Una minestra di quinoa. Diario di un viaggio in Bolivia
Mimmo Scipioni “Una minestra di quinoa. Diario di un viaggio in Bolivia” Edizioni Thyrus – €.13,00 -2010
Ho appena terminato “Una minestra di quinoa” di Mimmo Scipioni. Un libro pubblicato da un viaggiatore che non vuole darsi arie. Sono stati i suoi amici a voler dare i suoi appunti del viaggio in Bolivia alle stampe e ora a fare un lavoro di diffusione del volume. Ed è stata una sua gentilissima amica a contattarmi e spedirmi il libro perché io lo potessi leggere, sapendo del mio amore per la Bolivia. Confesso la mia invidia per Mimmo. Deve essere una bella persona per avere amici così.
E anche dal suo libro traspare la semplicità del viaggiatore vero, quello che si muove leggero e cammina da solo, nel senso che viaggia soprattutto a piedi e che affronta il mondo nuovo senza troppe garanzie, in solitaria e armato solo della fiducia in sé e negli altri. Il suo è un libro descrittivo e piano, che racconta delle necessità primarie ed essenziali, che osserva il mondo intorno e si osserva, senza fretta.
Fatti i dovuti complimenti e le giuste lodi, da viaggiatrice che ama la Bolivia e ne conosce le meraviglie, non posso però evitare alcune critiche. Dal racconto emerge l’immagine di un paese non troppo accattivante, avvolto da piogge, nebbie e freddo, con alberghi scomodi e spostamenti pericolosi. L’autore rende avventuroso un viaggio che sarebbe solo fisicamente impegnativo per la sua scelta di percorrerlo soprattutto a piedi. Con pochissimi dollari in più ci si possono permettere (non nei posti più sperduti, certo, ma questo avviene ovunque) alberghi confortevoli e ristorantini piacevoli. Con una migliore scelta del periodo (gennaio-febbraio è la stagione delle piogge, assolutamente non adatta soprattutto a un trekking) si sarebbero corsi meno pericoli,visto che la condizione delle strade diventa critica soprattutto quando piove. E soprattutto si sarebbe goduto di paesaggi incantevoli. Dal racconto emerge un rapporto con la gente piuttosto superficiale, tanto che l’autore dice di cercare spesso nei cimiteri “un’unione con questa terra in una comunione che i vivi non sanno dare”. Comprensibile, visto che le popolazioni andine non hanno fama di essere particolarmente socievoli, ma certo anche la scelta di un trekking da solo nel periodo delle piogge ha il suo peso nella socializzazione. Così le sue serate sono spesso solitarie, in tenda all’umido o in stanze d’alberghi economici a fare asciugare i panni e a cucinarsi una minestra liofilizzata. D’altra parte, come l’autore confessa in prima pagina, il viaggio in Bolivia è stato un “ripiego”: a causa di una partenza mancata per il Perù, ha optato per la Bolivia, semplicemente comprando qualche nuova carta geografica e cambiando il biglietto. Forse una guida l’avrebbe aiutato a orientarsi. Sono assolutamente convinta che le guide possono diventare una gabbia per chi ne diventa prigioniero, ma sono uno stimolo alla scoperta per chi le usa con intelligenza. D’altra parte, visto che ho percorso la Bolivia in lungo e in largo per scrivere la mia guida e per viaggiare lì e altrove ho sempre utilizzato altre guide, non potrei pensarla diversamente. Due modi diversi di viaggiare i nostri, come è giusto che sia. Comunque ancora sinceri complimenti a Mimmo, io credo che in diverse situazioni avrei rinunciato alla meta!
A.M.
Nicola Fratini
Ho trovato il libro molto interessante e credo che, se pur incosciamente, sia stata quasi una scelta di Mimmo quella di voler affrontare un viaggio nelle condizioni più critiche, le uniche probabilmente capaci di risvegliarci alla vita e a noi stessi. N.F.