Il Senso del Viaggio

Think positive!

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28/01/2011

“Think positive” dicono gli americani, ma loro l’attitudine all’ottimismo l’hanno sempre avuta.
Un nuovo anno è iniziato e, fra tanta negatività che ci circonda, vorrei in questo incerto 2011, sforzarmi di vedere e di trarre il positivo da ciò che accade e ci accade. Non l’ottimismo ottuso di chi cerca di vedere rosa ad ogni costo, anche in situazioni oggettivamente negative. Semplicemente il tentativo di non attribuire a ciò che di negativo accade caratteri di permanenza e di non ingigantirlo oltremisura.

Molto dipende dal nostro sguardo e dalla nostra attitudine, perché le cose raramente sono bianche o nere, hanno invece tantissime tonalità intermedie e proprio il viaggio insegna che un contrattempo può essere vissuto come un problema ma anche come un’opportunità.
In fondo è il solito esercizio di cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto. Ma è possibile anche cambiare prospettiva e non dare per scontato che il bicchiere pieno sia sinonimo di felicità, sia sempre il termine di raffronto per pesare ciò che ci manca. Un meccanismo naturale nella nostra società dove mode e modelli impongono il superfluo come necessità, mentre altrove spesso basta molto meno per essere felici, anche una palla di stracci o un pasto. E’ un’altra delle “scoperte” che alcuni viaggi possono regalare.
Innegabile che la miseria, quella dove il bicchiere è sempre desolatamente vuoto, non faccia la felicità, ma non altrettanto scontato che il bicchiere pieno sia sempre preferibile a quello mezzo vuoto. O mezzo pieno, che è lo stesso.
L’importante non è solo la quantità di ciò che sta dentro il bicchiere, ma anche semplicemente avere un contenitore da riempire e occasioni per farlo. Noi siamo il contenitore, e il viaggio può essere per noi un’occasione privilegiata per attingere a tante fonti diverse. Allora l’invito è a gustare il mezzo pieno, ad apprezzare il mezzo vuoto e a dare valore al bicchiere stesso che in fondo rappresenta infinite potenzialità.
Come lettura consiglio una breve “fiaba” di José Saramago, “Il racconto dell’isola sconosciuta”. Un’isola che non è riportata in nessuna mappa, ma che esiste, perché è un’isola interiore, un’isola del tesoro che sta a noi scoprire. Come l’Itaca di Kavafis, che è reale, ma che è soprattutto l’occasione capace di regalarci il viaggio, con l’augurio che “la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze”.

Pubblicato su il reporter

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ANNA MASPERO
Como, IT

A come Avventura, B come Bolivia , C come Colombia, M come Mondo… ma anche C come Casa e Cascina Chigollo… Potrebbe essere il titolo del racconto della mia vita di partenze e ritorni. Da mio nonno, soprannominato “Mericàn”, emigrato in Perù e poi ritornato fra le colline della sua Brianza, ho ereditato lo spirito d’avventura e l’amore per la mia terra. Perché di queste due cose sono fatta, un po’ nomade e un po’ stanziale. Andare e ritornare, proprio come le rondini che ancora nidificano sotto i tetti della fattoria del nonno dove vivo…. “Inverno in Egitto, giugno a Parigi. Snobismo delle rondini“, scriveva Paul Morand. Il viaggio è stato per me il primo amore. A quarant’anni ho dato le dimissioni dall’Istituto Sperimentale Linguistico dove insegnavo inglese, preferendo la vita a colori del mondo che è fuori, inseguendo nuove partenze e nuovi ritorni, ma sempre con la passione e la curiosità della prima volta.


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