2009 alle ore 10:58 am scrive:
giunti in cima alla montagna trovammo una enorme croce di ferro, alla base della quale c’era un bigliettino, sotto un sasso lavato dalla pioggia. Un pensiero dedicato al fratello, morto, con cui questa persona aveva condiviso tante salite. L’ho ricopiato, prima che la natura lo cancellasse, e l’ho accolto come un prezioso regalo nel giorno del mio compleanno. Eccolo: “Cullato da questo vento nomade dedico la mia nostalgia che come una nuvola in pellegrinaggio mi trascina nel ricordo dolce delle nostre ascese verso l’utopia”. Che sia un regalo per chiunque lo legga.