Viaggi e altri viaggi
Lo scrittore Antonio Tabucchi si è spento oggi 25 marzo nell’amata Lisbona. “Il viaggio trova senso solo in se stesso, nell’essere viaggio… è come la nostra esistenza il cui senso principale è l’essere vissuta”, scriveva in “Viaggi e altri Viaggi” pubblicato nel 2010. E lui certo aveva vissuto, aveva letto e scritto e viaggiato e amato. Per ricordarlo ripubblico la recensione a questo suo libro con l’invito a leggerlo o a rileggerlo.
Antonio Tabucchi “Viaggi e altri viaggi”, Feltrinelli 2010 – Ean 9788807018220
C’è chi scrive per viaggiare e chi viaggia per scrivere. Non è questo il caso di Antonio Tabucchi. I viaggi raccolti nel suo ultimo libro sono tessere di quel puzzle che è il suo mondo e il suo cammino esistenziale, ma nessuno è stato fatto, come invece avviene per tanti altri scrittori di mestiere, con l’intenzione di trasformarlo poi in letteratura di viaggio. Tabucchi semplicemente viaggia per viaggiare. E scrive per scrivere. E vive per vivere. Perché “Il viaggio trova senso solo in se stesso, nell’essere viaggio… è come la nostra esistenza il cui senso principale è l’essere vissuta”, scrive nell’intensa nota introduttiva.
Il libro racconta di luoghi cui Tabucchi sente di appartenere, come la sua Toscana e l’amato Portogallo e di altri come Parigi che, ancora ragazzo, gli hanno dischiuso le porte del mondo. Racconta di altrove vicini e lontani, l’Europa e New York, Buenos Aires e Kyoto e poi l’Egitto, l’India, l’Estremo Oriente, l’Australia e il Messico… “Viaggi ed altri viaggi” è un invito a partire, ma non facendo leva sulla curiosità del lettore per improbabili ed esotici altrove, bensì scoprendo il diverso nel familiare. Racconta di città e paesi, geografie dell’anima che ci guidano dentro il senso del viaggio. Il suo sguardo si nutre di sensibilità e di letture, di ricordi e di incontri, di luoghi e di persone. Tappa dopo tappa ci insegna a osservare, a vedere, a trovare. Tabucchi ha viaggiato molto, e questo, lo ammette, è “un grande privilegio, perché posare i piedi sul medesimo suolo per tutta la vita può provocare un pericoloso equivoco, farci credere che quella terra ci appartenga”. Tanti luoghi visitati, rivisitati e vissuti gli hanno fatto capire che la terra, come tutto nella vita, ci è data solo in prestito e a tempo determinato. Ma i suoi viaggi gli hanno fatto anche scoprire “insieme alla bellezza, la diversità del mondo … Non è vero che il mondo è piccolo. Non è neppure vero che è un villaggio globale, come pretendono i mass media. Il mondo è grande e diverso. Per questo è bello: perché è grande e diverso, ed è impossibile conoscerlo tutto”. All’autore non basta il luogo dove è nato o dove è vissuto. Gli è necessario il mondo per andare alla scoperta di sé attraverso l’altro. Che è poi il senso più profondo del viaggiare.
Anna
Pubblicato su il reporter