Yes, we can
Barack Obama Nobel per la Pace 2009
La sua risposta: “Non sono sicuro di meritare il premio Nobel per la pace che ho appena ricevuto, sono sorpreso da questo conferimento e lo accetto con profonda umiltà… Accetto questo premio soprattutto come invito ad agire”. La nostra risposta è “HOPE”. Buon lavoro Presidente.
Articolo pubblicato Martedì 4 novembre 2008
«In quanto figlio di un nero e di una bianca, nato nel crogiuolo razziale delle Hawaii, con una sorella per metà indonesiana ma in genere scambiata per messicana o portoricana, e un cognato e una nipote di origini cinesi, con alcuni consanguinei che assomigliano a Margaret Thatcher e altri così neri da poter passare per Eddie Murphy, tanto che i raduni familiari assumono l’aspetto di una riunione dell’ Assemblea generale delle Nazioni Unite, non mi è mai stato possibile limitare la mia lealtà su base razziale o misurare il mio valore su base tribale». Così si è presentato Barack Hussein Obama Jr. (da Repubblica 30-10-08).
In realtà Obama non è il primo afroamericano ad avere posizioni di potere negli USA. Prima di lui ci sono stati due Segretari di Stato, Powell e Rice, di cui uno anche donna. E’ vero anche che il suo essere meticcio è legato soprattutto alle sue origini miste e non alla sua cultura, profondamente americana. Eppure, in un momento di recrudescenza dei conflitti razziali e affermazioni di dubbie identità su base etnica, la sua elezione non può non regalare a milioni di persone la speranza che con lui l’America torni a sognare un mondo dove ci sia rispetto, accoglienza, solidarietà, giustizia e libertà. Perché siamo tutti meticci.
A.M.
Ed ecco la lista di 10 promesse fatte in campagna elettorale da Obama che riguardano il mondo intero. Speriamo che davvero oggi si possa girare pagina e mettersi alle spalle l’era Bush.
- Ridurre le emissioni di anidride carbonica degli Usa dell’80% entro il 2050 e svolgere un ruolo forte e positivo nel negoziare un trattato vincolante per rimpiazzare il Protocollo di Kyoto in scadenza
- Ritirare le truppe dall’Iraq entro 16 mesi, senza mantenere basi permanenti nel paese
- Stabilire l’obiettivo chiaro di eliminare le armi nucleari dal pianeta
- Chiudere il centro detentivo di Guantanamo Bay
- Raddoppiare gli aiuti Usa per dimezzare la povertà estrema entro il 2015 ed accelerare la lotta a Aids/Hiv, tubercolosi e malaria
- Aprire relazioni diplomatiche con paesi come Iran e Siria, per perseguire la pacifica risoluzione delle tensioni
- De-politicizzare i servizi segreti in modo che non si ripetano mai più manipolazioni come quelle che hanno spinto gli Usa in Iraq
- Lanciare uno sforzo diplomatico all’altezza di fermare le stragi in Darfur
- Accettare di negoziare solo nuovi accordi commerciali che contengano protezioni ambientali e del lavoro
- Investire 150 miliardi di dollari in 10 anni per supportare le energie rinnovabili e raggiungere un milione di auto elettriche in strada entro il 2015
(Fonte: avaaz.org)
Antonio
w obama
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il morale è alto, pensando globale
il mondo può cambiare, sì ci crediamo
Daniele Bosi
Certamente neri furono i primi uomini su questa terra, milioni di anni fa. Speriamo che una minima traccia della antica purezza iniziale sia rimasta nel DNA di Obama e che nei prossimi quattro (auguriamoci otto) anni di presidenza possa rimediare ai guasti, terribili, causati dal suo predecessore.
Daniela
Ciao a tutte/i, qui sotto un pezzo di Gramellini (La Stampa), che mi sembra interessante condividere…
Un caro saluto,
Daniela
Il Presidente degli Stati Uniti ha autorizzato la Cia a uccidere un cittadino americano di religione islamica che fa parte della «cupola» di Al Qaeda ed è nascosto presumibilmente sulle montagne dello Yemen. Una decisione di impeccabile realismo politico: presa da un Bush o anche da un Clinton non avrebbe suscitato stupore. Ma a mettere la firma presidenziale sotto una condanna a morte in contumacia è stato il cavaliere dell’ideale, il comandante delle forze del bene, il premio Nobel per la pace. Barack Obama, insomma, quello che nei comizi invoca il disarmo atomico e negli ordini alle truppe intensifica il bombardamento dei droni che falcidiano le popolazioni afghana e pakistana.
Non è l’inizio di una delusione, ma la fine di un’illusione. Obama non può essere Gandhi. E’ un uomo politico che fa gli interessi del suo Paese. Si batte per degli ideali, e questo lo distingue dai politicanti attratti esclusivamente dal potere. Ma del potere conosce bene le regole, compresa la mancanza di scrupoli con cui chi lo detiene è costretto a esercitarlo, se non vuol esserne travolto. Con buona pace delle generazioni che l’hanno sopravvalutata, la politica rimane una cosa sporca, anche quando è fatta a fin di bene. E Obama è un politico. Non un profeta. Il tentativo di trasformarlo in un capo spirituale rivela il nostro bisogno disperato di credere in qualcosa di puro e di grande che la politica non ci potrà mai dare. Essa è l’arte del governo degli uomini. Non del loro miglioramento. Per quello bisogna rivolgersi altrove. In fondo a se stessi, per esempio.