Turista fai da te… gioie e dolori
In viaggio il confine fra piacere e dispiacere, comfort e disagio, è più che mai incerto. I cataloghi decantano le delizie del viaggio e i libri ne celebrano i valori, le riviste con le loro immagini da sogno esaltano le nostre aspettative, amici e colleghi al ritorno da qualche paese esotico si aggirano con l’espressione rapita di chi è o vorrebbe essere ancora altrove. Nei racconti post-viaggio si sorvolano invece i problemi (o all’opposto li si enfatizza trasformandoli in peripezie straordinarie). Eppure gli inconvenienti accadono, soprattutto se la nostra non è una vacanza “tutto compreso”.
Se noi ci muoviamo dentro bus ad aria condizionata, ci blindiamo in hotel e ristoranti internazionali e privilegiamo monumenti e musei a quel che c’è loro intorno, probabilmente non avremo grandi sorprese e neppure incorreremo in grandi problemi. Nessun “dispiacere” dunque. Se invece ci concediamo alla scoperta, ci abbandoniamo alle suggestioni dei luoghi, siamo aperti a realtà umane diverse da quelle abituali, è più probabile incontrare quello spaesamento che è forse proprio l’inizio del viaggio, quando ci vengono a mancare i punti di riferimento familiari e ci si incomincia a mettere in gioco. Si tratta di una sorta di jet-lag, inteso come difficoltà non ad aggiustare il nostro orologio interno al nuovo fuso orario, ma ad adattarci a ritmi, abitudini, cibi, climi e lingue diversi. Se è ancora possibile tracciare una linea di demarcazione fra viaggiatore e turista, la differenza sta forse proprio nella capacità del primo di adattarsi agli imprevisti e di non misurare il viaggio in base al mero rapporto costo-beneficio. “Il viaggio inizia dove finiscono le nostre certezze”, ha detto un saggio.
Non si tratta di diventare campioni di sopravvivenza, di rischiare inutilmente in zone pericolose o di cercare l’avventura a tutti i costi in luoghi che non hanno più nulla di selvaggio. Si tratta di sapere che in viaggio può accadere di avere fame e sete, di essere esasperati e spossati, di provare nostalgia e tristezza, di scoprire mancanza e bisogno. Come può anche capitare di sorprenderci, di stupirci e di essere felici per “cose da poco”. O meglio per quello che a casa ci sembrerebbe poco o nulla o comunque normale: una doccia funzionante, un gabinetto decente, un riparo dalla pioggia, un buon caffè espresso, una connessione veloce…
Il viaggio restituisce il loro valore alle cose. Si scopre ad esempio che internet non è indispensabile, mentre è più difficile sopravvivere senza servizi igienici e acqua corrente. Si scopre così che è un privilegio non solo il viaggio, ma anche un gabinetto, visto che quattro persone su dieci non hanno neppure un buco riparato per i loro bisogni, vivono circondati dagli escrementi, senza fogne e bevendo acqua contaminata.
Una certa dose di fatica, qualche difficoltà e possibili delusioni sono parte di qualsiasi godimento: può trattarsi di un viaggio come di un amore o della conquista di una vetta. Così problemi e contrattempi, attese e stanchezza, cambi di programma e aspettative disattese, solitudine e noia, piogge e zanzare, vanno tutti messi in preventivo perché sono parte integrante del viaggio e anzi andrebbero aggiunti alle voci incluse nel prezzo. Per un certo verso ne sono la misura, altrimenti il viaggio è un semplice pacchetto preconfezionato. Se non si vuole pagare questa contropartita, meglio restare a casa o scegliere vacanze “blindate”, le sole dove si può sperare che tutto sia perfetto. Sempre senza scordare il vecchio adagio secondo cui “la perfezione non è di questo mondo”. E soprattutto non della sua parte più povera.
Per continuare a leggere: Don George “Dove sono finito? Storie inaspettate da luoghi inaspettati” – EDT.
Pubblicato su il reporter