Viaggiare in rete
“Strabilianti viaggiatori! Diteci, che avete visto?” scriveva Baudelaire. Erano i tempi in cui si aspettava il ritorno del viaggiatore per scoprire mondi meravigliosi e sconosciuti.
Oggi che l’intero globo terrestre è accessibile grazie a trasporti rapidi e a strumenti di comunicazione rivoluzionari, i concetti di stare e andare, qui e altrove, reale e virtuale, sono diventati molto più vaghi.
Un cambiamento operato soprattutto grazie ai nuovi media, dalla nascita di internet (era solo il 1991!) allo sviluppo di sofisticati dispositivi portatili, tutti mezzi più flessibili e pervasivi rispetto alla stampa e alla televisione stessa, che per decenni hanno detenuto il monopolio dell’informazione e della comunicazione a distanza. La diffusione del web 2.0, una sorta di evoluzione più dinamica di internet, e di nuove piattaforme digitali, ha aperto la strada all’interazione di tutti i diversi media fra loro e direttamente con gli utenti. E’ quello che con un brutto neologismo viene definito “crossmedialità, cioè la convergenza digitale di contenuti fruibili a richiesta in diversi formati e su diversi apparecchi. Così è stata superata anche l’accusa di superficialità e inattendibilità rivolta a internet , visto che permette l’accesso a banche dati di giornali e di organizzazioni ufficiali. Ancora attuale, nonostante il grande aiuto offerto dai velocissimi motori di ricerca, è invece il problema dell’inflazione di contenuti e la difficoltà di selezionare le notizie nell’oceano del web.
Quella di internet è stata una trasformazione epocale – anche se rimane nel mondo il grande divario digitale fra chi ha accesso a internet e chi no – paragonabile solo all’invenzione della stampa nel 1448. Allora Gutenberg rese possibile la diffusione su larga scala della parola scritta “democratizzando” la cultura, ora si sta arrivando alla diffusione di contenuti generati dal basso, in gergo “user generated content” e “peer to peer production”, dove l’utente si trasforma da spettatore acritico, come spesso accade per i programmi televisivi, e da semplice consumatore passivo a parte attiva di media sempre più partecipati. Non c’è più una sola fonte di verità anonima e lontana, ma tanti diversi sguardi sul mondo, sguardi di persone come noi, con cui è possibile dialogare con un semplice click.
Questo cambiamento ha un forte impatto sul viaggio nelle sue diverse fasi, dalla pianificazione, all’organizzazione, alla gestione, alla comunicazione. Figure professionali come giornalisti, inviati speciali e fotografi devono necessariamente reinventarsi rispetto ai loro ruoli tradizionali e anche i tour operator devono confrontarsi con un mercato dove il vecchio modello basato sull’intermediazione delle agenzie e lo strumento delle brochure patinate si dimostra ormai superato.
Ed è cambiato anche il nostro modo di viaggiare. Meglio prenderne atto, accettare i cambiamenti e sfruttare i non pochi vantaggi delle nuove tecnologie piuttosto che ostinarsi a cercare negl’interstizi del viaggio spazi ancora “unplugged”, come seguitano a fare alcuni inguaribili romantici.
Certo si può rinunciare a internet, continuare a scrivere lettere a penna, cercare disperatamente cartoline ormai d’annata e cassette postali sempre più rare, non usare il cellulare o insistere a considerarlo un semplice telefono, partire “all’avventura” con un bagaglio di informazioni minimo sulla propria destinazione e una volta arrivati a destinazione tagliare le comunicazioni con la madrepatria. La sensazione però non sarebbe dissimile da quella di chi arriva a piedi in cima a una montagna dove hanno costruito la stazione terminale di una funivia.
Forse la strada migliore è un uso intelligente e creativo delle nuove tecnologie, senza mitizzarle, né abusarne, né demonizzarle. Con un po’ di dimestichezza con i nuovi media, possiamo disporre di strumenti che ci permettono di costruirci un viaggio su misura, e questo vale soprattutto per i viaggiatori più indipendenti. Possiamo esplorare virtualmente il percorso in 3D, contattare direttamente gli operatori locali, essere aggiornati in tempo reale su problemi sanitari e zone a rischio, attingere a quella memoria sempre più collettiva che sono i contenuti “open source” in continua evoluzione, incrociare informazioni in quel passaparola online, in gergo “buzz”, che ci aiuta a scegliere la soluzione migliore. E poi al ritorno condividere testi, opinioni, emozioni, foto e video con il resto della comunità virtuale, viaggiante o stanziale. Le e-community sono fatte da persone che non necessariamente si frequentano nella vita reale, ma che dialogano tramite mail, chat, forum e blog, interagiscono tramite social network (MySpace, Facebook, Twitter…), si scambiano milioni di commenti su Tripadvisor, video e immagini tramite Youtube o Flickr.
E’ oggi possibile ricomporre passato e futuro e combinare vecchie tecniche e nuove tecnologie. Allora mettiamo in valigia carta, penna e magari anche gli acquerelli, senza però dimenticarci la macchina digitale o la videocamera. Sì alla moleskine, ma senza rinunciare alla chiavetta USB e al PC, sì alla guida cartacea, ma anche ai file scaricati da siti internet sul proprio netbook o sullo smartphone, sì alle vecchie care mappe, ma anche al GPS e al geotagging.
Mescoliamo pure reale e virtuale, consapevoli però della differenza fra semplice informazione e vera conoscenza. Possiamo forse affermare di conoscere un paese senza esserci mai stati? Solo l’esperienza, cioè l’interazione non solo mentale ma fisica attraverso i cinque sensi, permette alle informazioni di trasformarsi in conoscenza individuale del mondo. Nessuna sofisticata tecnologia virtuale può, e io spero potrà mai, sostituire l’esperienza del reale, perché, come diceva la grande viaggiatrice Ella Maillart, “bisogna andare a vedere”.
Per approfondire questa volta consiglio di abbandonarsi non alle pagine di un libro, ma al click di un mouse, magari proprio cercando il significato dei i tutti quei termini in inglese (troppi ma difficile farne a meno) che abbondano in questo “post”…
A.M.
Pubblicato su il reporter
Massimo
Da il reporter / massimo il 15.05.2010 alle ore 9:31 pm scrive
quanta ingenuità in questo mito di internet! Non è libero, ci sono tante stupidaggini, e non è mai da pari a pari. Torniamo alla vita che è meglio
A.M.
Il commento di Massimo (una critica frequente a internet) mi dà lo spunto per una riflessione che in parte va oltre a quanto da lui scritto. La storia si ripete. Nel 1472 il sospetto con cui si guardava ai caratteri di stampa che sostituivano i codici miniati è lo stesso con cui ora molti continuano a guardare alle innovazioni tecnologiche e all’editoria multimediale. Non mi riesce proprio di capire perché internet e “la vita”, i “veri valori”, debbano essere realtà nemiche o comunque alternative. Pensavo alla mia giornata di ieri: dopo una mattina di lavoro al PC, ho seminato il prato del giardino. In entrambi i casi è vita. E così mail, telefono o una cena con amici. Perché “o-o”, e non “e-e”? Una critica simile avviene con i libri: personalmente li adoro, anzi per me sono fin troppo un feticcio più che uno strumento, ma non per questo devo prendere a martellate il PC. Ci sono stupidaggini in internet? Basta un click. Basta cercare e si trova materiale di grande interesse. Peggio è quando compero un libro, magari ottimamente recensito su giornali attendibili, e poi è una “sola”. Libertà, condizionamenti? Condizionati lo siamo tutti, inevitabilmente, ma più si permette alle informazioni di girare, e girare LIBERAMENTE come avviene in internet, più diventiamo soggetti capaci di un confronto e un pensiero che è nostro, o che facciamo nostro con un poco di consapevolezza in più.
Anna
Massimo
Da il reporter / Massimo domenica 16 maggio 2010 ore 15.31
Gentilissima Anna, La prego di credere che non ho mai pensato di farle una critica, tantomeno una critica di ingenuità. La seguo sempre con molta attenzione e interesse. Sono in pieno accordo con lei che “e-e” è meglio di “o-o”. La mia era solo una riflessione, mi rendo conto troppo sintetica, sull’eccesso di internet, sul mito assoluto di internet come “luogo” quasi mistico di libertà e incontro. Quello che è succede in Cina o in Iran tutti i giorni ci testimonia che internet non è il luogo della libertà, ma spesso è il massimo luogo del “controllo sociale.” Anche quello che si legge proprio oggi sui giornali a proposito di Google street view (che ha di fatto registrato le comunicazioni private e personali wi-fi non criptate),non è proprio il massimo della democrazia, almeno per come la conosciamo finora. Comunque anch’io uso internet tutti i giorni, sia per il mio lavoro (faccio il fotoreporter),sia nel mio tempo libero.In altre parole per me internet è solo un altro mezzo, uno dei tanti, che amo usare.La ringrazio di nuovo per la sua attenzione,cordiali saluti
Massimo
A.M.
Gentile Massimo,
Il suo commento è stato uno spunto utile a un’ulteriore riflessione. Io fatico con le nuove tecnologie perché sono cresciuta con i libri, ma credo abbiano potenzialità enormi e non solo per noi, che comunque di possibilità di comunicare ne abbiamo ampia scelta, ma anche per il “resto” del mondo. In Cina o in Iran succede quel che succede in tutti i regimi, non dipende da internet. E per quel che riguarda le ultime su Google, c’è sempre la possibilità di usare in modo sbagliato qualsiasi strumento, anche una macchina fotografica, ma è il suo uso e non lo strumento che dobbiamo perseguire. Internet è un mezzo, che però ha il pregio di essere al servizio di molti altri mezzi…
Anna
laura (Raya)
vorrei segnalare il blog di Fiamma Satta, firma di Vanity Fair e della Gazzetta del martedì: diversamenteaff-abile.gazzetta.it combatte la sclerosi multipla (Sua Molestia) insieme ad altri 60mila guerrieri anche tramite il suo diario di ‘un’invalida leggermente arrabbiata’. MERITA!