#Viajosola
Dovevamo ancora andare lontano. Ma che importava, la strada è la vita.
Jack Kerouac.
Josè Marìa Coni e Marina Menegazzo erano due ragazze argentine che viaggiavano da sole in Ecuador. Sono state assassinate, i corpi chiusi in sacchi neri e gettati su una spiaggia. Maria e Marina volevano ancora andare lontano. Volevano tornare, ma per loro la strada è stata morte. Una studentessa paraguaiana, Guadalupe Acosta, ha raccontato in prima persona su Facebook il loro omicidio: “Per un uomo avrebbero avuto parole di cordoglio, io sono stata condannata perché non sono rimasta a casa“. E’ nata una campagna virale con l’hashtag #Viajosola.
Guardo una mia vecchia foto, avevo credo 18 anni, sono vestita di arancio e con lo zaino in spalla stavo partendo per la Grecia. L’altra l’ho scattata l’estate scorsa in Ladakh, indosso una maglietta con scritto “Say Yes To New Adventures”… immagino che leggendo la scritta qualcuno potrebbe dire che sono io a provocare e che, se mi dovessero ammazzare, me la sono cercata. Come Maria e Marina e alla loro età ho viaggiato in solitaria o in compagnia della mia amica Stefania, su e giù per treni e bus, anche in autostop, allora si usava. Il viaggio mi ha dato forza, coraggio, momenti intensi e bellissimi ricordi. Per combattere la paura, per difendere il diritto di ogni ragazza, di ogni donna a partire da sola e a tornare, per ricordare Maria e Marina, per dare un senso alla loro morte, condividiamo questo hashtag #Viajosola. E non smettiamo di viaggiare, anche sole, perché ogni tanto la solitudine è indispensabile al viaggio.
Anna
Estratto da Il Mondo nelle Mani di Anna Maspero, Polaris Editore, 2014
[…] Il viaggio in solitaria assomiglia alla libertà che regala la prima bicicletta. Ricordo quando da piccola ho iniziato a pedalare da sola sulla mia biciclettina rossa, scoprendo con stupore che il movimento permette
va alle due ruote di trovare un loro improbabile e sicuro equilibrio. È stata la prima sensazione di autonomia e di libertà di cui ho precisa memoria. Una sorta di primo rito di passaggio per diventare grande. Poi, crescendo, sono stati i viaggi a scandire un percorso di maturazione verso l’età adulta. E i momenti fondamentali sono sempre stati segnati da un viaggio in solitaria: gli anni di Londra cosmopolita o gli orizzonti immensi degli States, la magia del Messico e le seduzioni dell’India, la bellezza di Bali e la difficile realtà della Bolivia…
Soltanto chi ha trovato il coraggio di pedalare libero, chi ha provato la paura e il piacere, lo scoraggiamento e l’esaltazione dell’essere solo e lontano da casa, può raccontare quel senso di libertà assoluta possibile nella solitudine e amplificato dall’essere altrove. Inevitabili anche timori, momenti di malinconia e di sconforto, anche di paura. Ma l’essenziale è fare il primo passo, come ha raccontato Robyn Davidson dopo aver attraversato da sola il deserto australiano per millesettecento miglia: “Le due cose importanti che ho imparato sono che ognuno ha la forza che ammette a se stesso di avere e che la parte più difficile è fare il primo passo, prendere la prima decisione… Avevo scoperto in me una capacità e una forza che non avevo immaginato possibili in quei lontani giorni prima dell’inizio del viaggio. Avevo capito la libertà e la sicurezza. Essere liberi significa imparare, mettersi continuamente alla prova, scommettere. E non è affatto un gioco sicuro. Avevo imparato a usare le mie paure come scalini per procedere in avanti, e non come ostacoli”.
Nel viaggio in solitaria si sondano le proprie potenzialità, la resistenza in situazioni di emergenza, ci si mette in gioco e ci si mette alla prova, assumendosi la responsabilità dell’intero pacchetto senza poter condividere il peso delle scelte. In cambio si vivono momenti di gioia intensa: il piacere di vagabondare senza un programma preciso, di accelerare o di rallentare, di stare o di andare, di rimanere per conto proprio o di condividere un tratto di strada con compagni occasionali. Non bisogna mediare, tollerare o accondiscendere, si è padroni del proprio tempo e dei propri spazi a differenza di quel che succede nella quotidianità, dove si è inevitabilmente legati da obblighi e da vincoli sociali. Il viaggiatore solitario è libero perché non appartiene più al mondo da dove proviene, ma neppure a quello in cui si trova, perché è un outsider anche se a tempo determinato, uno straniero per scelta, anonimo, sconosciuto e privo di legami. Forse inevitabilmente egoista e attento alle proprie necessità, ma anche bisognoso di relazionarsi all’esterno. Ritrovarsi fuori dai rapporti e dai ruoli abituali permette di esprimere un io diverso e di liberare potenzialità inespresse. Se si viaggia soli si è molto più aperti e disponibili all’incontro, anche se non è però così scontato che “succedano cose”. […]
[easy-image-collage id=11029]